Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 14 aprile 2014

I cartelli, apposti da una amministrazione comunale, che recano la
scritta ‘‘NO AL VOLTO COPERTO, (salvo giustificati motivi)
’’ non appaiono discriminatori, secondo il giudice adito,
né con riferimento all’origine etnica né per
quanto riguarda la fede religiosa dei destinatari. Secondo la Corte
tale divieto appare infatti un’espressione generale e rivolta
indifferenziatamente alla totalità dei cittadini che leggono il
suddetto cartello. Ne consegue che né la dimensione ridotta
dell’espressione ‘‘(salvo giustificati motivi)
’’ né la mancanza, di seguito ad essa, della frase
‘‘ivi compresi i motivi di carattere
religioso’’ assumono a propria volta un significato
discriminatorio.

Sentenza 13 marzo 2014, n.641

E' indubbio che la Costituzione italiana, tutelando la
libertà religiosa e i diritti della personalità, tuteli
anche il sentimento religioso. Va tuttavia rilevato che la
laicità dello Stato, che caratterizza l'ordinamento
italiano, esclude il diritto di un singolo cittadino di pretendere che
lo Stato impedisca manifestazioni di pensiero contrarie ai principi
della religione cristiana, sempre che non si pongano problemi di
ordine pubblico o fatti di rilevanza penale.  (Nel caso di
specie, la Corte ha pertanto respinto l'appello, concordando con
il giudizio di primo grado nel quale si poneva in rilievo tra
l'altro il fatto che la mancata partecipazione dell'appellante
allo spettacolo, ritenuto dal medesimo lesivo del propria
sensibilità religiosa, lungi dall'essere irrilevante,
rendeva comunque impossibile accertare e quantificare un eventuale
danno risarcibile).

Sentenza 21 febbraio 2013, n.2012-297 QPC

COMMUNIQUÉ DE PRESS [www. www.conseil-constitutionnel.fr]:
Le Conseil constitutionnel a été saisi le 19 décembre 2012 par le
Conseil d’État dans les conditions prévues à l’article 61-1 de
la Constitution, d’une question prioritaire de constitutionnalité
posée par l’association pour la promotion et l’expansion de la
laïcité. Cette question était relative à la conformité aux droits
et libertés que la Constitution garantit de l’article VII des
articles organiques des cultes protestants de la loi du 18 germinal an
X relative à l’organisation des culte. Aux termes des dispositions
contestées, il est pourvu, dans les départements du Bas-Rhin, du
Haut-Rhin et de la Moselle, au traitement des pasteurs des églises
consistoriales. Ces dispositions ont été maintenues en vigueur par
la loi du 1er juin 1924 puis par l’ordonnance du 15 septembre 1944.
La loi du 9 décembre 1905 concernant la séparation des églises et
de l’État n’a pas été rendue applicable dans ces trois
départements.Les requérants soutenaient que les dispositions
contestées méconnaissaient le principe constitutionnel de laïcité.
Le Conseil constitutionnel a rappelé qu’aux termes des trois
premières phrases du premier alinéa de l’article 1er de la
Constitution : «La France est une République indivisible, laïque,
démocratique et sociale. Elle assure l’égalité devant la loi de
tous les citoyens sans distinction d’origine, de race ou de
religion. Elle respecte toutes les croyances ». Le principe de
laïcité figure au nombre des droits et libertés que la Constitution
garantit. Il en résulte la neutralité de l’État. Il en résulte
également que la République ne reconnaît aucun culte. Le principe
de laïcité impose notamment le respect de toutes les croyances,
l’égalité de tous les citoyens devant la loi sans distinction de
religion et que la République garantisse le libre exercice des
cultes. Il implique que celle-ci ne salarie aucun culte. Toutefois, le
Conseil constitutionnel a relevé qu’il ressort tant des travaux
préparatoires du projet de Constitution du 27 octobre 1946 relatifs
à son article 1er ainsi que de ceux du projet de la Constitution du 4
octobre 1958 qui a repris la même disposition, qu’en proclamant que
la France est une « République Laïque », la Constitution n’a pas
pour autant entendu remettre en cause les dispositions législatives
ou règlementaires particulières applicables dans plusieurs parties
du territoire de la République lors de l’entrée en vigueur de la
Constitution et relatives à l’organisation de certains cultes et,
notamment, à la rémunération de ministres du culte. Le Conseil
constitutionnel en a déduit que le grief tiré de ce que l’article
VII des articles organiques des cultes protestants de la loi du 18
germinal an X relative à l’organisation des cultes serait contraire
au principe de laïcité doit être écarté. Il a jugé les
dispositions contestées conformes à la Constitution. (La Redazione
di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento Daniele
Ferrari, Università degli Studi di Genova).

Sentenza 01 marzo 2000, n.4273

Corte di Cassazione. Sezione IV Penale. Sentenza 1 marzo 2000, n. 4273: "Laicità dello Stato e simboli religiosi".   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE IV PENALE   Composta dagli Ill.mi Sigg.:      Dott. BATTISTI Mariano   – Presidente 1. Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere 2. Dott. COLAIANNI Nicola    – Consigliere 3. Dott. BIANCHI   Luisa     – […]

Sentenza 18 maggio 2004, n.4637

T.A.R.  Roma  Lazio  sez. III. Sentenza 18 maggio 2004, n. 4637: "UAAR e accesso al portale www.religionecattolica.rai.it: inammissibilità del ricorso per difetto di interesse". Il Tribunale Amministrativo Regionale del LAZIO, Sez. III^-ter composto da                                                          dr. Francesco Corsaro Presidente                                      dr. Umberto Realfonzo Consigliere-rel.                               dr.ssa Stefania Santoleri Consigliere                                ha pronunciato la seguente                                                                           SENTENZA                                sul ricorso […]

Sentenza 14 marzo 2011, n.5924

La laicità dello Stato rappresenta un interesse diffuso e come tale
adespota, perchè facente capo alla popolazione nel suo
complesso. Proprio per la suddetta natura degli interessi diffusi, la
tutela degli stessi è affidata agli enti esponenziali della
collettività nel suo complesso, salvo che la tutela non sia anche
rimessa ad associazioni o enti collettivi in specifiche ipotesi
previste dalla legge (L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 9, L. 8 luglio
1986, n. 349, art. 18). Tuttavia la condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (Cass. S.U. n. 2207/1978; Cass. S.U. n. 1463/1979) ha
ritenuto configurabili accanto agli interessi cosiddetti diffusi, da
parte di collettività unitariamente considerate, anche la titolarità
di interessi individuali, da parte dei singoli coinvolti dal
procedimento stesso. In questi casi il titolare di ogni singolo
diritto soggettivo inviolabile leso ha azione per la sua tutela. Da
ciò consegue che, mentre la lesione di un proprio diritto soggettivo
inviolabile può essere fatta valere nell’ambito del rapporto di
impiego anche in via di autotutela, allorchè tale lesione del diritto
soggettivo è esclusa, non può invece essere fatta valere, come causa
giustificante, la lesione di un interesse diffuso.
Nel caso di specie, dunque, poichè la Sezione disciplinare ha
affermato la responsabilità del ricorrente solo in relazione ai
disservizi verificatisi per il rifiuto di tenere udienze in stanze o
aule prive del crocifisso, e quindi in situazioni che – secondo
l’accertamento fattuale della Sezione – non potevano comportare la
lesione del suo diritto di libertà religiosa, di coscienza o di
opinione, non può intentare causa giustificante di tale rifiuto la
pretesa tutela della laicità dello Stato o dei diritti di libertà
religiosa degli altri soggetti che si trovavano nelle altre aule di
giustizia della Nazione, in cui il crocefisso era esposto.
Infine, appare infondata anche la censura secondo cui il rifiuto del
ricorrente di tenere udienza poteva ritenersi giustificato dalla
mancata autorizzazione ad esporre nelle aule giudiziarie la menorah,
simbolo della religione ebraica. Per poter accogliere tale pretesa è
infatti necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo
stato non sussiste. E’ vero infatti che sul piano teorico il principio
di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso
l’alto (laicità per addizione) che consenta ad ogni soggetto di
vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria
religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso
(laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, presuppone
che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la
praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della
libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con
l’analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte
dell’ateo o del non credente, nonchè il bilanciamento tra garanzia
del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità
religiose tra loro incompatibili.

Sentenza 15 novembre 2010, n.33433

Non è condivisibile l’interpretazione secondo cui la presenza del
docente di religione nello scrutinio finale, in quanto incidente sul
credito scolastico, sia idonea a determinare una situazione di
discriminazione nei riguardi degli studenti che decidono di non
avvalersi di detto insegnamento, e in particolare di quelli che
decidono di non partecipare ad attività alternative e di assentarsi
dalla scuola. Invero, atteso che, in forza dell’accordo con la Santa
Sede, la Repubblica italiana si è obbligata ad assicurare
l’insegnamento di religione cattolica, e che, in omaggio al
principio di laicità dello Stato, detto insegnamento è facoltativo,
con la conseguenza che “solo l’esercizio del diritto di
avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo” (Corte
cost., sent. n. 203 del 12 aprile 1989
[https://www.olir.it/documenti/?documento=370]), non è irragionevole
che il titolare di quell’insegnamento, divenuto obbligatorio in
seguito ad un’opzione liberamente espressa, partecipi alla
valutazione sull’adempimento dell’obbligo scolastico. In buona
sostanza, e come condivisibilmente sul punto ritenuto di recente dal
giudice d’appello, “se si parte dal presupposto (non seriamente
dubitabile alla luce…delle sentenze costituzionali [intervenute
sulla materia]) secondo cui l’insegnamento della religione (o di
altro corso alternativo) diviene obbligatorio dopo che è stata
effettuata la scelta, allora non si vede la ragione per la quale la
valutazione dell’interesse e del profitto con il quale l’alunno ha
seguito l’insegnamento della religione non debba essere valutato”
(CdS, VI, 7 maggio 2010, n. 2749
[https://www.olir.it/documenti/?documento=5336]).

Progetto di legge approvato 14 settembre 2010, n.161

Le projet de loi prévoit que nul ne peut, dans l’espace public,
porter une tenue destinée à dissimuler son visage. Il prévoit
ensuite que la méconnaissance de cette interdiction donne lieu à une
amende et ou un stage de citoyenneté. Le projet de loi établit enfin
que le fait, par menace, violence ou contrainte, abus de pouvoir ou
abus d’autorité, d’imposer à une personne, en raison de son sexe, de
dissimuler son visage est puni d’un an d’emprisonnement et de 15 000
€ d’amende [www.senat.fr.]

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Saisine du CONSEIL CONSTITUTIONNEL le 14 septembre 2010 par M. le
Président du Sénat, en application de l’article 61 alinéa 2 de la
Constitution
Saisine du CONSEIL CONSTITUTIONNEL le 14 septembre 2010 par M. le
Président de l’Assemblée Nationale, en application de l’article 61
alinéa 2 de la Constitution
[www.assemblee-nationale.fr
[http://www.assemblee-nationale.fr/13/dossiers/dissimulation_visage_espace_public.asp#ECRCM]]

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Testo del documento in formato pdf
[/areetematiche/documenti/documents/velo_doc5480.pdf]
In OLIR.it: France: le projet de loi interdisant la dissimulation du
visage dans l’espace public adopté le mardi 14 septembre
[https://www.olir.it/news.php?notizia=2728&titolo=France%3A+le+projet+de+loi+interdisant+la+dissimulation+du+visage+dans+l-%2339%3Bespace+public+adopt-ea…](16
settembre 2010)

Sentenza 04 dicembre 2008

L’espulsione da una scuola superiore pubblica di una studentessa
musulmana che durante le lezioni di educazione fisica si era rifiutata
di togliersi il velo non è in contrasto con il diritto di libertà
religiosa. In una società democratica ove coesistono molteplici
comunità religiose, può rivelarsi necessario limitare la libertà di
religione di alcuni gruppi al fine di conciliare gli interessi dei
vari orientamenti religiosi. Nel caso di specie, inoltre, la
restrizione della libertà di religione non era dettata esclusivamente
da motivi di sicurezza e di salute, ma anche dallo scopo di preservare
la neutralità e la laicità dell’ambiente scolastico pubblico. A tal
proposito, la Corte ricorda che in Francia il principio di laicità è
uno dei principi fondamentali e che la Corte deve lasciare un cospicuo
margine d’apprezzamento alle autorità statali in materia di relazioni
tra Stato e confessioni religiose. (cfr. anche CORTE EUROPEA DEI
DIRITTI DELL’UOMO, Sentenza 4 dicembre 2008, Kervanci c. France
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4926]).