Sentenza 17 luglio 2017, n.530
La redazione di OLIR.it ringrazia la Professoressa
Adoración Castro Jover dell'Universidad del País
Vasco per la segnalazione di questo documento, disponibile
all'indirizzo:
Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose
La redazione di OLIR.it ringrazia la Professoressa
Adoración Castro Jover dell'Universidad del País
Vasco per la segnalazione di questo documento, disponibile
all'indirizzo:
“(…) i propositi di partire per combattere
‘gli infedeli’, la vocazione al martirio, l’opera di
indottrinamento possono costituire elementi da cui desumere,
quantomeno in fase cautelare, i gravi indizi di colpevolezza per il
reato di ‘partecipazione’ all’associazione di cui
all’art. 270 bis cod. pen. a condizione che vi siano elementi
concreti che rivelino l’esistenza di un contatto operativo che
consenta di tradurre in pratica i propositi di morte.
È
necessario che la condotta del singolo si innesti nella struttura,
cioè che esista un legame, anche flessibile, ma concreto e
consapevole tra la struttura e il singolo.
(…)
Per
configurare la partecipazione alla associazione internazionale con
finalità di terrorismo, è necessario che questa, anche
indirettamente, sappia di avere a disposizione, di ‘poter
contare, su un determinato soggetto.”
"è pacifico che il D. abbia inneggiato apertamente allo
Stato islamico ed alle sue gesta ed i suoi simboli e, al fine di
valutare il rischio effettivo della consumazione di altri reati
derivanti dall'attività di propaganda, i giudici del
Riesame, nonostante avessero espressamente citato
quell'orientamento giurisprudenziale (Sez 1.12.2015, Halili) che
impone di considerare il comportamento dell'agente per la
condizione personale dell'autore e le circostanze di fatto in cui
si esplica, non hanno tenuto conto dei contatti dagli stessi
evidenziati (…) del D. con altri soggetti già indagati per
terrorismo islamico, affermando contraddittoriamente che lo stesso
fosse estraneo a frequentazioni di gruppi religiosi più
estremisti, o valorizzando la circostanza che fosse estraneo a
frequentazioni religiose.
Inoltre, per escludere la
configurabilità del delitto di cui all'art. 414 c.p.,
l'ordinanza impugnata ha ridimensionato la portata apologetica dei
due video sul rilievo dell'asserita breve durata – ben undici
giorni – della condivisione degli stessi sul profilo facebook del D. o
in relazione alla circostanza che uno dei due sarebbe stato diffuso
con la sola opzione "mi piace", elementi che invece non sono
certo idonei a ridurre la portata offensiva della sua condotta, attesa
la comunque immodificata funzione propalatrice svolta in tale contesto
dal social network facebook."
FONTE DEL
DOCUMENTO: www.penale.it
Non vìola il diritto alla libertà di espressione dei
ricorrenti, esponenti di associazioni musulmane, la condanna per
diffamazione da questi riportata per il fatto di aver leso la
reputazione di un giornalista preposto alla direzione di
un’emittente radiotelevisiva multietnica, rivolgendogli
pubbliche accuse di islamofobia.
(Fonte:
www.federalismi.it)
Si ringrazia il Prof. Manlio Miele (Università degli Studi
di Padova) per la segnalazione del documento
L’intérêt des enfants à une scolarisation
complète, permettant une intégration sociale
réussie selon les mœurs et coutumes locales, prime
sur le souhait des parents de voir leurs filles
exemptées des cours de natation mixtes.
L’enseignement du sport, dont la natation fait partie
intégrante dans l’école des filles des
requérants, revêt une importance singulière pour
le développement et la santé des enfants.
L’intérêt de cet enseignement ne se limite pas pour
les enfants à apprendre à nager et à exercer
une activité physique, mais il réside surtout dans le
fait de pratiquer cette activité en commun avec tous les
autres élèves, en dehors de toute exception tirée
de l’origine des enfants ou des convictions religieuses ou
philosophiques de leurs parents. Par ailleurs, les autorités
ont offert des aménagements significatifs aux
requérants : leurs filles ayant notamment eu la
possibilité de couvrir leurs corps pendant les cours de
natation en revêtant un burkini et de se dévêtir
hors de la présence des garçons. Ces mesures
d’accompagnement étaient à même de
réduire l’impact litigieux de la participation des
enfants aux cours de natation mixtes sur les convictions religieuses
de leurs parents. Par conséquent, la Cour estime que, en
faisant primer l’obligation pour les enfants de
suivre intégralement la scolarité et la
réussite de leur intégration sur
l’intérêt privé des requérants de
voir leurs filles dispensées des cours de natation mixtes
pour des raisons religieuses, les autorités internes
n’ont pas outrepassé la marge d’appréciation
considérable dont elles jouissaient dans
la présente affaire, qui porte sur l’instruction
obligatoire. La Cour juge donc qu’il n’y a pas eu
violation de l’article 9 de la Convention.
[Communiqué de presse – http://hudoc.echr.coe.int/]
Limitazione nell'uso di indumenti che mascherano o celano il volto, 30 settembre 2016. Art. 1. La presente legge disciplina la limitazione di articoli di abbigliamento, che nascondono parzialmente o completamente il volto. Art. 2. (1) Nei luoghi pubblici della Repubblica di Bulgaria non è permesso l'uso di indumenti, che nascondono parzialmente o completamente il volto. […]
Le juge des référés du Conseil
d’État conclut que l’article 4.3 de
l’arrêté contesté a porté une
atteinte grave et manifestement illégale aux libertés
fondamentales que sont la liberté d’aller et venir, la
liberté de conscience et la liberté personnelle. La
situation d’urgence étant par ailleurs
caractérisée, il annule l’ordonnance du juge des
référés du tribunal administratif de Nice et
ordonne la suspension de cet article [
http://www.conseil-etat.fr/Actualites/Communiques]
L’art. 3, comma 3 del D.Lgs. n. 216 del 2003 stabilisce che
“nel rispetto dei principi di proporzionalità e
ragionevolezza e purché la finalità sia legittima,
nell’ambito del rapporto di lavoro o dell’esercizio
dell’attività di impresa, non costituiscono atti di
discriminazione […] quelle differenze di trattamento dovute a
caratteristiche connesse alla religione, […], qualora per la
natura della attività lavorativa o per il contesto in cui essa
viene espletata, si tratti di caratteristiche che costituiscono un
requisito essenziale o determinante ai fini dello svolgimento della
attività medesima”. Nel caso di specie, il giudice di
seconda istanza ha affermato che il “non indossare il
velo” non sia da ritenersi requisito essenziale o determinante
ai fini della selezione per l’attività di hostess,
riformando pertanto la sentenza del Tribunale di primo grado, ed ha
dichiarato il carattere discriminatorio del comportamento posto in
essere dalla società appellata, condannando quest’ultima
al risarcimento del danno non patrimoniale subito
dall’appellante.