Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 gennaio 2016, n.201

Sebbene nei CCNL per il comparto degli enti locali non sia
espressamente previsto il principio della necessaria annualità
dell'incarico di insegnamento della religione cattolica, dal
silenzio delle parti collettive non può desumersi la
possibilità per l'ente locale di assicurare
l'insegnamento religioso nelle scuole dell'infanzia mediante
il ricorso a contratti a termine di durata inferiore all'anno.

Sentenza 12 giugno 2014, n.56030/07

In OLIR.it: Press Release
issued by the Registrar of the Court


Con la presente sentenza, la Grand Chamber della Corte Europea
dei Diritti dell’Uomo, confermando una decisione della III
Sezione, ha ritenuto che la Spagna non abbia violato l’art. 8
CEDU nel negare il rinnovo del contratto annuale di insegnamento della
religione cattolica in una scuola statale, affidato ad un sacerdote
che, perso lo stato clericale e dispensato dal celibato, aveva
contratto matrimonio civile ed avuto cinque figli e che aveva
pubblicamente aderito e sostenuto il Movimento Pro-Celibato
Opcional.

Nel giudizio di bilanciamento tra il rispetto
della vita privata e familiare del ricorrente di cui all’art. 8
CEDU e la tutela della libertà religiosa della Chiesa
cattolica, ex art. 9 CEDU, la Corte ha ritenuto legittima la
limitazione della prima, a favore della seconda, avendo verificato il
ricorrere dei tre presupposti che consentono tale limitazione: la
previsione di legge, la necessità di essa in una società
democratica e la proporzionalità.
In particolare,
con riferimento alla previsione di legge, ha rilevato come la
disciplina dell’insegnamento della religione cattolica sia
regolato dal Concordato ed il mancato rinnovo del contratto di
insegnamento fosse ben prevedibile dal ricorrente quale conseguenza
della sua condotta.
Quanto, invece, alla limitazione della
vita privata e familiare del ricorrente come necessaria in una
società democratica, i Giudici di Strasburgo hanno tra
l’altro affermato che, «per rimanere credibile, una
religione deve essere insegnata da una persona la cui condotta di vita
e le cui dichiarazioni pubbliche non siano apertamente in contrasto
con la religione in questione, specialmente quando si suppone che la
religione regoli la vita privata e le credenze personali dei suoi
seguaci». Hanno, dunque, ritenuto che la protezione da parte
dello Stato dell’autonomia della confessione religiosa importi
anche la tutela di tale dovere di fedeltà.
Per
ciò che concerne, infine, la proporzionalità della
sanzione, la Corte ha preliminarmente rilevato come il ricorrente si
era posto volontariamente in una situazione incompatibile col
magistero della Chiesa, ed ha ritenuto che nel caso di specie non vi
potesse essere una misura meno restrittiva del mancato rinnovo
dell’insegnamento che potesse avere la stessa efficacia nel
preservare la credibilità della Chiesa.

Sentenza 20 giugno 2013, n.146

E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale
dell’art. 53, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo
assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello
Stato), nella parte in cui “esclude il personale della scuola non di
ruolo supplente (sia docente che non docente) dal diritto alla
maturazione degli aumenti economici biennali riconosciuti al personale
non di ruolo a tempo indeterminato”, nonché “nella parte in cui,
con riferimento all’ultimo comma dello stesso articolo, prevede un
diverso trattamento tra docenti di religione e docenti di materie
diverse, anche nel caso in cui entrambi rendano, come supplenti, una
prestazione a tempo determinato”, sollevata in riferimento agli
articoli 3, 36, 11 e 117 della Costituzione. Appare infatti innegabile
che, nonostante la riforma di cui alla legge n. 186 del 2003, lo
status degli insegnanti di religione mantenga alcune sue indubbie
peculiarità, quali la permanente possibilità di risoluzione del
contratto per revoca dell’idoneità da parte dell’ordinario diocesano
(art. 3, comma 9, della legge n. 186 del 2003) e l’assenza di un
sistema paragonabile a quello delle graduatorie permanenti – ora
graduatorie ad esaurimento – previste per altri docenti, le quali
consentono l’ingresso in ruolo in ragione del cinquanta per cento dei
posti disponibili ( art. 399 del decreto legislativo 16 aprile 1994,
n. 297 recante: «Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di
ogni ordine e grado»). Da tanto consegue che la prospettata questione
di legittimità costituzionale è, in parte qua, priva di fondamento
in riferimento all’art. 3 Cost., attesa l’inidoneità della categoria
dei docenti di religione a fungere da idoneo “tertium
comparationis”.