Il ruolo delle Regioni di rappresentanza generale degli interessi
delle rispettive collettività, riconosciuto dalla giurisprudenza
costituzionale e dalla prevalente dottrina, è rilevante ai fini
dell’esistenza, accanto ai contenuti necessari degli statuti
regionali, di altri possibili contenuti, sia che risultino ricognitivi
delle funzioni e dei compiti della Regione, sia che indichino aree di
prioritario intervento politico o legislativo, i quali talora si
esprimono attraverso proclamazioni di finalità da perseguire. A tali
enunciazioni, anche se materialmente inserite in un atto-fonte, non
può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica, collocandosi esse
precipuamente sul piano dei convincimenti espressivi delle diverse
sensibilità politiche presenti nella comunità regionale al momento
dell’approvazione dello statuto. Nella fattispecie in esame, una
enunciazione siffatta si rinviene nell’art. 9, comma 2, ove si
afferma che la Regione “tutela altresì forme di convivenza”; tale
disposizione non comporta alcuna violazione, né alcuna rivendicazione
di competenze costituzionalmente attribuite allo Stato, né fonda
esercizio di poteri regionali. Deve pertanto dichiarasi inammissibile,
per inidoneità lesiva della disposizione impugnata, la censura
avverso la denunciata proposizione della deliberazione statutaria.
Sono invece fondate le censure di illegittimità costituzionale
relative all’ art. 66, commi 1, 2 e 3, considerato che, sebbene le
scelte in tema di incompatibilità fra incarico di componente della
Giunta regionale e di consigliere regionale possono essere originate
da opzioni statutarie in tema di forma di governo della Regione,
tuttavia – come la Corte ha già affermato in relazione ad altra
delibera statutaria regionale nella sentenza n. 2 del 2004 – occorre
rilevare che il riconoscimento, contenuto nell’articolo 123 della
Costituzione del potere statutario in tema di forma di governo
regionale, è accompagnato dalla previsione dell’articolo 122 della
Costituzione, e che quindi la disciplina dei particolari oggetti cui
si riferisce l’articolo 122 sfugge alle determinazioni lasciate
all’autonomia statutaria.