Ai fini dell’applicazione dell’art. 73 della legge 20 maggio 1985, n.
222, relativo al rilascio, da parte dei Comuni, di congrui locali, dei
fabbricati dei Conventi soppressi, da destinare a rettoria della
chiesa annessa, sono riconducibili nella nozione di rettoria in senso
stretto non solo i locali adibiti ad ufficio amministrativo e ad
abitazione del clero o dei religiosi. Infatti, considerato che
l’art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, stabilisce che si
qualificano come attività di religione o di culto quelle dirette
all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del
clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed
all’educazione cristiana, si può affermare che l’esercizio del
culto trova il proprio necessario complemento e naturale prolungamento
nella cura delle anime, intesa come azione pastorale; pertanto, sono
riconducibili nella nozione di rettorie, in senso stretto, non solo i
locali suddetti, ma anche quelli utilizzati per le opere connesse al
culto che nella chiesa si celebra, quali iniziative associative,
pastorali, di animazione spirituale, di catechesi ed apostolato (nel
caso di specie, il consiglio comunale, nell’escludere la
retrocessione di locali da destinarsi ad uso rettoria, annessi a
chiesa ex conventuale, non conduceva alcun accertamento volto a
dimostrare che fosse già stata consegnata “la congrua parte… ad
uso di rettoria”, di cui all’art. 8 della legge 27 maggio 1929, n.
848”, con conseguente illegittimità per carenza di istruttoria e
difetto di motivazione della deliberazione comunale de qua)