Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 21 maggio 2007, n.1395

TAR Puglia. Sede di Bari. Sentenza 21 maggio 2007, n. 1395: “Immobili ex conventuali e concessione d’uso perpetuo”. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – II Sezione composto dai signori: PIETRO MOREA PRESIDENTE DORIS DURANTE COMPONENTE GIUSEPPINA ADAMO COMPONENTE, Rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA all’udienza del 10 maggio 2007 Visto il ricorso 2095/2002 […]

Sentenza 15 dicembre 2005

L’art. 8, della legge n. 848 del 27 maggio 1929 dispone che Comuni e
Province, ai quali siano stati concessi i fabbricati dei conventi
soppressi in virtù dell’art. 20, della legge n. 3036 del 7 luglio
1866, ne rilascino gratuitamente “una congrua parte”, se non sia stata
già riservata all’atto della cessione o rilasciata posteriormente,
da destinarsi a rettoria della chiesa annessa, quando quest’ultima sia
stata conservata al pubblico culto. Al riguardo sono riconducibili
nelle nozione di rettorie non solo i locali adibiti ad ufficio
amministrativo o ad abitazione del clero e dei religiosi, ma anche
quelli utilizzati per le opere connesse al culto che nella chiesa si
celebra. Tale destinazione a rettoria dev’essere accertata in concreto
attraverso un’adeguata istruttoria, tenendo conto delle effettive
esigenze manifestate dalla Parrocchia interessata in relazione anche
all’entità quantitativa e qualitiva dei fabbricati, facenti parte
del convento soppresso, a suo tempo ceduti al Comune.

Sentenza 18 ottobre 2002

Sono riconducibili alla nozione di rettorie, in senso stretto, non
solo i locali adibiti ad ufficio amministrativo o ad abitazione dei
ministri di culto, ma anche quelli utilizzati per le opere connesse al
culto che nella chiesa si celebra. Al riguardo, non sussiste un
diritto soggettivo della Parrocchia ad ottenere la retrocessione
dell’immobile ex conventuale, considerato la previsione legislativa
della cessione o ripartizione di una congrua parte del fabbricato –
contenuta nelle disposizioni concordatarie – implica una valutazione,
da parte dell’Amministrazione, improntata a discrezionalità, di
fronte alla quale non possono che esistere posizioni di interesse
legittimo. Il provvedimento da assumere deve, dunque, essere
adeguatamente istruito e motivato, secondo i canoni d’imparzialità
e ragionevolezza, avuto riguardo alla situazione di fatto accertata ed
alle esigenze manifestate dal soggetto considerato dalla legge come
portatore della pretesa tutelata.

Sentenza 12 luglio 2004, n.5059

Ai fini dell’applicazione dell’art. 73 della legge 20 maggio 1985, n.
222, relativo al rilascio, da parte dei Comuni, di congrui locali, dei
fabbricati dei Conventi soppressi, da destinare a rettoria della
chiesa annessa, sono riconducibili nella nozione di rettoria in senso
stretto non solo i locali adibiti ad ufficio amministrativo e ad
abitazione del clero o dei religiosi. Infatti, considerato che
l’art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, stabilisce che si
qualificano come attività di religione o di culto quelle dirette
all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla formazione del
clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi ed
all’educazione cristiana, si può affermare che l’esercizio del
culto trova il proprio necessario complemento e naturale prolungamento
nella cura delle anime, intesa come azione pastorale; pertanto, sono
riconducibili nella nozione di rettorie, in senso stretto, non solo i
locali suddetti, ma anche quelli utilizzati per le opere connesse al
culto che nella chiesa si celebra, quali iniziative associative,
pastorali, di animazione spirituale, di catechesi ed apostolato (nel
caso di specie, il consiglio comunale, nell’escludere la
retrocessione di locali da destinarsi ad uso rettoria, annessi a
chiesa ex conventuale, non conduceva alcun accertamento volto a
dimostrare che fosse già stata consegnata “la congrua parte… ad
uso di rettoria”, di cui all’art. 8 della legge 27 maggio 1929, n.
848”, con conseguente illegittimità per carenza di istruttoria e
difetto di motivazione della deliberazione comunale de qua)

Sentenza 09 gennaio 2004

La cura delle anime, intesa come azione pastorale, rappresenta il
completamento necessario, oltre che il naturale prolungamento, del
culto; l’art. 16, lett. a), della legge n. 222 del 1985, afferma,
infatti, che si considerano attività di religione o di culto quelle
dirette “all’esercizio del culto, alla cura delle anime, alla
formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla
catechesi, all’educazione cristiana”. Sono pertanto riconducibili
nella nozione di rettoria, in senso stretto, non solo i locali adibiti
ad ufficio amministrativo o ad abitazione dei predetti soggetti, ma
anche quelli utilizzati per le opere connesse al culto che nella
chiesa si celebra.