Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 giugno 2006, n.2622

L’art. 2, comma 4, dell’ordinanza ministeriale n. 153 del 15
giugno 1999 esclude la validità dei servizi prestati
nell’insegnamento della religione cattolica ai fini
dell’ammissione alla sessione riservata per il conseguimento
dell’idoneità all’insegnamento nella scuola materna, poichè non
prestati su posti di ruolo e non relativi a classi di concorso. La
legittimità di tale previsione è stata più volte confermata dalla
giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come gli insegnanti
di religione cattolica, costituendo nell’ordinamento scolastico una
categoria speciale posta ai margini dell’organizzazione scolastica e
caratterizzata dalla peculiarità della materia insegnata, non
appartengano ai ruoli dei docenti statali, con la conseguenza che il
servizio prestato in qualità di insegnante di religione non è utile
ai fini della fruizione del beneficio dell’inserimento in ruolo
(cfr., ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, 8 aprile 2003, n. 3532).

Sentenza 20 luglio 2006, n.297

E’ infondata la questione di legittimità costituzionale – in
riferimento agli artt. 3, 4, 51 e 97 della Costituzione – dell’art.
5, comma 1, della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo stato
giuridico degli insegnanti di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado), il quale ha stabilito che il
primo concorso per l’accesso in ruolo degli insegnanti di religione
cattolica sia riservato esclusivamente a quelli che abbiano «prestato
continuativamente servizio per almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci anni». Nel valutare la legittimità della norma
impugnata occorre, infatti, tener conto del suo carattere eccezionale
– quale disposizione transitoria – rispetto al contesto normativo in
cui è inserita, in quanto essa disciplina il primo inquadramento in
ruolo di una categoria di insegnanti che ha operato tradizionalmente
con un rapporto di servizio costituito mediante incarico annuale e non
in base a concorso. Secondo il costante orientamento della Corte
costituzionale, la scelta di introdurre tali norme è, infatti,
«espressione di discrezionalità legislativa, non censurabile sotto
il profilo del principio di parità di trattamento di cui all’art. 3
Cost., se non esercitata in modo palesemente irragionevole» (sentenze
n. 136 e n. 35 del 2004, nonché n. 208 del 2002, e ordinanza n. 168
del 2001). Nel caso di specie, il legislatore ha ritenuto che
l’espletamento continuativo, nell’ultimo decennio – per quattro anni –
dell’insegnamento della religione cattolica costituisca indice di una
più sicura professionalità e, su tale base, ha dunque delimitato
l’accesso al concorso per la copertura dei primi posti nel ruolo
organico dei docenti in argomento.