Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 19 giugno 2009, n.4058

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
corrisponde non a scelte squisitamente didattiche, ma ad un impegno
assunto dallo Stato rispetto ad altro Ente sovrano, al cui magistero
resta direttamente connessa una dottrina – il cui apprendimento è
facoltativo – ritenuta attinente al patrimonio storico e culturale
del popolo italiano, con modalità di selezione del personale docente
del tutto peculiari, dovendo l’idoneità del medesimo essere
riconosciuta dalla competente autorità ecclesiastica, non estranea
nemmeno alla scelta dei testi di apprendimento e ad altre modalità
organizzative. Un percorso formativo il cui valore culturale e morale
giustifica la pari dignità del relativo personale docente, rispetto a
quello addetto ad altre discipline, nell’ambito di quanto attenga
allo svolgimento dell’anno scolastico, ma che non esclude la
possibilità di una diversa valutazione dell’esperienza didattica
in questione, in rapporto a normative eccezionali di favore,
attraverso le quali l’Amministrazione intenda – come nel
caso dell’ordinanza ministeriale 15.6.1999, n. 153 – agevolare
l’immissione nei ruoli di personale precario, che sia stato
reclutato e abbia svolto attività di insegnamento secondo le regole
dettate dallo Stato stesso, per finalità strettamente inerenti alla
formazione culturale e scientifica degli studenti.

Sentenza 19 giugno 2009, n.4044

L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
corrisponde ad un impegno assunto dallo Stato rispetto ad altro Ente
sovrano, al cui magistero resta direttamente connessa una dottrina –
il cui apprendimento è comunque facoltativo – ritenuta attinente al
patrimonio storico e culturale del popolo italiano, con modalità di
selezione del personale docente del tutto peculiari, dovendo
l’idoneità del medesimo essere riconosciuta dalla competente
autorità ecclesiastica, non estranea nemmeno alla scelta dei testi di
apprendimento e delle altre modalità organizzative per finalità di
approfondimento e diffusione dell’ortodossia cattolica (artt. 2 e 3
D.P.R. n. 751/1985 cit.; cfr. anche, Cons. St., sez. VI^, 27.8.1988,
n. 1006). Un percorso formativo il cui valore culturale e morale
giustifica la pari dignità del relativo personale docente, rispetto a
quello addetto ad altre discipline. Quanto precede, tuttavia, non
implica possa razionalmente escludersi una diversa valutazione
dell’esperienza didattica in questione in rapporto a normative
eccezionali di favore, attraverso le quali l’Amministrazione intenda
agevolare l’immissione nei ruoli di personale precario, che sia
stato reclutato e abbia svolto attività di insegnamento secondo le
regole dettate dallo Stato stesso, per finalità strettamente inerenti
alla formazione culturale e scientifica degli studenti. Il carattere
di specialità della posizione degli insegnanti di religione ha
trovato del resto conferma nella successiva evoluzione normativa, ove
si consideri che con legge 18.07.2003, n. 186, sono state dettate
apposite norme sullo stato giuridico di detti docenti, prevedendo
l’istituzione di dotazioni di organico a livello regionale ed uno
speciale concorso riservato per titoli ed esami per l’immissioni in
ruolo.

Sentenza 14 aprile 2009, n.2260

La L.P. Trento 9 aprile 2001, n. 5
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2605] non è
costituzionalmente illegittima, con riferimento agli artt. 3, 7, 8, 20
e 33 della Costituzione, nella parte in cui istituisce posti a tempo
indeterminato per i docenti di religione cattolica (art. 1), nè in
quella recante i requisiti professionali e di servizio del personale
da immettere in ruolo in sede di prima applicazione della legge (art.
7). Al rigaurdo, occorre anzitutto come il principio della laicità
dello Stato non risulti pregiudicato dal riconoscimento
all’autorità ecclesiastica del potere di selezionare (attraverso il
riconoscimento della idoneità da parte dell’ordinario diocesano) il
personale da immettere in ruolo. Il meccanismo compartecipativo nella
selezione del personale cui affidare l’insegnamento della religione
cattolica è infatti frutto di una scelta assunta in sede
concordataria, come tale in sé non solo non incompatibile con la
Costituzione, ma alla stessa pienamente aderente. D’altra parte, il
coinvolgimento dell’autorità ecclesiastica nella scelta dei
soggetti cui affidare l’insegnamento della religione cattolica,
lungi dal minare il suindicato principio di laicità dello Stato,
ovvero costituire un vulnus al principio di uguaglianza tra tutte le
religioni (art. 8, comma 1 Cost.), rappresenta piuttosto una scelta
dettata dalla necessità di individuare, nel rispetto degli accordi
pattizi, il personale che abbia le attitudini per svolgere il delicato
compito di insegnamento della religione cattolica. Ancora, non appare
calzante nemmeno il profilo della ipotizzata lesione dell’art. 33
Cost., e del principio di libertà di insegnamento con esso
presidiato; viene da osservare, infatti, che detto principio conosce
la sua massima espressione proprio con riferimento all’insegnamento
della religione cattolica, considerato che la stessa, in quadro di
generale obbligarietà degli insegnamenti, si configura (proprio in
attuazione della modifica degli accordi concordatari) a guisa di
materia rinunciabile dagli allievi, peraltro senza alcun obbligo di
attendere ad insegnamenti sostitutivi. E, d’altra parte, su tale
configurazione particolare dell’insegnamento religioso non
interferisce la scelta del modello organizzatorio, e quindi la
disposta istituzione di un ruolo stabile dei docenti in luogo del
meccanismo degli incarichi annuali, proprio del precariato in cui
tradizionalmente venivano ad operare gli insegnanti di religione.
Peraltro, non è irrilevante osservare che anche il legislatore
statale (il riferimento è alla legge nazionale n. 186/03), sia pur in
epoca successiva a quella cui risale la contestata legge provinciale
n.5/01), ha istituito due distinti ruoli che riguardano il personale
docente di religione cattolica. Con il che restando confermato, sia
pur indirettamente, il rilievo secondo cui le modalità a mezzo delle
quali l’ordinamento statuale o locale appronta la provvista dei
docenti di religione cattolica per il disimpegno del servizio di
insegnamento non snaturano il modello di Stato laico voluto dal
Costituente, né accordano alla religione cattolica una corsia
preferenziale rispetto alle altre religioni, atteso che il presidio
contro tale rischio è ampiamente assicurato dalla configurazione
dell’insegnamento stesso in termini di non-obbligo per la platea dei
discenti, come messo in luce dalla Corte Costituzionale fin nella
sentenza n. 203 del 1989.
————————-
IN TERMINI ASSOLUTAMENTE CONFORMI SI V. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE
VI, SENTENZE 14 APRILE 2009, NN. 2261, N. 2262 E 2263; NONCHÈ 20
APRILE 2009, NN. 2368, 2369, 2370 E 2371

Sentenza 26 marzo 2008, n.5628

La giurisprudenza, sia del giudice delle leggi (C. Cost. 22 luglio
1999 n. 343), sia del giudice amministrativo (cfr., fra le tante,
Cons. Stato, II Sez., 10 gennaio 2001 n. 1606/2000; T.A.R. Pescara 15
giugno 2001 n. 567; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 19 maggio 2003, n.
1948), ritiene che l’insegnamento delle materie alternative sia
ininfluente ai fini dell’ammissione alla sessione riservata di esami e
della valutabilità del servizio prestato. Ciò in quanto tale
insegnamento non corrisponde né a posti di ruolo, né ad una
individuata classe di concorso ed è specificamente caratterizzato dal
fatto di non avere per oggetto materie curricolari. Per contro, il
carattere derogatorio della disposizione tendente alla immissione in
ruolo per soli titoli, intende ancorare l’immissione in ruolo a
titoli di servizio maturati su materie curricolari (cfr. Consiglio
Stato, sez. VI, 20 aprile 2000, n. 2465). Per tali ragioni, dunque, i
servizi svolti nell’insegnamento delle attività alternative della
religione cattolica non sono validi né ai fini dell’ammissione e
neppure ai fini del punteggio.

Sentenza 17 aprile 2008, n.1296

Ai sensi della legge n. 124/1999, l’insegnamento prestato non può
costituire una generica esperienza didattica da far valere in ogni
settore disciplinare, bensì uno specifico elemento di qualificazione
professionale ai fini di un insegnamento corrispondente al posto di
ruolo cui si vuole accedere. In questi termini, la giurisprudenza –
nel caso di sessioni riservate di abilitazione – ha espresso il
costante indirizzo nel senso della non apprezzabilità
dell’insegnamento della religione cattolica, trattandosi di
insegnamento privo di corrispondenza nella dotazione di organico dei
ruoli ordinari e di collegamento con una individuata classe di
concorso (da ultimo, cfr. Cons. St., sez. VI, 4 aprile 2007 n. 1515;
Idem, 22 giugno 2004 n. 4447; idem, 28 settembre 2001 n. 5153 e 15
ottobre 1999 n. 1405).

Sentenza 18 aprile 2007, n.1779

Eventuali lievi differenze di giudizio espresse nei confronti di
elaborati scritti, valutati ai fini dell’abilitazione all’insegnamento
della religione cattolica, non rendono illogica l’attribuzione agli
stessi di voti numerici uguali. Il giudizio di valutazione delle prove
deve infatti attenersi alle modalità ed ai criteri stabiliti in
precedenza dalla commissione e detta valutazione ben può esprimersi
in termini comparativi, relativamente a taluni profili degli
elaborati, senza che ciò faccia venir meno la complessità del
giudizio che investe tutti i profili oggetto di valutazione e che ha
nel voto numerico la sua sintesi finale.

Sentenza 23 gennaio 2007, n.188

Le graduatorie generali di merito relative al concorso riservato, per
esami e titoli, per insegnanti di religione cattolica, nella scuola
dell’infanzia ed elementare, indetto con D.D.G. del 02 febbraio
2004, sono distinte – ex art. 9 – per diocesi presenti nel territorio
regionale, dal momento che la partecipazione al concorso, ai sensi
dell’art. 5 della legge n. 186/2003, è stata prevista su posti di
insegnante di religione cattolica compresi nell’ambito territoriale
delle diocesi di ciascuna regione .