Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 12 novembre 1996

L’articolo 5, secondo alinea, della direttiva 93/104/CE che prevede di
includere in linea di principio la domenica nel periodo di riposo
settimanale, pur lasciando in definitiva all’apprezzamento degli stati
membri la decisione in materia, tenendo conto in particolare della
diversità dei fattori culturali, etnici e religiosi operanti nei
differenti paesi, è tuttavia carente di giustificazione logica
perché non spiega in che cosa la domenica come giorno di riposo
settimanale, presenterebbe un legame più stretto con la salute e la
sicurezza dei lavoratori rispetto ad un altro giorno della settimana.
Per questi motivi è da accogliere la richiesta, avanzata in via
subordinata dal governo interessato, di annullare detta previsione,
che è isolabile dalle altre disposizioni della direttiva.

Sentenza 16 aprile 1997

Tribunale del lavoro di Liegi. Sentenza 16 aprile 1997. (Traduzione a cura della Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova) CASO DI: THIRY Emmanuel, domiciliato a 4600 VISE, rue de Mons 112, attore, intervenuto di persona assistito da M. DELVENNE, delegato ai sensi dell’articolo 728 del Codice Giudiziario, CONTRO: ENTE NAZIONALE DI COLLOCAMENTO (O.N.E.M.), organo pubblico […]

Sentenza 22 ottobre 1997, n.1329

Cassazione Penale. Sesta Sezione. Sentenza 22 ottobre 1997, n. 1329. (omissis) IN FATTO All’esito di complesse e articolate indagini, esperite per molti anni su tutto il territorio nazionale in ordine all’attività dispiegata da appartenenti a diverse sedi della Chiesa di Scientology e dei collegati centri Narconon, il Giudice istruttore del Tribunale di Milano con ordinanza […]

Sentenza 16 giugno 2001, n.24691

Cassazione. Prima Sezione Penale. Sentenza 16 giugno 2001, n. 24691. (omissis) Osserva in fatto e in diritto I. Con ordinanza del. 4. luglio. 2000 il tribunale di sorveglianza di: Venezia ammetteva Mari Alessandro alla.. misura alternativa della detenzione domiciliare, mentre rigettava la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale in base alla considerazione che […]

Sentenza 11 luglio 1996, n.1155

Il divieto permanente di uso e detenzione di armi o munizioni previsto
dall’art. 9 l. n. 772/1972 opera soltanto per gli ammessi al
servizio militare non armato o al servizio sostitutivo civile; mentre
non può estendersi ai casi di obiezione totale, in cui – diversamente
dalle fattispecie di obiezione parziale – il rifiuto è diretto contro
il servizio militare in quanto tale, e non è pertanto incompatibile
con l’appartenenza ad un corpo armato non militare quale la Polizia
di Stato. é, quindi, illegittima l’esclusione da concorso pubblico
nel ruolo dei commissari della Polizia di Stato di un obiettore totale
al servizio militare, in quanto costui non ha chiesto di – e quindi
non è mai stato ammesso a – prestare servizio militare non armato o
servizio civile sostitutivo.

Parere 29 novembre 1995, n.3218

Deve ritenersi viziato di illegittimità il decreto ministeriale che
autorizza il perfezionamento della cessione della proprietà di un
immobile appartenente al Fondo edifici di culto ad un Comune, con il
vincolo di mantenerne inalterata la pregressa destinazione a sede di
altro ente pubblico cui affidarlo in regime di locazione a tempo
indeterminato, dovendosi ritenere consentita una tale forma di
cessione soltanto nel caso in cui l’immobile entri nel patrimonio
del Comune come bene strumentale per l’attività istituzionale
propria del Comune stesso e non come bene redditizio, dato in
locazione ad un soggetto terzo. Nel caso di specie, non potendo il
Fondo edifici di culto essere depauperato, senza che ricorrano i
presupposti di legge, della proprietà di un immobile che, allo stato,
gli assicura una considerevole rendita utile per i propri fini
istituzionali, si ravvisa un interesse pubblico specifico, attuale e
concreto perché l’Amministrazione annulli in via di autotutela
l’atto di autorizzazione della cessione del bene.

Sentenza 15 luglio 1993, n.718

Sono illegittimi gli artt. 1 primo comma D.P.R. 20 maggio 1987 n. 270
e 6 primo comma D.P.R. 5 marzo 1986 n. 68 – attinenti
all’applicabilità al personale dell’Ordine Mauriziano delle
disposizioni regolamentari contenute nei due citati testi normativi –
attesa la riserva di legge di cui alla XIV disposizione transitoria e
finale della Costituzione e la conseguente previsione dell’art. 7 L.
5 novembre 1962 n. 1596, che attribuisce al Consiglio di
amministrazione dell’Ordine la potestà regolamentare relativamente
allo stato giuridico ed al trattamento economico del personale.

Sentenza 26 febbraio 1993, n.2415

Il giudice italiano difetta di giurisdizione in ordine alla domanda
concernente la risoluzione, a causa della soppressione della relativa
carica, del rapporto di lavoro del segretario generale
dell’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Ordine Militare
di Malta (Acismom) e le conseguenze patrimoniali dell’allegata
illegittimità di detta risoluzione, tenuto conto che l’esame di
tale controversia implica necessariamente un’indagine ed un
sindacato sull’assetto organizzativo dell’ente, avente
soggettività internazionale, essendo l’attività di detto organo
non limitata alla sfera sanitaria ma strettamente inerente alle
funzioni istituzionali e pubblicistiche (nell’ambito
dell’ordinamento maltese), dell’Acismom.

Sentenza 27 novembre 1997, n.382

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3, primo
comma, Cost., l’art. 8, primo comma, della legge 15 dicembre 1972, n.
772 (recante: “Norme per il riconoscimento della obiezione di
coscienza”), come sostituito dall’art. 2 della legge 24 dicembre 1974,
n. 695 (Modifiche agli articoli 2 e 8 della legge 15 dicembre 1972, n.
772), nella parte in cui determina la pena edittale ivi comminata
nella misura minima di due anni anziche’ in quella di sei mesi e nella
misura massima di quattro anni anziche’ in quella di due anni, in
quanto, fermo restando che le ipotesi di reato previste dal primo e
dal secondo comma dell’art. 8 della l. n. 772 del 1972 sono diverse
tanto dal punto di vista soggettivo quanto da quello oggettivo –
consistendo il reato, nell’ipotesi di cui al primo comma, nel fatto di
colui che successivamente rifiuta il servizio militare non armato o il
servizio sostitutivo civile, ai quali e’ stato ammesso; mentre
l’ipotesi di cui al secondo comma riguarda il caso di colui che,
adducendo i motivi di coscienza indicati dall’art. 1, al di fuori dei
casi di ammissione ai predetti benefici, rifiuta, prima di assumerlo,
il servizio militare di leva -, tuttavia, cio’ che appare decisivo ai
fini del presente giudizio di costituzionalita’ e’ la stretta
connessione tra le due fattispecie e l’identita’ di valutazione del
legislatore circa la gravita’ dei fatti che esse prevedono: identita’
di valutazione che si esprimeva originariamente nell’identita’ di
pene, stabilita l’una con una formula di rinvio all’altra (“Alla
stessa pena soggiace …”). Ne consegue che il sistema delineato dalle
disposizioni in esame, a seguito della sentenza n. 409 del 1989, che,
in relazione comparativa col reato previsto dall’art. 151 c.p.m.p., ha
gia’ piu’ che dimezzato la pena per la fattispecie prevista nel
secondo comma dell’art. 8, risulta manifestamente privo di
razionalita’.

Sentenza 20 febbraio 1995, n.54

Le speciali norme dettate, negli artt. 1, primo comma, ultima parte, e
3, terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167 (sull'”affidamento
in prova del condannato militare”) riguardo al condannato per reati
originati dall’obiezione di coscienza, attribuiscono al Ministro della
difesa – organo che, per la sua posizione istituzionale e funzionale,
non e’ certo qualificato in ordine al perseguimento delle finalita’ di
rieducazione e reinserimento sociale – la competenza, in via
esclusiva, a individuare gli uffici o enti pubblici – anche se non
militari – presso i quali l’affidato in prova dovra’ prestare
servizio. Tali disposizioni – nelle quali, sotto altra veste
giuridica, si riproduce sostanzialmente il regime riservato a chi
venga ammesso al servizio sostitutivo civile ai sensi della legge n.
772 del 1972 – regime che resta collegato, sia pure indirettamente,
all’organizzazione della difesa – non possono piu’ trovare
giustificazione dopo la sentenza (n. 358 del 1993) con la quale la
Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale
dell’art. 27 cod. pen. mil. di pace, nella parte in cui consentiva che
la conversione della pena della reclusione comune in quella della
reclusione militare potesse avvenire in relazione alla sanzione penale
comminata per i c.d. obiettori totali. Infatti, poiche’ la funzione
assolta dalle misure alternative non puo’ che rispecchiare quella
assegnata alla pena inflitta, appare irragionevole sostituire una pena
ispirata al reinserimento sociale del condannato con una misura
finalizzata – come le altre di cui alla legge n. 167 del 1983 – al
recupero dello stesso al servizio militare. Gli artt. 1, primo comma,
ultima parte, e 3, terzo comma, della legge n. 167 del 1983 vanno
dunque dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte in cui
prevedono l’affidamento in prova del condannato per reati originati da
obiezione di coscienza esclusivamente ad uffici od enti pubblici non
militari individuati dal Ministro della difesa, anziche’ al servizio
sociale ai sensi della legge n. 354 del 1975.