Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 02 ottobre 2003, n.17087

La controversia instaurata da un dipendente dell’Associazione dei
Cavalieri italiani del Sovrano militare Ordine di Malta
(A.C.I.S.M.O.M.) per ottenere l’annullamento della revoca, disposta
dall’Associazione, della quattordicesima mensilità e dell’accollo dei
contributi previdenziali, appartiene alla giurisdizione del giudice
italiano, poichè si tratta di una domanda che non coinvolge in alcun
modo aspetti relativi all’organizzazione dell’ente pubblico attraverso
cui opera lo Stato estero per il perseguimento dei suoi fini
istituzionali.

Sentenza 01 aprile 1987, n.3932

L’obbligo di non ingerenza sugli enti centrali della Chiesa cattolica
da parte dello Stato italiano, previsto dall’art. 11 del trattato del
Laterano, si riferisce ai vecchi enti in quanto operanti nel
territorio italiano, come si evince dalla eccezione e quindi dalla
unica possibilità di ingerenza disciplinata dallo stesso art. 11 con
riferimento agli acquisti dei corpi morali. Per obbligo di non
ingerenza poi deve intendersi il dovere internazionalmente assunto di
non esercitare le funzioni pubbliche della sovranità comunque
implicanti un intervento nell’organizzazione e nell’azione dei
menzionati enti. Ne deriva che l’esclusione non è limitata ai soli
poteri pubblici di contenuto amministrativo ma concerne la sovranità
stessa in tutte le sue esplicazioni pubbliche di poteri, potestà,
funzioni e, quindi, anche giurisdizione.

Sentenza 15 aprile 2005, n.7791

Nei confronti degli enti estranei all’ordinamento italiano perché
enti di diritto internazionale, il giudice italiano è carente della
potestà giurisdizionale idonea ad interferire nell’assetto
organizzativo e nelle funzioni proprie di essi, mentre può emettere
provvedimenti di contenuto esclusivamente patrimoniale. Tra questi non
può comprendersi la sentenza di condanna ad un pagamento che debba
essere logicamente preceduta da un accertamento del danno da
interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con
prestazioni lavorative attinenti ai fini istituzionali dell’ente
datore di lavoro: infatti tale sentenza, una volta passata in
giudicato, farebbe stato sia sull’obbligo di pagare sia (questione
pregiudiziale logica) sull’obbligo di ricevere a tempo indeterminato
le prestazioni lavorative. Le Sezioni Unite hanno enunciato questo
principio in un caso nel quale l’attore aveva chiesto la dichiarazione
di nullità, per contrasto con norme imperative, della clausola di
apposizione del termine ad un contratto di lavoro avente ad oggetto
mansioni di promozione e sviluppo, anche con progetti speciali,
dell’Opera romana pellegrinaggi – articolazione del Vicariato di
Roma, ente della Santa Sede – nel quale egli svolgeva compiti di
direttore di agenzia, e la conseguente condanna al pagamento di
retribuzioni non corrisposte, a partire dalla cessazione di fatto del
rapporto; la Corte ha dichiarato il difetto della giurisdizione
italiana, cassando senza rinvio la sentenza impugnata.

Sentenza 04 giugno 2004, n.3478

In virtù del D.M.LL.PP. 2 giugno 1998, gli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti che fruiscano di finanziamento pubblico
superiore al 50% dell’importo dei lavori, in relazione ad interventi
finanziati nell’ambito del piano relativo al Giubileo del 2000, sono
assimilati ai soggetti di cui all’art. 2, co. 2, lett. c), della
legge n. 109/1994, e vincolati al rispetto delle procedure di evidenza
pubblica nell’affidamento dell’appalto. Tale vincolo al rispetto
delle suddette procedure comporta, pertanto, l’attribuzione delle
relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Detto principio trova conferma anche nella disposizione contenuta
nell’art. 6, della legge n. 205/2000, secondo cui sussiste la
giurisdizione del giudice amministrativo in relazione alle procedure
di affidamento di lavori, servizi, forniture, poste in essere da
soggetti comunque tenuti – in virtù di un vincolo eteronomo, quale,
nel caso di specie, il citato D.M.LL.PP. – al rispetto delle procedure
di evidenza pubblica prescritte dal diritto interno o comunitario. Né
rileva, al riguardo, che la suddetta disposizione normativa sia
successiva rispetto alla data dell’appalto e dell’instaurazione
del giudizio, in quanto, secondo consolidata giurisprudenza, il
disposto dell’art. 5, c.p.c. – secondo cui la giurisdizione si
determina in base alla legge vigente e allo stato di fatto esistente
al momento della proposizione della domanda, con irrilevanza dei
successivi mutamenti – trova applicazione solo nel caso di
sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente
adito, ma non anche allorché il mutamento dello stato di diritto o di
fatto comporti l’attribuzione della giurisdizione al giudice che ne
era privo inizialmente.

Sentenza 26 febbraio 2004, n.3892

Le controversie circa la validità o l’efficiacia dell’atto
costitutivo di una fondazione rientrano nella giurisdizione del
giudice ordinario, in quanto il negozio di fondazione integra un atto
di autonomia privata, che non partecipa della natura del provvedimento
amministrativo di riconoscimento. Pertanto, detto negozio deve
ritenersi regolato, sotto il profilo della validità, dalle norme
privatistiche. Tale disposizioni trovano applicazione anche con
riferimento alle fondazioni ecclesiastiche, non risultando – al
riguardo – di ostacolo la previsione di cui all’art. 20, comma 1,
della Legge n. 222 del 1985, la quale si limiita a disciplinare le
modalità di recepimento nell’ordinamento statale dei provvedimenti di
soppressione o estinzione dell’Ente ecclesiastico da parte della
competente Autorità confessionale, senza incidere in alcun modo sulla
distinzione tra atto negoziale di costituzione dell’Ente e
provvedimento ecclesiastico di creazione o soppressione dello stesso
nel relativo ordinamento.

Sentenza 16 maggio 2002, n.13666

In relazione alla natura giuridica degli enti di assistenza e
beneficenza, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.
396 del 1988 – dichiarativa dell’illegittimità costituzionale
dell’art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, nella parte in cui
non prevede che le Ipab regionali e infraregionali possano continuare
a sussistere assumendo la personalità giuridica di diritto privato,
qualora abbiano tuttora i requisiti di una istituzione privata – la
natura pubblica o privata di tali istituzioni deve essere accertata di
volta in volta, dall’autorità giudiziaria ordinaria,
indipendentemente dall’esito delle procedure amministrative
eventualmente esperite, facendo ricorso ai criteri indicati dal
D.P.C.M. 16 febbraio 1990; peraltro, affinchè possa essere
riconosciuta l’ispirazione religiosa di un ente di assistenza, che
costituisce – secondo quanto indicato dalla lettera c), dell’art. 1
terzo comma, di detto D.P.C.M. – una delle condizioni alternativamente
necessarie (accanto al carattere associativo e al carattere di
istituzione promossa ed amministrata da privati) perchè possa
riconoscersi natura di ente privato alla detta istituzione, occorre
che ricorrano l’elemento teleologico dell’azione amministrativa
dell’ente e il collegamento di esso con organismi confessionali,
mentre non hanno rilievo ostativo nè la circostanza che
l’istituzione operi con risorse prevalentemente comunali (essendo
l’origine laica dei finanziamenti pienamente compatibile con una
utilizzazione dei medesimi in modo corente con l’ispirazione
religiosa), nè il fatto che il consiglio di amministrazione
dell’Ente sia designato dal Consiglio comunale, nulla impedendo che
un organismo amministrativo non formato da religiosi obbedisca, nelle
sue determinazioni, ad un indirizzo religioso. (In applicazione di
tali principi, le Sezioni unite, all’esito dell’esame del relativo
statuto e delle circostanze valorizzate al riguardo dal giudice di
merito, hanno riconosciuto natura di ente privato alla Casa di
ospitalità per indigenti di San Cataldo, operante nella Regione
siciliana, ed hanno perciò dichiarato la giurisdizione del giudice
ordinario in ordine alle controversie concernenti rapporti di lavoro
con detto Ente).

Ordinanza 19 novembre 2003

La controversia tra un utente del servizio scolastico e
l’amministrazione pubblica non riguarda un rapporto individuale di
utenza con soggetti privati ai sensi dell’art. 33, lett. e), del d.
lgs. n. 80/1998 e, pertanto, non è sottratta alla giurisdizione
amministrativa esclusiva, in particolare quando sia invocata
l’applicazione di norme, quali sono quelle che prevedono
l’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche, che spiegano i
loro effetti verso una platea indifferenziata di soggetti.

Sentenza 20 ottobre 1994, n.C.93.0238.F.

Pur rientrando nella competenza esclusiva dell’autorità
ecclesiastica l’adozione di un provvedimento di revoca
dall’incarico pastorale precedentemente conferito ad un sacerdote,
un’eventuale contestazione circa la procedura seguita introduce una
controversia relativa a diritti civili di competenza dei tribunali
statali, dal momento che il provvedimento di revoca comporta la
privazione del diritto del sacerdote al trattamento economico sino a
quel momento goduto.
In forza del principio di non ingerenza dello Stato
nell’organizzazione interna dei culti enunciato dall’art. 21 della
Costituzione, in presenza di un provvedimento di revoca da un incarico
pastorale adottato dall’organo della confessione nel rispetto delle
regole di competenza proprie della confessione medesima, il giudice
civile non ha il potere di apprezzare il carattere “equo” della
procedura che abbia condotto all’emanazione del suddetto
provvedimento per farne cessare tutti gli effetti ove tale
accertamento dovesse dare esito negativo.

Sentenza 26 febbraio 1993, n.2415

Il giudice italiano difetta di giurisdizione in ordine alla domanda
concernente la risoluzione, a causa della soppressione della relativa
carica, del rapporto di lavoro del segretario generale
dell’Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Ordine Militare
di Malta (Acismom) e le conseguenze patrimoniali dell’allegata
illegittimità di detta risoluzione, tenuto conto che l’esame di
tale controversia implica necessariamente un’indagine ed un
sindacato sull’assetto organizzativo dell’ente, avente
soggettività internazionale, essendo l’attività di detto organo
non limitata alla sfera sanitaria ma strettamente inerente alle
funzioni istituzionali e pubblicistiche (nell’ambito
dell’ordinamento maltese), dell’Acismom.

Sentenza 25 gennaio 1996, n.96

Sussiste la giurisdizione del giudice italiano a conoscere delle cause
di invalidità dei matrimoni contratti da cittadini italiani secondo
le norme canoniche in quanto non è possibile, secondo una
interpretazione letterale o sistematica, individuare nel testo del
Concordato, come modificato dall’Accordo di revisione del 1984,
nessuna norma che preveda la riserva di giurisdizione in favore dei
tribunali ecclesiastici. É inammissibile la domanda di nullità di un
matrimonio concordatario alla stregua dell’art. 122, 2º comma cod.
civ. quando l’azione è proposta dal coniuge che ha indotto
l’altra parte in errore ed al quale per tale motivo, non spetta la
legittimazione attiva.