Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 09 ottobre 2007, n.1448/04

Il diritto dei genitori di assicurare l’educazione e
l’insegnamento ai figli secondo le loro convinzioni religiose o
filosofiche, ex art. 2 del 1° Protocollo addizionale alla CEDU,
risulta violato quando non è prevista una valida procedura di esonero
dall’insegnamento obbligatorio di etica e cultura religiosa nelle
scuole pubbliche. Nel caso di specie – poiché detto insegnamento
riguarda prevalentemente la cultura dell’Islam sunnita e non può
dirsi imparziale e rispettoso del pluralismo, valore centrale per la
scuola e l’educazione pubbliche – la Corte ritiene che debba essere
assicurato il diritto ad essere esonerati dalla partecipazione alle
lezioni di tale materia. Diritto che non è stato rispettato, poiché
la normativa turca consente di non avvalersi dell’insegnamento in
questione solo a due categorie di studenti di nazionalità turca
(coloro i cui genitori appartengano alla religione cristiana o
ebraica); inoltre, obbligando di fatto i genitori a rivelare le
proprie convinzioni religiose o filosofiche, essa non rispetta la
libertà religiosa.

Sentenza 04 marzo 2008, n.787/07

Il diritto all’obiezione di coscienza è compreso nel diritto di
libertà religiosa – sancito dall’art. 16 della Costituzione spagnola
– e può essere esercitato anche qualora non venga disciplinato
espressamente dalla legge. Nel caso di specie, è stato riconosciuto
legittimo l’esercizio dell’obiezione di coscienza dei genitori nei
confronti della partecipazione dei figli alle lezioni della materia
scolastica “Educación para la Ciudadanía y Derechos Humanos”.
Quest’ultima, infatti, riguarda contenuti collegati con l’etica ed i
valori morali, e può dunque risultare in contrasto con le convinzioni
religiose dei genitori e con il diritto ad educare i figli
conformemente ad esse, come riconosciuto sia dalla Costituzione
spagnola (art. 27.3), sia dalla CEDU (art. 2 del 1° protocollo
addizionale).

Ordinanza 06 febbraio 2008, n.2656

Il diritto fondamentale dei genitori di provvedere alla educazione ed
alla formazione dei figli trova il necessario componimento con il
principio di libertà dell’insegnamento dettato dall’art. 33 della
Cost. e con quello di obbligatorietà dell’istruzione inferiore. E’
pertanto ravvisabile un potere dell’amministrazione scolastica di
svolgere la propria funzione istituzionale con scelte di programmi e
di metodi didattici potenzialmente idonei ad interferire ed anche
eventualmente contrastare con gli indirizzi educativi adottati dalla
famiglia senza che alle opzioni didattiche così assunte sia
opponibile un diritto di veto dei singoli genitori.

Sentenza 29 giugno 2007

L’inserimento nei programmi scolastici di un insegnamento – anche
obbligatorio – sulla religione non viola la libertà di coscienza di
alunni e genitori se questo è orientato a far conoscere agli alunni
le differenti confessioni presenti nel mondo, ad instaurare un clima
di tolleranza e conoscenza reciproca, a fornire un’informazione
generale sulle religioni e non una istruzione religiosa propriamente
detta. Tuttavia, qualora l’organizzazione di tale materia si basi in
modo prevalente sui principi della religione cristiana, si
verificherà un trattamento più favorevole di quest’ultima e le
attività didattiche si svolgeranno senza rispettare il pluralismo e
la neutralità della scuola né l’oggettività dell’insegnamento.
In tal modo risulterà violato il diritto dei genitori a far sì che i
figli ricevano un’educazione consona al loro credo religioso (ex
art. 2 del Protocollo addizionale n. 1 CEDU).

Regio decreto 29 dicembre 2006, n.1630

Real decreto 1630/2006, de 29 de diciembre, por el que se establecen las enseñanzas mínimas del segundo ciclo de Educación infantil. (da BOE n. 4 del 4 gennaio 2007) Il testo integrale (Omissis) Disposición adicional única. Enseñanzas de religión. 1. Las enseñanzas de religión se incluirán en el segundo ciclo de la Educación infantil de […]

Sentenza 12 luglio 2006, n.15760

Il danno da morte dei congiunti (c.d. danno parentale) come danno
morale interessa la lesione di due beni della vita inscindibilmente
collegati, cioè il bene della integrità familiare, con riferimento
alla vita quotidiana della vittima con i suoi familiari, in relazione
agli art. 2, 3, 29, 30, 31, 36 Cost.; ed il bene della solidarietà
familiare, sia in relazione alla vita matrimoniale che in relazione al
rapporto parentale tra genitori e figli e tra parenti prossimi
conviventi, in relazione agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost. L’attuale
movimento per la estensione della tutela civile ai PACS (patti civili
di solidarietà ovvero stabili convivenze di fatto) conduce appunto
alla estensione della solidarietà umana a situazioni di vita in
comune, e dunque – prima o poi – anche i “nuovi parenti” vittime
di rimbalzo lamenteranno la perdita del proprio caro (Nel caso di
specie, il danno parentale interessava invece una societas
stabilizzata con vincolo matrimoniale e discendenza legittima).