Formula
Sentenza 30 settembre 1996, n.334
Sono costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 2, 3 e
19 Cost., l’art. 238, comma 2, cod. proc. civ., limitatamente alle
parole “davanti a Dio e agli uomini” e l’art. 238, comma 1, seconda
proposizione, cod. proc. civ., limitatamente alle parole “religiosa
e”, in quanto – posto che gli artt. 2, 3 e 19 Cost. garantiscono come
diritto la liberta’ di coscienza in relazione all’esperienza
religiosa; che tale diritto, sotto il profilo
giuridico-costituzionale, rappresenta un aspetto della dignita’ della
persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile dall’art. 2; che
esso spetta ugualmente tanto ai credenti quanto ai non credenti, siano
essi atei o agnostici, e comporta la conseguenza, valida nei confronti
degli uni e degli altri, che in nessun caso il compimento di atti
appartenenti, nella loro essenza, alla sfera della religione possa
essere l’oggetto di prescrizioni derivanti dall’ordinamento giuridico
dello Stato; che qualunque atto di significato religioso (anche il
piu’ doveroso dal punto di vista di una religione e delle sue
istituzioni) rappresenta sempre, per lo Stato, esercizio della
liberta’ dei propri cittadini, che, come tale non puo’ essere oggetto
di una sua prescrizione obbligante, indipendentemente dall’irrilevante
circostanza che il suo contenuto sia conforme, estraneo o contrastante
rispetto alla coscienza religiosa individuale; che alla configurazione
costituzionale del diritto individuale di liberta’ di coscienza
nell’ambito della religione e alla distinzione dell'”ordine” delle
questioni civili da quello dell’esperienza religiosa corrisponde,
rispetto all’ordinamento giuridico dello Stato e delle sue
istituzioni, il divieto di ricorrere a obbligazioni di ordine
religioso per rafforzare l’efficacia dei propri precetti; e che il
giuramento e’ certamente atto avente significato religioso – il
giuramento “decisorio”, cosi’ come disciplinato dall’art. 238 cod.
proc. civ., viola sia la liberta’ di coscienza in materia di religione
(laddove esso, pur non essendo propriamente imposto dalla legge, e’
comunque oggetto di una prescrizione legale alla quale la parte si
trova sottoposta con conseguenze negative), sia la distinzione,
imposta dal fondamentale principio costituzionale di laicita’ o non
confessionalita’ dello Stato, tra l'”ordine” delle questioni civili e
l'”ordine” delle questioni religiose (laddove dalle norme impugnate
deriva un’inammissibile commistione tra i due ordini, rappresentata
dal fatto che un’obbligazione di natura religiosa e il vincolo che ne
deriva nel relativo ambito sono imposti per un fine probatorio proprio
dell’ordinamento processuale dello Stato; con la conseguenza che,
siccome la liberta’ di coscienza di chi sia chiamato a prestare il
giuramento previsto dall’art. 238, comma 2, cod. proc. civ. comporta
che la determinazione del contenuto di valore che essa implica sia
lasciata alla coscienza, la dichiarazione di incostituzionalita’ del
riferimento alla responsabilita’ che si assume davanti a Dio deve
estendersi anche al riferimento alla responsabilita’ davanti agli
uomini, e con l’ulteriore conseguenza (ex art. 27 l. n. 87 del 1953)
che la dichiarazione di incostituzionalita’ deve estendersi al primo
comma del medesimo articolo – nella parte in cui prevede che il
giurante sia ammonito dal giudice circa l’importanza religiosa del
giuramento – avuto riguardo alla inscindibilita’ di tale previsione da
quella contenuta nel secondo comma.
Sentenza 04 maggio 1995, n.149
L’asimmetria sussistente nell’ordinamento quanto alla differente
tutela accordata alla liberta’ di coscienza del testimone nel processo
penale e in quello civile manifesta un’irragionevole disparita’ di
trattamento in relazione alla protezione di un diritto inviolabile
dell’uomo, la liberta’ di coscienza, che, come tale, esige una
garanzia uniforme o, almeno omogenea nei vari ambiti in cui si
esplica. Pertanto al fine di assicurare tale pari tutela al valore
della liberta’ di coscienza riguardo all’obbligo del testimone di
impegnarsi a dire la verita’, si impone l’estensione all’art. 251,
secondo comma, cod. proc. civ. della disciplina e della formula
previste dall’art. 497, secondo comma, cod. proc. pen., – assunte dal
giudice rimettente a ‘tertium comparationis’ – le quali sono scevre da
qualsiasi riferimento a prestazioni di giuramento. Del resto, anche se
il particolare profilo sottoposto al presente giudizio non consente di
oltrepassare i confini del giuramento del testimone e di affrontare il
problema del giuramento in generale (anche alla luce dell’art. 54
della Costituzione), non e’ senza significato sottolineare che la
soluzione prescelta dal legislatore per il processo penale rappresenta
un’attuazione del “principio supremo della laicita’ dello Stato, che
e’ uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta
costituzionale della Repubblica”: principio che – come la Corte ha
affermato – “implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle
religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della liberta’
di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.
Sentenza 13 luglio 1984, n.234
E’ inammissibile la questione di legittimita’ costituzionale
congegnata in termini tali da comportare, qualora dovesse ritenersi
fondata, l’apprestamento di integrazioni e variazioni della normativa
in vigore, strettamente dipendenti da una pluralita’ di scelte
discrezionali individuabili dal solo legislatore. (Inammissibilita’
della questione di legittimita’ costituzionale degli artt. 251 c.p.c.,
142 e 449 c.p.p., nella parte in cui non prevedono forme equipollenti
al giuramento per i testimoni appartenenti a confessioni religiose le
quali, dando rilevanza religiosa ad ogni giuramento, prescrivono di
non pronunciare mai le parole “lo giuro”).
Sentenza 02 ottobre 1979, n.117
La tutela della c.d. liberta` di coscienza dei non credenti rientra
nella piu` ampia liberta` in materia religiosa assicurata dall’art. 19
Cost. e dall’art. 21 Cost. (liberta` di opinione religiosa del non
credente intesa quale manifestazione del pensiero) anche in senso
negativo, escludendo il nostro ordinamento costituzionale ogni
differenziazione di tutela della libera esplicazione sia della fede
religiosa sia dell’ateismo – L’ammonizione e la formula del giuramento
dei testimoni di cui all’art. 251, comma secondo, c.p.c., nella parte
in cui fanno riferimento rispettivamente all’importanza religiosa del
giuramento e alla responsabilita` assunta davanti a Dio, violano,
rispetto ai non credenti la suddetta liberta` di coscienza –
Conseguentemente e` costituzionalmente illegittimo – per contrasto con
l’art. 19 Cost. – l’art. 251, comma secondo, c.p.c. nella parte in cui
dopo le parole “il giudice istruttore ammonisce il testimone
sull’importanza religiosa…” e dopo le parole “consapevole della
responsabilita` che con il giuramento assumete davanti a Dio…” non
e` contenuto l’inciso “se credente”.