Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Risoluzione 24 maggio 2012

Risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 sulla lotta all'omofobia in Europa [fonte: http://www.europarl.europa.eu] Il Parlamento europeo , –  visti la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, il Patto internazionale sui diritti civili e politici, la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, –  visti l'articolo […]

Risoluzione 13 marzo 2012

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2012 sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea – 2011 Il Parlamento europeo, – visti l'articolo 2 e l'articolo 3, paragrafo 3, comma due, del trattato sull'Unione europea (TUE) nonché l'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), – visto l'articolo 23 della Carta dei diritti […]

Sentenza 15 marzo 2012, n.4184

La diversità di sesso dei nubendi è — unitamente alla
manifestazione di volontà matrimoniale dagli stessi espressa in
presenza dell’ufficiale dello stato civile celebrante – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo
indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto
giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1808 del
1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000).
Questo requisito – pur non previsto in modo espresso né dalla
Costituzione, né dal codice civile vigente (a differenza di quello
previgente del 1865 che, nell’art. 55 ad esempio, stabiliva, quanto
al requisito dell’età: «Non possono contrarre matrimonio l’uomo
prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia
compiuto gli anni quindici»), né dalle numerose leggi che,
direttamente o indirettamente, si riferiscono all’istituto
matrimoniale — sta tuttavia, quale ‘postulato’ implicito, a
fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente da
molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall’art.
107, primo comma, cod. civ. che, nel disciplinare la forma della
celebrazione del matrimonio, prevede tra l’altro che l’ufficiale
dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» (si veda
anche l’art. 108, primo comma).
— Pertanto — sul piano delle norme, di rango primario o
sub-primario, applicabili alla fattispecie in prima approssimazione
—, alla specifica questione, consistente nello stabilire se due
cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto
matrimonio all’estero, siano, o no, titolari del diritto alla
trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato
civile italiano, deve darsi, in conformità con i su menzionati
precedenti di questa Corte, risposta negativa.
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie,
l’intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua
contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R.
n. 396 del 2000, ma dalla previa e più radicale ragione,
riscontrabile anche dall’ufficiale dello stato civile in forza delle
attribuzioni conferitegli, della sua non riconoscibilità come atto di
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò che,
conseguentemente, esime il Collegio dall’affrontare la diversa e
delicata questione dell’eventuale intrascrivibilità di questo
genere di atti per la loro contrarietà con l’ordine pubblico.
 

Sentenza 23 settembre 2011, n.19450

La L. n. 218 del 1995, nell’abrogare (ex art. 73) gli artt. 796 ss.
c.p.c., dettati in tema di delibazione di sentenze straniere, ha fatto
salve, all’art. 41, le disposizioni delle leggi speciali in tema di
adozioni di minori, così predicando il perdurante vigore (e la
prevalenza) della disciplina speciale dell’adozione internazionale di
minori rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla
riforma del diritto internazionale privato. Ne consegue
l’applicabilità, “in “subiecta materia”, della L. 31 dicembre 1998,
n. 476 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela
dei minori adottata all’Aja il 29 maggio 1993), che ha radicalmente
modificato la disciplina dell’adozione internazionale, sostituendo al
procedimento di delibazione del provvedimento straniero dettato dalla
L. n. 184 del 1983, art. 32, una complessa procedura che si snoda in
più fasi, analiticamente disciplinate dai novellati artt. 29 e ss.,
ed affida al tribunale dei minorenni i poteri in dette norme previste,
tra l’altro disponendo, all’art. 36, comma 1, che l’adozione
internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la
Convenzione può avvenire “soltanto con le procedure e gli effetti
previsti dalla presente legge” (Nel caso di specie, la Suprema Corte
ha cassato senza rinvio il provvedimento impugnato, perchè la domanda
di delibazione, ex art. 67, comma 2 della L. n. 218 del 1995, non
poteva essere proposta per la specialità del ritoinderogabilmente
disciplinato dalla L. n. 183 del 1984 come modificata dalla L. n. 476
del 1998).

Sentenza 12 gennaio 2011, n.8

E’ infondata la questione di legittimita’ costituzionale dell’art.
48, comma 3, della legge regionale n. 24 del 2009 – promossa dal
Presidente del Consiglio dei ministri in riferimento all’art. 117,
secondo comma, lettere i) e l) della Costituzione – nella parte in cui
prevede che «i diritti generati dalla legislazione regionale 
nell’accesso ai servizi, alle azioni e agli interventi, si applicano»
anche «alle forme di convivenza» di cui all’art. 4 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (Applicazione del
nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente).
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la citata
disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere i) e l),
della Costituzione, poiche’ il richiamo operato dal legislatore
regionale alle «forme di convivenza», di cui al citato d.P.R. che,
nel definire la «famiglia anagrafica», ricomprenderebbe «l’insieme
delle persone legate da vincoli affettivi», eccederebbe le competenze
regionali ed  invaderebbe la competenza esclusiva dello Stato nelle
materie di «cittadinanza, stato civile e anagrafi» e
dell’«ordinamento civile». La censura si fonda infatti sull’erroneo
presupposto interpretativo, secondo cui il legislatore regionale ha
inteso disciplinare tali forme di convivenza. Viceversa, la norma
impugnata si limita ad indicare l’ambito soggettivo di applicazione
dei diritti previsti dalla legislazione regionale nell’accesso ai
servizi, alle azioni e agli interventi senza introdurre alcuna
disciplina sostanziale delle forme di convivenza. Pertanto, essa
risulta inidonea ad invadere ambiti costituzionalmente riservati allo
Stato.
 

Sentenza 01 marzo 2010, n.4868

Cass. civ., Sez. I. Sentenza 1 Marzo 2010, n. 4868: "Diniego del visto per ricongiungimento familiare ed istituto della Kafalah". LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE- SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ADAMO Mario – Presidente – Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere – Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere – Dott. BERNABAI Renato – […]

Decreto 09 febbraio 2011

Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura
giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e autorizzazioni
giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, riconosciuta anche dalla Convenzione di New
York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra tale
istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori
previsto dal diritto italiano – prevalgono le analogie, perchè
entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono
sullo stato civile del minore.
Nel caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque
applicabile l’art. 3 c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007,
nell’interpretazione secondo cui il diritto all’agevolazione
all’ingresso e soggiorno di talune categorie di familiari del
cittadino dell’Unione europea o italiano, diversi dal coniuge, dai
discendenti e ascendenti diretti, cioè quelli a carico o conviventi o
che soffrano di gravi condizioni di salute che rendano indispensabile
l’assistenza da parte del cittadino dell’Unione o italiano, non
può che tradursi nel rilascio del visto di ingresso per motivi di
riunificazione familiare (cfr. Corte di Appello di Venezia, decreto
3.2.2009
[/areetematiche/documenti/documents/corte_appello_venezia_decreto19012009.pdf]).

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In senso difforme: Tribunale di Verona, decreto 9 luglio 2010,
depositato il 12 luglio 2010 (I Grado)
[/areetematiche/documenti/documents/tribunale_verona_decreto_09072010.pdf]

Ordinanza 05 gennaio 2011, n.4

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis,
156-bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che
le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, sollevata
in riferimento agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione.

Legge 05 febbraio 1992, n.91

Legge 5 febbraio 1992 n. 91: "Nuove norme sulla cittadinanza". (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 febbraio 1992, n. 38. (2) Per il regolamento di esecuzione, vedi il D.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572. art. 1. 1. È cittadino per nascita: a) il figlio di padre o di madre cittadini; b) chi è nato nel […]

Legge 20 luglio 2010, n.7

Ley 7/2010, de 20 de julio, de Educación de Castilla-La Mancha. TÍTULO PRELIMINAR. (omissis) Artículo 4. Los principios rectores del sistema educativo. El sistema educativo de Castilla-La Mancha, en el marco de los valores de la ciudadanía democrática recogidos en la Constitución, en el Estatuto de Autonomía y en los Tratados internacionales, se orienta por los […]