Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Regolamento 22 marzo 2004, n.723

REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 723/2004 DEL CONSIGLIO del 22 marzo 2004, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità. IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, […] considerando quanto segue: (1) Dal 1962, anno in cui sono stati adottati per la prima volta lo statuto dei funzionari […]

Sentenza 09 giugno 2000, n.9213

Nella normativa di settore (legge n.824/1930 e CCNL) del Comparto
Scuola si è individuata una linea di tendenza, ispirata
all’esigenza di offrire agli insegnanti di religione le medesime
garanzie, proprie degli altri docenti, assunti con contratto a tempo
indeterminato. Il previsto rinnovo automatico – in assenza di cause
ostative – della nomina sui posti disponibili, con ogni conseguenza in
termini di status, comporta, infatti, una sostanziale equiparazione
giuridica tra insegnanti di religione con incarico annuale e docenti
assunti con contratto a tempo indeterminato. Ne consegue che il
tentativo (nel caso di specie, del Comune di Milano) di modificare il
termine di scadenza dell’incarico annuale per l’insegnamento della
religione, da sempre individuato al 31 agosto, riducendolo al 30
giugno, appare “illegittimo e privo di razionale sostegno”,
venendo in tal modo realizzata “una discriminazione restrittiva e
peggiorativa” rispetto agli altri docenti (anche non di ruolo). Tale
modifica, piuttosto che tendere ad una sostanziale parità di
trattamento tra insegnanti, accentua infatti le differenze, operando
una reformatio in pejus, che non può essere giustificata dalla
temporaneità e revocabilità dell’incarico di insegnamento della
religione, le quali non incidono sulla scadenza annuale
dell’incarico.

Sentenza 16 aprile 2007, n.69

Il diniego della pensione di reversibilità in favore del coniuge
superstite di una coppia sposata con un rito matrimoniale non
riconosciuto dallo Stato (nel caso di specie: celebrato secondo il
rito gitano) non integra un caso di discriminazione fondata
sull’origine etnica o sulle convinzioni personali.
————————-
El art. 14 de la Constitución española contiene una prohibición
explícita de que se dispense un trato discriminatorio por motivos
étnicos o raciales. Comprende no sólo la discriminación directa,
sino también la encubierta o indirecta consistente en aquel
comportamiento formal o aparentemente neutro o no discriminatorio,
pero del que se deriva un impacto adverso sobre la persona objeto de
la práctica constitucionalmente censurable. No supone discriminación
que el legislador limite la protección de viudedad a los supuestos de
convivencia institucionalizada; por lo tanto la denegación de
pensión a la supérstite de una pareja casada por el rito gitano no
implica un trato discriminatorio ni por motivos sociales, ya que
ninguna vulneración se deriva de la limitación de la prestación a
la concurrencia de vínculo matrimonial legalmente reconocido, ni por
motivos étnicos, ya que la aplicación al caso del tratamiento dado a
las uniones «more uxorio» no toma como elemento referencial
circunstancias raciales o étnicas, sino una circunstancia relacionada
con la libre y voluntaria decisión de no acceder a la formalización
del vínculo matrimonial conforme a previsiones legales, previsiones
que en ninguna forma se condicionan a la pertenencia a una raza sino
exclusivamente a consideraciones civiles o religiosas.

Decreto legislativo 06 febbraio 2007, n.30

Decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30: “Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione; Vista la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del […]

Lettera 31 maggio 2004

Congregazione per la Dottrina della Fede: “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo”. Adottata il 31 maggio 2004. Pubblicata il 31 luglio 2004. INTRODUZIONE 1. Esperta in umanità, la Chiesa è sempre interessata a ciò che riguarda l’uomo e la donna. In questi ultimi tempi […]

Sentenza 26 giugno 1995

La mancata equiparazione della materia di religione alle altre materie
fondamentali, nei piani di studio della Scuola Universitaria per la
formazione dei docenti, come previsto dall’Accordo del 3 gennaio 1979
tra la Santa Sede e lo Stato spagnolo su insegnamento e affari
culturali, viola il diritto dei genitori a che i loro figli ricevano
la formazione religiosa e morale in conformità alle proprie
convinzioni (art. 27, co. 10 Cost. spagnola), e la suddetta
equiparazione costituisce un obbligo derivante da un Trattato
internazionale celebrato dallo Stato spagnolo nell’esercizio legittimo
delle competenze che la Costituzione gli attribuisce (art. 149).

Sentenza 01 luglio 1994

L’oggetto del provvedimento di omologazione della sentenza canonica
di nullità matrimoniale non deve estendersi ad aspetti che esulano
dalla sua natura ed eccedono la funzione che gli è attribuita dalla
legge (nella fattispecie concreta, la mancata dichiarazione espressa
in mala fede dalla donna, nel menzionato provvedimento, amplia la
efficacia civile della sentenza canonica posto che consente al marito
di optare per la applicazione della disciplina diversa dalla comunione
dei beni ex art. 95 c.c. in relazione alla liquidazione del regime
patrimoniale derivante dal matrimonio). Infatti, la efficacia
nell’ordine civile delle sentenze canoniche è subordinata ad un
giudizio di omologazione che riguarda due estremi concreti:
l’autenticità della sentenza, ovvero la verifica della sua
validità estrinseca; e la conformità del contenuto della sentenza al
diritto dello Stato, il che comporta un esame volto a constatare se le
affermazioni della sentenza in base al Diritto canonico, non siano in
contraddizione con i concetti giuridici o disposizioni che siano
equiparabili o analoghe al diritto statuale in modo tale da
pregiudicare o alterare il sistema di libertà pubbliche e diritti
fondamentali del cittadino spagnolo (nella fattispecie concreta, la
equiparazione tra il dolo della sposa, causa di nullità del
matrimonio per errore del consenso, e la mala fede del coniuge, cui si
riferisce il codice civile, è pienamente conforme a diritto).

Sentenza 16 novembre 1993, n.340/1993

1. Este Tribunal sólo puede decidir respondiendo a las razones
por   las que los órganos judiciales vienen a dudar, en un caso
concreto, de la   conformidad con la Constitución de una norma con
rango de Ley (STC 126/1987) [F.J. 4].
2. No toda desigualdad de trato legislativo en la regulación de una
materia   entraña una vulneración del derecho fundamental a la
igualdad ante la Ley   del art. 14 C.E., sino únicamente aquellas
que introduzcan una diferencia de trato entre situaciones que puedan
considerarse sustancialmente iguales y   sin que posean una
justificación objetiva y razonable. Por lo que dicho   precepto
constitucional, en cuanto límite al propio legislador, veda la  
utilización de elementos de diferenciación que quepa calificar
de   arbitrarios o carentes de una justificación objetiva y
razonable. A lo que   cabe agregar que también es necesario, para
que la diferencia de trato sea   constitucionalmente lícita, que
las consecuencias jurídicas que se deriven   de tal diferenciación
sean proporcionadas a la finalidad perseguida por el   legislador,
de suerte que se eviten resultados excesivamente gravosos o  
desmedidos. Exigiendo el principio de igualdad, por tanto, no sólo
«que la   diferencia de trato resulte objetivamente justificada,
sino también que   supere un juicio de proporcionalidad en sede
constitucional sobre la   relación existente entre la medida
adoptada, el resultado producido y la  finalidad pretendida por el
legislador» (STC 110/1993) [F.J. 4].
3. Al determinar que “ninguna confesión tendrá carácter estatal”,
cabe   estimar que el constituyente ha querido expresar, además,
que las   confesiones religiosas en ningún caso pueden trascender
los fines que les   son propios y ser equiparadas al Estado,
ocupando una igual posición   jurídica; pues como se ha dicho en
la STC 24/1982, el art. 16.3 C.E. «veda   cualquier tipo de
confusión entre funciones religiosas y funciones   estatales». Lo
que es especialmente relevante en relación con el art. 76.1  
L.A.U. dado que este precepto ha llevado a cabo precisamente una  
equiparación de la posición jurídica de la Iglesia con el Estado y
los otros entes de Derecho público en materia de arrendamientos
urbanos [F.J. 4].
4. La noción de «intereses generales» que incorpora el art. 103.1
C.E., que   también figura en otros preceptos constitucionales
limitativos de derechos   (así, en los arts. 33.3 y 128.1 y 2 C.E.)
constituye una habilitación  general para la intervención de las
distintas Administración públicas en   defensa de dichos
intereses, incluso cuando estos inciden sobre intereses  
particulares. De donde se sigue que la ley puede establecer la
legitimidad   de una actuación de las Administraciones públicas
distinta de la prevista en el régimen general de una materia
«exceptio salus publicae causa» siempre   que la misma sea
necesaria para servir los intereses generales [F.J. 5].
5. Es indudable que en el presente caso la contienda procesal ante el
Juez   civil ha de girar, exclusivamente, sobre el cumplimiento o
incumplimiento de los requisitos y trámites que la Ley de
Arrendamientos Urbanos establece en el art. 76. 1, «in fine», el
carácter jurídico público legalmente atribuido a la corporación
arrendadora y la existencia de la declaración ministerial de
necesidad de la ocupación (art. 76.2) y también, según
la doctrina mayoritaria, sobre los concernientes al orden de
selección de las viviendas y locales de negocios (arts. 64 y 72) y
a la obligación del arrendador de ocupar los desalojados dentro de
un determinado plazo (arts. 68.1 y 75.1) así como de no arrendarlos
o ceder su goce o uso a un tercero hasta transcurrido cierto tiempo
(arts. 68 y 75.2). Por consiguiente, pudiendo debatirse todas estas
cuestiones en el proceso, cuyo objeto y las   pretensiones que en
él cabe deducir se encuentran así legalmente   delimitadas,
únicamente respecto de estas cuestiones -y no de la excluida   «ex
lege» de la eventual controversia de las partes- se ha de predicar
la   exigencia constitucional derivada del art. 24.2 C.E. Por lo que
no cabe   estimar, en definitiva, el desequilibrio procesal
contrario al principio de   «igualdad de armas» que los órganos
judiciales promovientes de las   cuestiones y el Ministerio Fiscal
imputan al precepto aquí examinado en   relación con el mencionado
art. 24.2 C.E. [F.J. 5].
  La norma, contenuta nella Legge sugli Affitti Urbani, che dispone
la equiparazione della Chiesa cattolica agli enti di diritto pubblico
al fine di agevolare la rescissione del contratto di locazione, è
illegittima per contrasto con il principio costituzionale di
aconfessionalità dello Stato (art. 16, co. 3, CE). Invero,
l’enunciato per cui “nessuna confessione avrà carattere di
religione di stato”, impedisce che le confessioni religiose possano
trascendere i fini che sono loro propri ed essere equiparate allo
Stato o agli enti pubblici, non rilevando a tal fine il dovere
costituzionale di cooperazione del potere pubblico con la Chiesa
Cattolica e con le altre confessioni religiose.