Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 06 settembre 2007, n.153

L’art. 111, comma 1, lett. e) della legge provinciale Trento n. 22/91
dispone che il contributo di concessione edilizia non è dovuto “…
per le opere pubbliche o di interesse generale, ivi comprese le
strutture di carattere religioso destinate ad uso pubblico e gli
interventi di edilizia abitativa pubblica, realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti…”. L’applicazione del beneficio
dell’esenzione richiede la sussistenza di due presupposti, uno
oggettivo e l’altro soggettivo. Il requisito oggettivo implica che il
manufatto oggetto di concessione edilizia sia ascrivibile alla
categoria delle opere pubbliche o di interesse generale e dunque
idonee a soddisfare esigenze della collettività; il legislatore
provinciale annovera espressamente tra esse anche le strutture di
carattere religioso.Il tema del contendere è pertanto circoscritto
all’individuazione del ricorso o meno del requisito soggettivo, il
quale implica che le opere di interesse pubblico siano realizzate da
parte degli “enti istituzionalmente competenti”. Nel caso di specie,
deve tuttavia ritenersi che l’espressione “struttura di carattere
religioso” utilizzata dal legislatore provinciale abbia portata
generale ed implichi un riferimento a ipotesi più ampie dello
specifico caso degli edifici di culto, quali possono essere,
tradizionalmente, quelle delle scuole o degli ospedali. In
particolare, non osta all’esenzione l’eventualità che l’accesso della
collettività sia subordinato al pagamento di una retta (di frequenza
o di degenza, per tornare agli esempi delle scuole e degli ospedali),
purchè sia escluso lo scopo di lucro.

Sentenza 23 dicembre 2010, n.26009

L’interversione del possesso non può aver luogo mediante un semplice
atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione
esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia
cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e
abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con
correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell’animus
“rem sibi habendi”. Tale manifestazione deve, peraltro, essere rivolta
specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto
in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento, e, quindi,
tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una
concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua. In
sostanza, la semplice disponibilità dell’immobile con i poteri del
detentore non può valere, in difetto di un’idonea prova rilevante ai
sensi dell’art. 1141 c.c., comma 2, a dimostrare il passaggio dalla
detenzione al preteso possesso “animo domini”, valido agli effetti
dell’acquisto per usucapione (nel caso di specie, il ricorrente –
esponendo di avere acquistato in virtù di usucapione la proprietà di
un fabbricato ad uso abitativo di proprietà di una sua zia – 
conveniva in giudizio la parrocchia a cui l’immobile era stato donato
poco prima di morire dalla proprietaria).

Ordinanza 27 dicembre 2010, n.26171

Il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2 bis, (aggiunto
dalla Legge di Conversione 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato
dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 133, ed infine
sostituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito nella
L. 4 agosto 2006, n. 248), nell’estendere l’esenzione disposta
dall’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, alle
attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente
commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che
non abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente), ha
carattere innovativo e non interpretativo (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
24500 del 20/11/2009 [https://www.olir.it/documenti/?documento=5233]).

Ordinanza 27 dicembre 2010, n.26170

Il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 7, comma 2 bis, (aggiunto
dalla Legge di Conversione 2 dicembre 2005, n. 248, poi modificato
dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 133, ed infine
sostituito dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 39, convertito nella
L. 4 agosto 2006, n. 248) nell’estendere l’esenzione disposta
dall’art. 7, comma 1, lett. i), del D.Lgs. n. 504 del 1992 alle
attività ivi indicate “a prescindere dalla natura eventualmente
commerciale delle stesse” (versione originaria) e poi a quelle “che
non abbiano esclusivamente natura commerciale” (versione vigente), ha
carattere innovativo e non interpretativo (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
24500 del 20/11/2009; Cass. Sent. 14530 del 16/6/2010).

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Cfr. in questo stesso senso, Corte di Cassazione, Sez.
Trib., ordinanze 27 dicembre 2010, n. 26171; e 21 dicembre 2010, nn.
25935, 25936, 25937, 25938

Sentenza 02 marzo 2010, n.90

L’art. 7 comma 1 lett. i) del D.Lgs 504/92 relativo all’esenzione
dell’ICI, nella sua originaria formulazione, concedeva tali beneficio
agli immobili destinati esclusivamente ad “attività assistenziali,
previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative
e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera
a), della legge 20 maggio 1985, n. 222”. Successivamente la legge
248/05 ha disposto che l’esenzione “si intende applicabile alle
attività indicate nelle medesima lettera a prescindere dalla natura
commerciale delle stesse”. Dal tenore letterale della legge “si
intende” è evidente la natura interpretativa della stessa, per cui
nessuna eccezione di applicazione retroattiva della norma può essere
condivisa.

In OLIR.it: Commissione tributaria provinciale di Napoli. Sezione 41.
Sentenza 16 aprile 2009, n. 115
[/areetematiche/documenti/documents/sentenza%20n.115-41-09%20commissione%20provinciale%20di%20napoli%20.pdf]
(I grado)

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Documento inserito per gentile concessione del Dott. Francesco Nania
– Studio Nania, Via Alabardieri n. 1, 80121 Napoli

Sentenza 17 settembre 2010, n.642

L’esenzione dal pagamento della imposta ICI è possibile in presenza
di due condizioni: l’appartenenza dell’immobile ad ente non
commerciale, nonche’ la destinazione dello stesso ad una delle
attivita’ di cui all’art. 7, comma 1 lett. i), del d.lgs. 504/1992.

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– Studio Nania, Via Alabardieri n. 1, 80121 Napoli

Sentenza 13 marzo 2010, n.147

L’ art. 7, comma 1, lettera i,) del D.Lgs. 504/92, sia nella prima che
nella novella previsione, esonera gli enti religiosi dal pagamento
dell’ICI per gli immobili da questi posseduti ed adibiti a scopo di
culto, per fini assistenziali e sociali, ancorchè in qualcuno di essi
possa espletarsi, in via sussidiaria, anche un’ attivita commerciale.

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Documento inserito per gentile concessione del Dott. Francesco Nania
– Studio Nania, Via Alabardieri n. 1, 80121 Napoli

Circolare ministeriale 24 giugno 1998, n.3

Ministero di Grazia e Giustizia – Direzione generale degli affari civili e delle libere professioni. Circolare n. 3/98 concernente: "Iscrizione degli enti ecclesiastici riconosciuti nel registro delle persone giuridiche", 24 giugno 1998. Con Accordo del 18 febbraio 1984 modificativo del Concordato Lateranense e successivo protocollo del 15 novembre 1984 è stato previsto (art.7, comma 2) […]

Sentenza 23 settembre 2010, n.425/03

Nel caso di un dipendente di una confessione religiosa, licenziato per
motivi riguardanti la sfera privata (nel caso di specie: aver avuto
una relazione extra-coniugale), occorre operare un bilanciamento tra i
diritti delle parti: l’esigenza di lealtà all’organizzazione di
tendenza, da un lato, e il diritto alla vita privata e familiare,
dall’altro. Nel caso di specie, il licenziamento appare giustificato
se si considera la peculiarità delle mansioni esercitate dal
ricorrente, responsabile delle pubbliche relazioni in Europa per la
Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni (Chiesa Mormone),
e la particolare importanza attribuita dalla Chiesa in questione alla
fedeltà matrimoniale. Si trattava, perciò, di un licenziamento reso
necessario dalla esigenza di preservare la credibilità della Chiesa
Mormone e il dovere di lealtà da parte dei dipendenti risultava
chiaramente dal contratto stipulato tra la Chiesa e il ricorrente; non
risulta violato l’art. 8 CEDU (diritto al rispetto della vita privata
e familiare).
Con questa sentenza (insieme alla “Schüth c. Germania
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5491]”,
23 settembre 2010) la Corte europea dei diritti dell’Uomo si è
pronunciata per la prima volta su un caso relativo a un contrasto tra
organizzazioni di tendenza e dipendenti per motivi legati alla vita
privata di questi ultimi.

Sentenza 23 aprile 2010, n.23

Gli immobili di proprietà di un ente ecclesiastico, adibiti a casa
per esercizi spirituali, rientrano nella previstone della norma di
esenzione di cui all’art. 7 comma 1 lett. i) D.Lgs. 504/92, sia sotto
il profilo soggettivo perché appartenente ad uno dei soggetti di cui
all’art. 87 comma 1 lett. c) TUIR, sia sotto il profilo oggettivo
perché utilizzati esclusivamente per l’esercizio di attività
religiose di culto e formazione.
Nel caso di specie, era stata contestata l’esistenza delle condizioni
per l’esenzione a causa del supposto inutilizzo dell’immobile. Per
contro, veniva accertato che nell’edificio si erano svolti esercizi
spirituali di religiose e di gruppi laici, in relazione ai quali
esistevano copie di pubblicazioni religiose che davano notizia di
tali attività.