Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 novembre 2008

L’obbligo di indossare una divisa, senza mostrare oggetti di
gioielleria né simboli religiosi, non costituisce una discriminazione
nei confronti di una dipendente che intenda indossare un crocifisso.
La ricorrente, hostess di British Airways, lamentava in particolare di
aver subito una discriminazione indiretta, poiché il divieto di
mostrare gioielli e simboli sulla divisa, applicato indistintamente a
tutti, le causava una situazione di svantaggio, impedendole di
indossare il crocifisso, mentre agli appartenenti ad altre religioni
era permesso l’uso di indumenti religiosi. In base all'”Employment
Equality Regulations (Religion or Belief) 2003″ una discriminazione
indiretta è dimostrata quando uno svantaggio sussiste non solo per il
ricorrente, ma anche per il gruppo confessionale di appartenenza. Nel
caso di specie, il regolamento aziendale sulle divise non causa un
“disparate impact” per tutti i dipendenti cristiani della British
Airways, ma solo uno svantaggio per la ricorrente: infatti, a
differenza dei simboli religiosi che debbono essere indossati
obbligatoriamente in base ai precetti confessionali, portare un
crocifisso non rappresenta un obbligo per tutti i cristiani, ma è
solo un’espressione personale del credo della ricorrente.

Regolamento 26 giugno 2003, n.1661

Regolamento 26 giugno 2003, No. 1661, “The Employment Equality (Sexual Orientation) Regulations 2003”. (omissis) 7. Exception for genuine occupational requirement etc (1) In relation to discrimination falling within regulation 3 (discrimination on grounds of sexual orientation) – (a) regulation 6(1)(a) or (c) does not apply to any employment; (b) regulation 6(2)(b) or (c) does not […]

Regolamento 17 aprile 2007, n.1263

Regolamento attuativo dell’Equality Act 2006
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=3547] in materia
di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale. Le
organizzazioni di tendenza a carattere religioso, le agenzie per le
adozioni e le “charities” possono, in determinate circostanze, agire
in deroga al divieto di discriminazione.

Sentenza 30 marzo 2007

Il licenziamento di un’insegnante musulmana, motivato dal fatto che
questa indossava in classe il niqab (tipologia di velo che lascia
scoperti solo gli occhi), non costituisce discriminazione. Infatti, in
primo luogo la richiesta di non indossare il niqab è proporzionale al
perseguimento di una finalità legittima (quella di favorire
l’apprendimento degli alunni); in secondo luogo, il corretto termine
di paragone tramite il quale individuare la presunta discriminazione
sarebbe da individuare nella situazione di un’altra insegnante che,
indipendentemente dal proprio credo religioso, svolgesse le sue
funzioni con la faccia coperta, circostanza che determinerebbe
ugualmente il licenziamento. Si deve dunque escludere che vi sia stata
diversità di trattamento motivata dalla religione.

Sentenza 17 gennaio 2007

Corte di Appello di Milano. Sezione II Penale. Sentenza 17 gennaio 2007: “Reato di violenza sessuale ai danni del coniuge”. CORTE D’APPELLO DI MILANO – SECONDA SEZIONE PENALE Composta dai Signori: 1. Dott.ssa LA BRUNA Erminia – Presidente – 2. Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere Rel. – 3. Dott. SPINA Rosario – Consigliere […]

Legge 16 novembre 1989

Employment Act 1989 (c. 38), 16th November 1989. An Act to amend the Sex Discrimination Act 1975 in pursuance of the Directive of the Council of the European Communities, dated 9th February 1976, (No.76/207/EEC) on the implementation of the principle of equal treatment for men and women as regards access to employment, vocational training and […]

Sentenza 25 luglio 2005, n.932

Il diritto di libertà religiosa sancito dall’art. 9 della CEDU
include la libertà di manifestare il proprio credo ed in particolare
di esercitare il culto. Le condizioni di lavoro possono però trovarsi
in conflitto con le modalità di esercizio del culto; nel caso di
specie, turni lavorativi che includono la domenica contrastano con il
desiderio del lavoratore cristiano di godere del giorno festivo
previsto dalla propria religione. L’art. 9, 2° comma della CEDU
permette tuttavia restrizioni al diritto di manifestare la propria
fede religiosa; dunque è da ritenersi che il datore di lavoro non
abbia un obbligo assoluto di rispettare il diritto del dipendente
all’esercizio del culto, ma possa limitarlo, tenendo conto delle
necessità dell’impresa. Un dipendente che rifiuti di lavorare la
domenica in ragione della sua religione, può perciò essere
legittimamente licenziato e la sua libertà religiosa non risulta
violata se la restrizione operata (in questo caso la fissazione di un
turno domenicale) è ragionevole e risponde alle necessità economiche
dell’impresa.
Il datore di lavoro dovrà ad ogni modo cercare di predisporre
specifici aggiustamenti a favore delle esigenze religiose del
dipendente; tuttavia il licenziamento appare giustificato in base
all’Employment Rights Act 1996 se è stato fatto tutto il possibile
per porre in atto tali aggiustamenti e per giungere ad una soluzione
di compromesso che permetta al dipendente l’esercizio del suo
diritto (cosa accaduta nel caso di specie, dove era stato offerto un
posto di lavoro alternativo nella medesima azienda, nel quale non
erano previsti turni lavorativi la domenica).
Quanto alla motivazione del licenziamento, essa non è rinvenibile
nella religione del dipendente, ma nel suo rifiuto ad adeguarsi
all’orario di lavoro previsto e ad accettare altre soluzioni
alternative offerte dall’impresa; non si tratta, perciò, di un
licenziamento discriminatorio.