Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 16 marzo 2010, n.10400

Suscitare sentimenti caritatevoli con petulanza integra il reato di
molestie (Nel caso pecie, la Suprema Corte ha ritenuto sussistenti gli
elementi tipici del reato nella condotta di una famiglia che
disturbava insistentemente un prelato apponendo cartelli sulla
cancellata della curia e richiedendo insistentemente colloqui per
chiarire la vicenda relativa allo sfratto da un campetto di calcio che
i due coniugi gestivano)

Sentenza 26 marzo 2002, n.15178

Non è considerato necessario, per la sussistenza del reato di
ingiuria e diffamazione, il c.d. “animus iniuriandi vel diffamandi”,
essendo invece sufficiente, come notato dal ricorrente, il dolo
generico (che, è stato affermato, può assumere la forma anche del
dolo eventuale). È dunque bastevole che vengano usate consapevolmente
espressioni il cui valore, socialmente diffuso, sia obiettivamente
offensivo, espressioni, insomma, adoperate in base al significato che
esse vengono ad assumere presso la stragrande maggioranza dei
consociati. Va da sè che, quando si accusi taluno di comportamenti
penalmente sanzionati, la offesa è innegabile, in quanto il disvalore
della azione cui si riferisce l’espressione è, non solo socialmente
condiviso, ma giuridicamente stabilito. Nè la qualità o lo status
colui che adopera la espressione ingiuriosa può assumere rilievo
discriminante, a meno che tale potere “pedagogico” (che comunque deve
essere esercitato entro i limiti della continenza) gli sia
riconosciuto dal destinatario o dal l’ordinamento.

Sentenza 20 marzo 2000

La condotta di invasione arbitraria ai fini dell’art. 633 c.p. deve
essere supportata dall’elemento soggettivo caratterizzato dal dolo
specifico di “occupare o comunque trarre profitto” dal bene
invaso: non è, quindi, dato di confondere i concetti di “invasione
arbitraria” e di “occupazione”, considerati separatamente dal
legislatore e riferiti a due elementi diversi del reato, e cioè
rispettivamente a quello della condotta vietata ed a quello
dell’elemento psicologico. L’occupazione in sé, e cioè il mero
permanere invito domino in un determinato bene, pur ovviamente
rimanendo un comportamento censurabile in sede civile, non rileva ai
fini dell’elemento oggettivo del reato, integrato invece dalla mera
invasione arbitraria. Ne consegue che il reato non ricorre laddove si
sia in presenza di una “occupazione invito domino” da parte di chi
sia già nel possesso del bene o comunque che vi sia acceduto senza
porre in essere la condotta di invasione.
Per l’integrazione del reato di turbamento di funzioni religiose ai
sensi dell’art. 405 c.p., come pure dell’art. 406 c.p., occorre
l’impedimento attivo dell’esercizio concreto di una funzione
religiosa, non bastando il solo fatto dell’invasione di una
basilica, specie se di grandi dimensioni. Si richiede, altresì, ai
fini dell’elemento soggettivo, che l’agente abbia l’intenzione
di cagionare il turbamento.
La norma amministrativa di cui all’art. 26 quarto comma della legge
8 agosto 1977, n. 513 deve ritenersi speciale rispetto a quella di cui
all’art. 633 c.p., perché si riferisce ad una categoria di bene
(alloggi di edilizia residenziale pubblica invece che “terreni o
edifici pubblici o privati”) e ad una condotta (non una generica
invasione arbitraria, ma la più specifica mancanza di autorizzazione
da parte dell’ente gestore del bene) più ristretta di quella
penale.

Sentenza 01 luglio 1994

L’oggetto del provvedimento di omologazione della sentenza canonica
di nullità matrimoniale non deve estendersi ad aspetti che esulano
dalla sua natura ed eccedono la funzione che gli è attribuita dalla
legge (nella fattispecie concreta, la mancata dichiarazione espressa
in mala fede dalla donna, nel menzionato provvedimento, amplia la
efficacia civile della sentenza canonica posto che consente al marito
di optare per la applicazione della disciplina diversa dalla comunione
dei beni ex art. 95 c.c. in relazione alla liquidazione del regime
patrimoniale derivante dal matrimonio). Infatti, la efficacia
nell’ordine civile delle sentenze canoniche è subordinata ad un
giudizio di omologazione che riguarda due estremi concreti:
l’autenticità della sentenza, ovvero la verifica della sua
validità estrinseca; e la conformità del contenuto della sentenza al
diritto dello Stato, il che comporta un esame volto a constatare se le
affermazioni della sentenza in base al Diritto canonico, non siano in
contraddizione con i concetti giuridici o disposizioni che siano
equiparabili o analoghe al diritto statuale in modo tale da
pregiudicare o alterare il sistema di libertà pubbliche e diritti
fondamentali del cittadino spagnolo (nella fattispecie concreta, la
equiparazione tra il dolo della sposa, causa di nullità del
matrimonio per errore del consenso, e la mala fede del coniuge, cui si
riferisce il codice civile, è pienamente conforme a diritto).

Sentenza 29 aprile 1994, n.551

La giurisdizione esclusiva dei Tribunali ecclesiastici nelle cause di
nullità del matrimonio concordatario, alla luce dei chiarimenti
forniti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 421/93, permane
anche dopo la modifica del Concordato lateranense (Accordo 18 febbraio
1984, legge n. 121/85). Non è ravvisabile un contrasto con l’ordine
pubblico italiano ai fini del diniego della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore causato dal dolo
dell’altro coniuge circa una propria qualità gravemente
perturbativa del consorzio coniugale (nella specie: l’occultamento
volontario della propria epilessia), atteso che il motivo di nullità,
pur nella diversità di disciplina, trova sostanziale corrispondenza
nell’art. 122 del codice civile. Nel procedimento di delibazione di
una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio per errore di un
coniuge causato dal dolo dell’altro circa una propria qualità
gravemente perturbativa del consorzio coniugale, deve essere rigettata
la domanda dell’autore del dolo volta ad ottenere “provvedimenti
economici provvisori”, essendo rilevanti le ragioni che hanno
determinato la nullità ed il lasso di tempo (nella specie, notevole)
intercorso tra la rottura del matrimonio e la proposizione
dell’azione per l’efficacia civile della sentenza medesima. Il
contrasto dottrinale esistente in ordine alla permanenza della riserva
di giurisdizione dei Tribunali ecclesiastici in materia di nullità
del matrimonio concordatario può costituire giusto motivo ai fini
della compensazione parziale delle spese di giudizio.