Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 20 dicembre 2017, n.C-372/16

Interpellata in sede di rinvio pregiudiziale, la Corte di Giustizia
dell'Unione Europea ha chiarito che l’articolo 1 del
regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010,
relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel
settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione
personale, va interpretato nel senso che il divorzio risultante da una
dichiarazione unilaterale di uno dei coniugi dinanzi a un tribunale
religioso, come quello oggetto del procedimento principale, non ricade
nella sfera di applicazione ratione materiae di detto regolamento.

Ordinanza 11 maggio 2018, n.11553

Le statuizioni economiche prese durante la separazione decadono con la
delibazione della nullità del matrimonio, mentre permane
l’assegno divorzile se il pronunciamento del tribunale
ecclesiastico interviene dopo la sentenza di divorzio passato in
giudicato.

Ordinanza 03 settembre 2014, n.18627

Il recepimento materiale, nell’Accordo di modifica del
Concordato, della disciplina dettata dagli artt. 796 e 797 c.p.c.
comporta che, nell’ambito regolato da tale Accordo, le predette
disposizioni codicistiche continuino ad operare in tutta la loro
ampiezza (nonostante l'entrata in vigore della l.n. 218/1995).
Secondo il Giudice adito resta dunque fermo il principio, già
enunciato da Cass. n. 3345/97 e n. 12671/99, secondo cui i rapporti
fra giurisdizione ecclesiastica e giurisdizione civile sono
disciplinati sulla base di un "principio di prevenzione" in
favore di quest’ultima.

Ordinanza 06 giugno 2013, n.14329

Appare configurabile un contrasto tra l’art. 4 della legge n. 164
del 1982 (nella formulazione anteriore all’abrogazione intervenuta per
effetto del d.lgs. n. 150 del 2011) e gli artt. 2 e 29 della
Costituzione, nella parte in cui tale norma dispone che la sentenza di
rettificazione di attribuzione di sesso provoca l’automatica
cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del
matrimonio religioso, così introducendo nel nostro ordinamento
l’unica ipotesi di “divorzio imposto ex lege”. Conforta il
prospettato dubbio di costituzionalità, sotto il profilo del
parametro imposto dagli artt. 8 e 12 della CEDU, una recentissima
pronuncia della Corte Europea dei diritti umani (caso H. contro
Finlandia, 13 ottobre 2012
[/areetematiche/documenti/documents/caseofh.v.finland.pdf]), nella
quale viene affrontata una questione analoga a quella in oggetto. 

Sentenza 23 gennaio 2013, n.1526

Fra giudizio eccelsiastico di nullità del matrimonio concordatario e
giudizio di cessazione degli effetti civili dello stesso non sussiste
rapporto di pregiudizialità tale che il secondo debba essere
necessariamente sospeso, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., a causa della
pendenza del primo e in attesa della sua definizione, trattandosi di
procedimenti autonomi non solo sfocianti in decisioni di diversa
natura e aventi finalità e presupposti diversi, ma aventi specifico
rilievo in ordinamenti diversi, tanto che la decisione ecclesiastica
solo a seguito di giudizio eventuale di delibazione, e non
automaticamente, può produrre effetti nell’ordinamento italiano.

Sentenza 23 settembre 2010, n.1620/03

Nel rapporto di lavoro con un ente ecclesiastico (nella specie, una
parrocchia cattolica), il dipendente, firmando il suo contratto di
lavoro, accetta un dovere di lealtà verso la Chiesa e una
certa limitazione del proprio diritto al rispetto della vita privata
(sancito dall’art. 8 CEDU). Tale limitazione, tuttavia,
risulta consentita ai sensi della CEDU se liberamente accettata. Nel
caso di specie, la Corte ritiene che il dovere di lealtà non si
spinga fino al punto di obbligare il ricorrente (un organista in una
parrocchia di Essen) ad un impegno a vivere in astinenza in caso di
separazione o di divorzio; inoltre, a differenza del caso Obst c.
Germania (dove il dipendente licenziato aveva compiti di
rappresentanza e diffusione del credo della Chiesa Mormone), il
ricorrente non appare tenuto, in forza delle mansioni esercitate, a un
dovere di fedeltà particolarmente stringente. Risulta perciò violato
l’art. 8 della CEDU. Nelle sue conclusioni, la Corte ha tenuto conto
anche della difficoltà del ricorrente a trovare un nuovo impiego dopo
il licenziamento da parte della parrocchia cattolica, visto il
carattere specifico del suo lavoro. 
Con questa sentenza (insieme alla “Obst c. Germania
[https://www.olir.it/documenti/index.php?argomento=&documento=5492]”,
23 settembre 2010) la Corte europea dei diritti dell’Uomo si è
pronunciata per la prima volta su un caso relativo a un contrasto tra
organizzazioni di tendenza e dipendenti per motivi legati alla vita
privata di questi ultimi.

Sentenza 04 febbraio 2010, n.2600

La delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità matrimoniale
fa stato tra le parti ed assume l’autorità di cosa giudicata che
preclude ogni altra pronuncia con essa contrastante. In particolare,
la pronuncia ecclesiastica, regolarmente delibata, sancisce
l’invalidità del matrimonio e l’insussistenza del vincolo. Di
conseguenza, la pronuncia di divorzio, presupponendo la validità del
matrimonio e la sussistenza del vincolo, si pone in radicale
contrasto con essa. In queste fattispecie, rimangono, dunque, travolte
la sentenza di divorzio e le statuizioni economiche da esso
conseguenti (cfr. Cass. civ. n. 10055 del 2003
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4025])