Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 26 gennaio 2005, n.33

Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate
in relazione all’art. 1, commi 4, 9 e 10, della legge 10 marzo 2000,
n. 62, recante “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all’istruzione”. Occorre premettere, al
riguardo, che il ricorso in esame è stato proposto nella vigenza del
vecchio Titolo V, sicché deve escludersi – sul punto – la
rilevanza, nel giudizio in questione, delle modifiche introdotte dalla
legge costituzionale n. 3 del 2001. In particolare, la legge n. 62 del
2000 non ha tra le sue finalità di intervenire sul sistema di riparto
di attribuzioni tra Stato e Regioni, ma unicamente quella di delineare
il sistema nazionale di istruzione; essa costituisce, quindi,
esercizio della potestà legislativa statale nella materia in esame.
In questa prospettiva, ed essendo all’epoca dei fatti de quibus solo
iniziato il processo di trasferimento alle Regioni di competenze in
materia di istruzione, non vi era alcuna necessità di concertare con
esse i requisiti per il riconoscimento della parità. Inoltre, come la
Suprema Corte ha più volte chiarito, non è individuabile un
fondamento costituzionale dell’obbligo di adottare procedure
legislative ispirate alla leale collaborazione tra Stato e Regioni.
Infondate sono, del pari, le questioni concernenti l’art. 1, commi 9
e 10, della legge n. 62 del 2000. La norma censurata, infatti, non
dispone direttamente la ripartizione del finanziamento straordinario,
ma demanda la concreta ripartizione ad un successivo decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri. La mancata previsione di una
consultazione della Conferenza permanente non precludeva quindi, e non
ha impedito, nella specie, la possibilità che operassero le
disposizioni che, in via generale, prevedono i casi nei quali la
Conferenza deve essere consultata. Deve ritenersi inoltre infondato il
profilo secondo il quale l’art. 1, commi 9 e 10 sarebbe censurabile,
in quanto contenente disposizioni di dettaglio in materia di
assistenza scolastica. La legge n. 62 del 2000, infatti, nel prevedere
l’istituzione delle scuole paritarie – quali componenti del sistema
nazionale di istruzione – ha dettato un principio, valido per tutte le
scuole inserite in detto sistema, volto a rendere effettivo il diritto
allo studio anche per gli alunni iscritti alle scuole paritarie; nel
far ciò, tale legge ha previsto un finanziamento straordinario,
aggiuntivo rispetto agli ordinari stanziamenti, in favore delle
Regioni e delle Province autonome, finalizzato al sostegno della spesa
sostenuta e documentata dalle famiglie per l’istruzione. Le
modalità di detto finanziamento – straordinario e strettamente
indirizzato ad estendere il sostegno anche agli alunni iscritti alle
scuole paritarie – consentono dunque di escludere la denunciata
lesione delle attribuzioni regionali.

Ordinanza 12 marzo 1998, n.67

E’ manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione dell’atto
di promovimento in punto di rilevanza, la questione di legittimita’
costituzionale proposta, in riferimento agli artt. 33, commi secondo e
terzo, e 117, comma primo, Cost., nei confronti della legge della
Regione Emilia-Romagna 24 aprile 1995, n. 52 (Integrazioni alla legge
regionale 25 gennaio 1983, n. 6 “Diritto allo studio”), con la quale,
nell’ambito di un sistema pubblico integrato, in essa delineato, si
prevedono i criteri per l’assegnazione, da parte della Regione, di un
contributo finanziario (consistente nella ripartizione di un apposito
fondo) ai Comuni che abbiano attivato convenzioni finalizzate alla
qualificazione e al sostegno di scuole dell’infanzia gestite da enti,
associazioni, fondazioni e cooperative senza fini di lucro.
Nell’impugnare la legge regionale nel suo intero complesso ritenendo
le singole disposizioni della stessa “inautonome”, ma in tal modo
impedendo la scissione della formulata censura attraverso il
frazionamento di diversi possibili profili applicativi, il TAR
rimettente si e’ infatti limitato ad affermare, riguardo alla
rilevanza della eccezione di incostituzionalita’ nel processo di
provenienza, senza alcun riferimento ai relativi presupposti, che “le
norme denunciate costituiscono elemento dirimente della controversia”,
senza considerare, tra l’altro, che un’eventuale decisione di
accoglimento della Corte costituzionale avrebbe reso ‘inutiliter data’
la sentenza parziale gia’ dal TAR pronunciata, contemporaneamente alla
emissione della ordinanza di rinvio, con applicazione della legge ‘de
qua’, a tutela di un interesse legittimo fatto valere dai ricorrenti.