Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 12 settembre 2009, n.8650

In OLIR: Atto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, Stati vegetativi, nutrizione e idratazione
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4857], 16 dicembre
2008.

Sentenza 11 maggio 2009, n.1074

Il nascituro o concepito risulta dotato di autonoma soggettività
giuridica perché titolare, sul piano sostanziale, di alcuni interessi
personali in via diretta, quali il diritto alla vita, il diritto alla
salute o integrità psico-fisica, il diritto all’onore o alla
reputazione, il diritto all’identità personale, rispetto ai quali
l’avverarsi della condicio iuris della nascita ex art. 1, 2° comma,
c.c. è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in
giudizio a fini risarcitori. Deve affermarsi, quindi, stante la
soggettività giuridica del nascituro sul piano personale, quale
concepito, il suo diritto a nascere sano ed il corrispondente obbligo
dei sanitari di risarcirlo per mancata osservanza sia del dovere di
una corretta informazione (ai fini del consenso informato) in ordine
alla terapia prescritta alla madre (e ciò in quanto il rapporto
instaurato dalla madre con i sanitari produce effetti protettivi nei
confronti del nascituro), sia del dovere di somministrare farmaci non
dannosi per il nascituro stesso. Non avrebbe invece quest’ultimo
avuto diritto al risarcimento qualora il consenso informato
necessitasse ai fini dell’interruzione di gravidanza (e non della
mera prescrizione di farmaci), stante nel nostro ordinamento la non
configurabilità del “diritto a non nascere se non sano”.

Sentenza 08 maggio 2009, n.151

E’costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «ad un
unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», l’art.
14, comma 2, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=1026] (Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita). La previsione della
creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di
ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che, di
volta in volta, si sottopone alla procedura di procreazione
medicalmente assistita, si pone infatti in contrasto con l’art. 3
Cost. sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di
quello di uguaglianza; nonché con l’art. 32 Cost., per il pregiudizio
alla salute della donna, ed eventualmente del feto, ad esso connesso.
Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio
generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art.
14, quale logica conseguenza della caducazione nei limiti indicati del
comma 2, comportano inoltre la declaratoria di incostituzionalità del
comma 3, dell’art. 14 nella parte in cui esso non prevede che il
trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile,
debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna.

Sentenza 26 gennaio 2009, n.214

Il diritto di rifiutare le cure è un diritto di libertà
assoluto, il cui dovere di rispetto si impone nei confronti di
chiunque intrattenga con l'ammalato il rapporto di cura, non
importa se operante all'interno di una struttura sanitaria
pubblica o privata. Qualora l'ammalato decida di rifiutare le cure
– ove incapace, tramite rappresentante legale debitamente autorizzato
dal Giudice Tutelare – tale manifestazione esclude ogni legittimazione
al trattamento sanitario, determinando il sorgere dell'obbligo
giuridico del medico di interrompere la somministrazione dei mezzi
terapeutici indesiderati. In questo senso, dunque, rifiutare il
ricovero ospedaliero, dovuto da parte del SSN a chiunque sia affetto
da patologie mediche, solo per il fatto che il malato abbia
preannunciato la propria intenzione di avvalersi del suo diritto alla
interruzione del trattamento, significa limitare indebitamente tale
diritto. L'accettazione presso la struttura sanitaria pubblica non
può infatti essere condizionata alla rinuncia del malato ad
esercitare un suo diritto fondamentale.


Corte
di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 13 dicembre 2008, n.
27145

Corte
costituzionale, Ordinanza 8 ottobre 2008, n. 334

Corte
di Appello di Milano. Prima Sezione Civile. Decreto 9 luglio
2008

Corte
di Cassazione. Sezione I civile. Sentenza 4 – 16 ottobre 2007,
n. 21748

Corte
di cassazione. Sezione I civile. Ordinanza 20 aprile 2005, n.
8291
)

Nota 22 dicembre 2008

Corte Europea dei diritti dell’uomo. Nota 22 dicembre 2008: “Interruzione del trattamento di alimentazione di paziente in stato vegetativo permanente: inadmissibility decision A. Rossi and others v. Italy”. A Chamber of the European Court of Human Rights has declared inadmissible eight joined applications lodged in the case of Ada Rossi and Others v. Italy (applications […]

Varie 16 dicembre 2008

Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali Ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano LORO SEDI OGGETTO: Stati vegetativi, nutrizione e idratazione. Il presente atto è rivolto a richiamare principi di carattere generale, al fine di garantire uniformità di trattamenti di base su tutto il territorio […]

Istruzione 08 settembre 2008

Congregazione per la Dottrina della Fede. Istruzione 8 settembre 2008: “Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetica”. INTRODUZIONE 1. Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona. Questo principio fondamentale, che esprime un grande “sì” alla vita umana, deve essere posto al centro della riflessione etica sulla ricerca […]

Sentenza 13 novembre 2008, n.27145

E’ inammissibile – per difetto di legittimazione – il ricorso proposto
dal Pubblico Ministero avverso provvedimento emesso in seguito a
giudizio civile, avente ad oggetto l’istanza rivolta a disporre
l’interruzione del trattamento di sostegno vitale artificiale di
paziente in stato vegetativo permanente. Tale fattispecie, infatti,
non rientra tra le cause “sullo stato e capacità delle persone”,
essendo quest ultime esclusivamente quelle riguardanti la posizione
soggettiva dell’individuo come cittadino o nell’ambito della comunità
civile o familiare, e non, invece, anche le questioni attinenti ad
ulteriori diritti aventi a presupposto la posizione soggettiva stessa.
La dimensione così circoscritta del potere di impugnazione del P.M.
presso il giudice del merito neppure può, infine, dar luogo a dubbio
alcuno di legittimità costituzionale, per il profilo della mancata
sua estensione alla ipotesi che qui ne riguarda, in relazione ai
precetti della eguaglianza e della ragionevolezza, di cui all’art. 3,
commi primo e secondo, della Costituzione, stante l’evidente
ragionevolezza, invece, del non identico trattamento di fattispecie in
cui viene in rilievo un diritto personalissimo del soggetto di
spessore costituzionale (come, nella specie, il diritto di
autodeterminazione terapeutica in tutte le fasi del la vita, anche in
quella terminale) – all’esercizio del quale è coerente che il P.M.
non possa contrapporsi fino al punto della impugnazione di decisione
di accoglimento della domanda di tutela del titolare – e fattispecie
viceversa connotate da un prevalente interesse pubblico (come quelle
cui fa rinvio l’art. 69 c.p.c.), solo in ragione del quale si
giustifica l’attribuzione di più incisivi poteri, anche impugnatori,
al Pubblico Ministero.

Legge 10 ottobre 2008, n.179

Legge 15 ottobre 2008, n. 179: “Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, relativo all’abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002”. (da Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 263 del 10 novembre 2008, S.O. n. […]

Ordinanza 08 ottobre 2008, n.334

La Corte adita non rileva la sussistenza, nella fattispecie in esame,
di indici atti a dimostrare che i giudici di merito e di legittimità
abbiano utilizzato i provvedimenti censurati, aventi in realtà tutte
le caratteristiche di atti giurisdizionali e, pertanto, spieganti
efficacia solo per il caso di specie, come “meri schermi formali” per
esercitare funzioni di produzione normativa o per menomare l’esercizio
del potere legislativo parlamentare.