Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 29 aprile 2015, n.C-528/13

La controindicazione permanente alla donazione di sangue per un uomo
che abbia avuto rapporti sessuali con un altro uomo in Francia
è prevista dalla legge. La limitazione in parola rispetta,
tuttavia, il contenuto essenziale del principio di non
discriminazione. Infatti, tale limitazione non rimette in discussione
detto principio in quanto tale, atteso che essa verte unicamente sulla
questione, di portata limitata, delle esclusioni dalla donazione di
sangue allo scopo di tutelare la salute dei riceventi. Resta in ogni
caso da verificare se la stessa limitazione corrisponda ad una
finalità di interesse generale, a norma dell’articolo 52,
paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione
Europea, e, in caso affermativo, se essa rispetti il principio di
proporzionalità ai sensi di tale disposizione. Al riguardo,
occorre ricordare che la direttiva 2004/33 reca attuazione della
direttiva 2002/98. Conformemente alla sua base giuridica, ossia
l’articolo 152, paragrafo 4, lettera a), CE, quest’ultima
direttiva ha come obiettivo la protezione della sanità
pubblica. Nel caso di specie, l’esclusione permanente dalla
donazione di sangue è preordinata a ridurre al minimo il
rischio di trasmissione di una malattia infettiva ai riceventi. Tale
esclusione contribuisce pertanto all’obiettivo generale di
garantire un livello elevato di protezione della salute umana, che
costituisce una finalità riconosciuta dall’Unione
all’articolo 152 CE, e, in particolare, ai paragrafi 4, lettera
a), e 5 di tale articolo, nonché all’articolo 35, seconda
frase, della Carta, i quali impongono che nella definizione e
nell’attuazione di tutte le politiche ed attività
dell’Unione sia garantito un livello elevato di protezione della
salute umana. Quanto al principio di proporzionalità, dalla
giurisprudenza della Corte risulta che le misure previste dalla
normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che
è appropriato e necessario al conseguimento degli obiettivi
legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo
restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure
appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva tra esse e che
gli inconvenienti causati non devono essere esorbitanti rispetto agli
obiettivi perseguiti (v. sentenze ERG e a., C‑379/08 e
C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 86; Urbán, C‑210/10,
EU:C:2012:64, punto 24, nonché Texdata Software,
C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 52).

Decreto 16 gennaio 2009

La figura dell’amministratore di sostegno, introdotta nel 2004, è
finalizzata a valorizzare la volontà del beneficiario che, dopo avere
consapevolmente espresso i voleri inerenti ogni aspetto (non solo
patrimoniale) della propria esistenza, tema di non essere in grado di
autodeterminarsi e quindi di poterli attuare direttamente. Per questi
motivi, tale soggetto vuole che l’amministratore si esprima per lui,
facendo eseguire le direttive dettate nel tempo in cui era
perfettamente capace. Il nuovo istituto non consente, dunque, una
sovrapposizione della decisione dell’amministratore a quella
liberamente manifestata dall’interessato, sia in prossimità del
trattamento, sia in previsione dello stesso, ma è al contrario la
garanzia offerta dall’ordinamento della certezza che le scelte
fondamentali di vita della persona siano pienamente attuate anche per
il caso di perdita della capacità intellettiva, nel rispetto
ovviamente dei valori fondamentali dell’ordinamento giuridico.
L’amministratore di sostegno non potrà pertanto sostituire la
propria decisione a quella manifestata dal beneficiario, essendo i
suoi compiti limitati a verificare che i desideri e le aspirazioni dei
quest’ultimo (definiti nelle c.d. “direttive anticipate”) siano
effettivamente osservati (nel caso di specie, veniva accolto il
reclamo contro il decreto del Giudice tutelare, di diniego
dell’autorizzazione al rifiuto di emotrasfusioni da parte
dell’amministratore di sostegno nel caso di pericolo di vita del
paziente – si veda in OLIR: Tribunale Civile di Cagliari. Decreto 4
novembre 2008
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4836&prvw=1]).

Sentenza 08 maggio 2009, n.151

E’costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «ad un
unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», l’art.
14, comma 2, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=1026] (Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita). La previsione della
creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di
ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che, di
volta in volta, si sottopone alla procedura di procreazione
medicalmente assistita, si pone infatti in contrasto con l’art. 3
Cost. sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di
quello di uguaglianza; nonché con l’art. 32 Cost., per il pregiudizio
alla salute della donna, ed eventualmente del feto, ad esso connesso.
Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio
generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art.
14, quale logica conseguenza della caducazione nei limiti indicati del
comma 2, comportano inoltre la declaratoria di incostituzionalità del
comma 3, dell’art. 14 nella parte in cui esso non prevede che il
trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile,
debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna.

Ordinanza 26 febbraio 2009

Un’ordinanza del G.i.p. di Milano, pronunciata nel corso di un
processo per terrorismo internazionale, ha affermato che qualora un
imputato islamico indossi all’interno dell’aula del tribunale un
tradizionale copricapo, il giudice può invitarlo a toglierlo, atteso
che per consolidata prassi istituzionale nessuno può presenziare in
udienza a capo coperto, ad eccezione delle Forze dell’Ordine adibite
alla sicurezza dell’udienza. Non sarebbe ravvisabile alcuna
violazione del diritto di difesa se poi, come è avvenuto nel caso di
specie, dopo aver dichiarato che il copricapo è un simbolo religioso
l’imputato rifiuta l’invito del giudice e, pur di non togliersi il
copricapo, rinuncia a partecipare all’udienza senza essere
allontanato coattivamente.

L’ordinanza non dà conto e non affronta il problema, cruciale,
della rilevanza del motivo religioso fatto valere dall’imputato
(tunisino) che, invitato dal giudice a togliersi il copricapo avrebbe
risposto: “è un simbolo religioso, anche tu giudice porti la
croce” (lo si apprende dalla stampa: cfr. l’articolo Via quel
turbante. Islamico si ribella al giudice. E’ un simbolo religioso,
non me lo levo, ne La Repubblica del 27 febbraio 2009, p. 17). Il
G.i.p., senza considerare il diritto dell’imputato a professare
liberamente la propria fede religiosa, ha giustificato l’ordine di
togliere il copricapo all’interno dell’aula del tribunale sulla
base dei poteri di disciplina dell’udienza attribuitigli dall’art.
470 c.p.p. a tutela del decoro e del rispetto dell’Autorità
Giudiziaria: prassi istituzionale vorrebbe che nessuno presenzi in
udienza a capo coperto, ad eccezione delle forze dell’ordine adibite
alla sicurezza dell’udienza. Con buona pace della libertà di
professare la propria fede religiosa.

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Un’annotazione dell’ordinanza, da parte di Gian Luigi Gatta,
Ricercatore di Diritto Penale nell’Università degli Studi di
Milano, è stata pubblicata ne Il Corriere del Merito (Ipsoa ed.),
2009, n. 4, p. 403 s., all’interno della rubrica ‘Osservatorio di
diritto e processo penale’.

Sentenza 09 novembre 2007

La circoncisione rituale consiste in una menomazione dell’integrità
fisica che non può prescindere dall’attenta valutazione delle
condizioni del soggetto che la subisce, per le potenziali conseguenze
negative che potrebbero aversi sulla sua salute, e che deve essere
eseguita nel rispetto della buona pratica clinica, garantendo
successivamente un’adeguata assistenza. Lo svolgimento di tale
attività richiede, dunque, in ogni caso l’intervento di personale
medico (nel caso di specie, veniva ritenuta responsabile del reato di
cui all’art. 348 c.p. la madre di un neonato che aveva sottoposto il
figlio a circoncisione rituale, affidandolo a persona estranea alla
professione medica).

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In proposito: VITO PLANTAMURA, _Brevi note in tema di circoncisione
maschile rituale, esercizio abusivo della professione e lesioni_, in
“Giurisprudenza di merito”, 2008, 10, p. 2590 ss.; ANTONIO G.
CHIZZONITI, _Multiculturalismo, libertà religiosa e norme penali_, in
G. De Frenacesco – C. Piemontese – E. Venafro (a cura di), _Religione
e religioni: prospettive di tutela, tutela della libertà_, Torino,
2007, 29 ss., e, spec., p. 42 ss.

Sentenza 18 maggio 2006, n.16995

Lo stato di incoscienza del paziente priva il diniego, precedentemente
manifestato nei confronti della sottoposizione ad emotrasfusioni, del
necessario requisito della attualità del dissenso. Inoltre, il grave
stato di necessità impone, in ogni caso, ai sanitari il ricorso a
qualunque intervento terapeutico necessario per salvare la vita del
paziente.

Decreto 04 novembre 2008

Nel nostro ordinamento non è in alcun modo positivamente prevista la
possibilità di disporre anticipatamente del proprio corpo con
manifestazioni di volontà relative al rifiuto di terapie per un
momento successivo a quello in cui tale volontà venga esternata (c.d.
testamento biologico). In questo senso, si deve pertanto rilevare
come, in assenza di una disciplina normativa che attribuisca
ultrattività alla volontà del rifiuto di cure cosiddette
“salva-vita” da parte dell’interessato, l’attribuzione ad un
terzo – quale l’amministratore di sostegno – della facoltà di farsi
latore di tale volontà si tradurrebbe nel rimettere, per via
giurisprudenziale, ad una volontà estranea la decisione di
un’omissione di cure certamente o probabilmente foriera del
sacrificio di una vita potenzialmente sana (nel caso di specie,
l’amministratore di sostegno non veniva autorizzato dal giudice
tutelare, nella ipotesi di perdita di coscienza da parte del
ricorrente, a rifiutare le terapie, compresa l’eventuale trasfusione
di sangue, che i sanitari avessero ritenuto necessarie ed
indifferibili per la salvaguardia della integrità fisica del paziente
e della sua stessa vita) (cfr., contra, Tribunale Civile di Bologna,
Decreto 4 giugno 2008, n. 297
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=4825])

Ordinanza 11 luglio 2008, n.323

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, legge n.
40/2004, per contrasto, quanto ai commi 1 e 2 dell’art. 14 cit., con
gli artt. 3 e 32, primo e secondo comma Cost. e dell’art. 6, comma 3,
ultima parte, legge n. 40/2004, per contrasto con l’art. 32, secondo
comma Cost., nella parte in cui impongono il divieto di
crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la necessarieta’
della creazione di massimo tre embrioni nonche’ la necessarieta’
dell’unico e contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiori
a tre, e laddove prevedono la irrevocabilita’ del consenso da parte
della donna all’impianto in utero degli embrioni creati.

Ordinanza 09 aprile 2008, n.245

Non è manifestamente infondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992, in
relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte in cui
tale norma non include il convivente more uxorio fra i soggetti
beneficiari di permessi retribuiti per l’assistenza a persona con
handicap grave.

Ordinanza 07 ottobre 2008, n.5311

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Ordinanza 7 ottobre 2008, n. 5311: “Respinto il ricorso contro l’ordinanza di sospensione delle Linee guida della Lombardia per l’attuazione della l. 22 maggio 1978 n. 194”. In OLIR: –TAR Lombardia. Ordinanza 8 maggio 2008, n. 707 –Atto di indirizzo per la attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194 […]