Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 14 marzo 2011, n.5924

La laicità dello Stato rappresenta un interesse diffuso e come tale
adespota, perchè facente capo alla popolazione nel suo
complesso. Proprio per la suddetta natura degli interessi diffusi, la
tutela degli stessi è affidata agli enti esponenziali della
collettività nel suo complesso, salvo che la tutela non sia anche
rimessa ad associazioni o enti collettivi in specifiche ipotesi
previste dalla legge (L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 9, L. 8 luglio
1986, n. 349, art. 18). Tuttavia la condivisibile giurisprudenza di
questa Corte (Cass. S.U. n. 2207/1978; Cass. S.U. n. 1463/1979) ha
ritenuto configurabili accanto agli interessi cosiddetti diffusi, da
parte di collettività unitariamente considerate, anche la titolarità
di interessi individuali, da parte dei singoli coinvolti dal
procedimento stesso. In questi casi il titolare di ogni singolo
diritto soggettivo inviolabile leso ha azione per la sua tutela. Da
ciò consegue che, mentre la lesione di un proprio diritto soggettivo
inviolabile può essere fatta valere nell’ambito del rapporto di
impiego anche in via di autotutela, allorchè tale lesione del diritto
soggettivo è esclusa, non può invece essere fatta valere, come causa
giustificante, la lesione di un interesse diffuso.
Nel caso di specie, dunque, poichè la Sezione disciplinare ha
affermato la responsabilità del ricorrente solo in relazione ai
disservizi verificatisi per il rifiuto di tenere udienze in stanze o
aule prive del crocifisso, e quindi in situazioni che – secondo
l’accertamento fattuale della Sezione – non potevano comportare la
lesione del suo diritto di libertà religiosa, di coscienza o di
opinione, non può intentare causa giustificante di tale rifiuto la
pretesa tutela della laicità dello Stato o dei diritti di libertà
religiosa degli altri soggetti che si trovavano nelle altre aule di
giustizia della Nazione, in cui il crocefisso era esposto.
Infine, appare infondata anche la censura secondo cui il rifiuto del
ricorrente di tenere udienza poteva ritenersi giustificato dalla
mancata autorizzazione ad esporre nelle aule giudiziarie la menorah,
simbolo della religione ebraica. Per poter accogliere tale pretesa è
infatti necessaria una scelta discrezionale del legislatore, che allo
stato non sussiste. E’ vero infatti che sul piano teorico il principio
di laicità è compatibile sia con un modello di equiparazione verso
l’alto (laicità per addizione) che consenta ad ogni soggetto di
vedere rappresentati nei luoghi pubblici i simboli della propria
religione, sia con un modello di equiparazione verso il basso
(laicità per sottrazione). Tale scelta legislativa, però, presuppone
che siano valutati una pluralità di profili, primi tra tutti la
praticabilità concreta ed il bilanciamento tra l’esercizio della
libertà religiosa da parte degli utenti di un luogo pubblico con
l’analogo esercizio della libertà religiosa negativa da parte
dell’ateo o del non credente, nonchè il bilanciamento tra garanzia
del pluralismo e possibili conflitti tra una pluralità di identità
religiose tra loro incompatibili.

Ordinanza 26 maggio 2010

L’impossibilità di assistere alla messa domenicale, per mancanza
di un locale idoneo a tale scopo nelle c.d. aree riservate, lede il
diritto di libertà religiosa del detenuto di fede cattolica. Non può
infatti ritenersi sufficiente, ai fini dell’effettivo esercizio del
culto cattolico, l’ascolto dalla cella chiusa da parte del detenuto
della messa celebrata in corridoio.

Ordinanza 05 gennaio 2011, n.4

E’ manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis,
156-bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che
le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, sollevata
in riferimento agli articoli 2, 3 e 29 della Costituzione.

Sentenza 28 maggio 2010, n.187

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, primo
comma, Cost., l’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n.
388, nella parte in cui subordina al requisito della titolarità della
carta di soggiorno la concessione dell’assegno mensile di invalidità
di cui all’art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118 agli stranieri
legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato. Il suddetto
assegno costituisce una provvidenza destinata non già ad integrare il
minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire
alla persona un minimo di sostentamento, atto ad assicurarne la
sopravvivenza. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei
diritti dell’uomo, ove si versi, come nel caso di specie, in tema di
provvidenza destinata a far fronte al sostentamento della persona,
qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi
dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con
il principio di non discriminazione sancito dall’art. 14 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Pertanto, la norma in
esame, che interviene direttamente e restrittivamente sui presupposti
di legittimazione al conseguimento delle provvidenze assistenziali,
viola il limite del rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali imposto dall’evocato parametro costituzionale, poiché
discrimina irragionevolmente gli stranieri regolarmente soggiornanti
nel territorio dello Stato nel godimento di diritti fondamentali della
persona riconosciuti ai cittadini.

Sentenza 21 settembre 2010, n.6353

Il sussidio integrativo al minimo vitale non può essere definito
come una prestazione sociale fondante un diritto soggettivo ai sensi
dell’art. 80, comma 19 della legge n. 388/2000, bensì come una
prestazione residuale che il Comune elargisce in base ai compiti
assistenziali di natura generale e ricadente, dunque, entro l’ambito
applicativo dell”art. 41 del T.U. immigrazione. Questa norma prevede,
in materia assistenziale, la parità di trattamentro con i cittadini
nazionali degli stranieri legalmente residenti in Italia con permesso
di soggiorno della durata di almeno un anno.

Ordinanza 04 marzo 2010, n.160

TAR Veneto. Sezione III. Ordinanza sospensiva 4 marzo 2010, n. 160: "Accolta la richiesta di sospensione cautelare dell'ordinanza anti-accattonaggio". Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) ha pronunciato la presente ORDINANZA Sul ricorso numero di registro generale 245 del 2010, proposto da: Razzismo Stop Associazione Onlus, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Dell'Agnese, con […]

Ordinanza 22 marzo 2010, n.40

E’ rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli
articoli 2, 3, 5, 6, 8, 13, 16, 17, 18, 21, 23, 24, 41, 49, 70, 76,
77, 97,113, 117 e 118 della Costituzione, la questione di legittimità
costituzionale dell’articolo 54, comma 4, del Dlgs. 18 agosto 2000,
n. 267, come modificato dal decreto legge 23 maggio 2008, n. 92,
convertito, con modificazioni, in legge 24 luglio 2008, n. 125, nella
parte in cui ha inserito la congiunzione “anche” prima delle
parole “contingibili ed urgenti”. Secondo l’attuale formula,
infatti, Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta “con atto
motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei
principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di
eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la
sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono
preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della
predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro
attuazione” . Per effetto della legge di conversione è stato
pertanto attribuita al Sindaco, accanto al tradizionale potere di
adottare provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed
eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini,
la possibilità di adottare ordinanze anche non contingibili ed
urgenti (nel caso di specie, l’ impugnatava riguarda una ordinanza
comunale di divieto dell’accattonaggio su tutto il territorio
comunale, compresi una serie di luoghi puntualmente indicati: le
intersezioni stradali, l’interno delle aree adibite a
parcheggio, le zone in prossimità di luoghi di culto e di cimiteri,
gli ingressi di esercizi commerciali o di uffici pubblici).

Legge regionale 10 novembre 2009, n.52

L.R. Liguria 10 novembre 2010, n. 52: "Norme contro le discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale o dall'identita' di genere". (in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 38 del 25 settembre 2010 ) Art. 1. (Finalità) 1. La Regione Liguria adotta, in attuazione dell'articolo 3 della Costituzione, politiche finalizzate a consentire a ogni persona la libera espressione e […]