Sentenza 27 luglio 1992, n.368
Il limite stabilito dall’art. 21 Cost. al diritto di libera
manifestazione del pensiero, non può essere interpretato nel senso di
estendere la protezione del “buon costume” anche a condotte prive di
offensività sociale rispetto ai valori costituzionalmente tutelati
con il “buon costume” stesso. In particolare la contrarietà al
sentimento del pudore non dipende dall’oscenità di atti o di oggetti
in sè considerata, ma dall’offesa che può derivarne al pudore
sessuale, considerato il contesto e le modalità in cui quegli atti e
quegli oggetti sono compiuti o esposti: sicchè non può riconoscersi
tale capacità offensiva ad atti o ad oggetti che, pur avendo in sè
un significato osceno, si esauriscono nella sfera privata o possano
essere conosciuti solo da chi ne faccia richiesta. Non è fondata,
pertanto, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 528
c.p., che punisce la detenzione di materiale pornografico allo scopo
di farne commercio.