Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 25 giugno 2007, n.4266

Non è condivisibile la sussumibilità nel reato, di cui all’art. 674
c.p. (Getto pericoloso di cose), del fenomeno dell’inquinantento
elettromagnetico. Ci si trova, infatti, di fronte ad una lacuna
legislativa, che non può essere colmata con una interpretazione
analogica, rectius con una applicazione analogica quale sarebbe quella
volta ad affermare la riconducibilità dell’inquinamento
elettromagnetico nel paradigma punitivo dell’art. 674 c.p.. Del resto,
anche a voler dilatare al massimo l’estensione del concetto di “cosa”,
ricomprendendovi anche le onde elettromagnetiche, rimane il fatto che
esse non sono elementi di immediata percezione e suscettibili di
essere gettati o versati in un luogo di pubblico transito o in un
luogo privato, ma di comune o di altrui uso; donde l’impossibilità,
senza violare il principio costituzionale di legalità (art. 25 co. 2
Cost., art. 1 c.p.), di estendere agli stessi la portata della norma
incriminatrice.

Sentenza 20 ottobre 2005, n.20320

In tema di responsabilità, del medico per omessa diagnosi di
malformazioni del feto e conseguente nascita indesiderata, il
risarcimento dei danni che costituiscono conseguenza immediata e
diretta dell’inadempimento del ginecologo alla obbligazione di natura
contrattuale gravante su di lui, spetta non solo alla madre, ma anche
al padre. Ciò deriva infatti dal complesso di diritti e doveri che,
secondo l’ordinamento, si incentrano sul fatto della procreazione, non
rilevando, in contrario, che sia consentito solo alla madre – e non al
padre – la scelta in ordine all’interruzione della gravidanza,
poichè, sottratta alla madre la possibilità di scegliere a causa
dell’inesatta prestazione del medico, gli effetti negativi del
comportamento di quest’ultimo si riflettono anche sul padre del
concepito. Oltre alla madre, dunque, anche il padre deve perciò
ritenersi tra i soggetti “protetti” dal contratto medico e, quindi,
tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta può
qualificarsi come inadempimento, con tutte le relative conseguenze sul
piano risarcitorio.

Ordinanza Presidenza Consiglio Ministri 25 febbraio 2005, n.3405

Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ordinanza 25 febbraio 2005, n. 3405: “Disposizioni urgenti di protezione civile dirette a fronteggiare i danni conseguenti agli eventi alluvionali, verificatisi i giorni 31 ottobre e 1° novembre 2004 nel territorio della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia”. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (omissis) Art. 4. 1. Il commissario delegato è […]

Legge 05 giugno 2003, n.307

Svezia. Legge n. 307, del 5 giugno 2003 ” The Prohibition of Discrimination Act”. The purpose of the Act Section 1. The purpose of this Act is to combat discrimination associated with one of the following grounds for discrimination: ethnic origin, religion or other belief, sexual orientation or disability. Other provisions prohibiting discrimination Section 2 […]

Regolamento 26 giugno 2003, n.1660

Regno Unito. Regolamento 26 giugno 2003, n. 1660: “The Employment Equality (Religion or Belief) Regulations 2003”. (Omissis) PART 1 GENERAL Citation, commencement and extent 1. (1) These Regulations may be cited as the Employment Equality (Religion or Belief) Regulations 2003, and shall come into force on 2nd December 2003. (2) These Regulations do not extend […]

Sentenza 21 ottobre 2000, n.13923

L’indennizzo ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie,
trasfusioni ed emoderivati, di cui alla legge n. 210 del 1992, ha
natura non già risarcitoria, bensì assistenziale in senso lato,
riconducibile agli art. 2 e 32 Cost. ed alle prestazioni poste a
carico dello Stato sociale in ragione del dovere di solidarietà
sociale, tant’è che esso è alternativo alla pretesa risarcitoria
volta ad ottenere l’integrale risarcimento dei danni sofferti in
conseguenza del contagio, ove sussista una colpa delle strutture del
S.s.n.. Pertanto le controversie aventi ad oggetto la spettanza di
tale indennità rientrano in quelle previste dall’art. 442 c.p.c..

Sentenza 23 gennaio 2002, n.627/98 R.G. A

Ai fini della quantificazione, necessariamente equitativa, del danno
non patrimoniale derivante da pubblicazioni diffamatorie, subito da un
soggetto dotato di personalità giuridica, quale la
Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, occorre avere riguardo
alla notorietà dell’autore dell’articolo, alla
gravità dell’offesa, alla intensità
dell’elemento psicologico, alla diffusione della pubblicazione
ed alle concrete modalità di esposizione dei fatti. In
particolare, il diritto di critica viene ampiamente travalicato e si
trasforma in aperta contumelia, laddove vengano utilizzate espressioni
provocatorie e volutamente offensive, senza alcuna argomentazione di
natura teologica e filosofica a sostegno delle argomentazioni
dell’articolista (Nel caso di specie, quantificazione in sede
civile dei danni subiti dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di
Geova, in forza di pronuncia penale dichiarativa della sussistenza del
reato di diffamazione).
Infondata appare invece la domanda di
manleva presentata nei confronti della Parrocchia e della Diocesi
(essendo tale articolo stato pubblicato – nella fattispecie in
questione – su di un bollettino parrocchiale). Da un lato,
infatti, si deve precisare come la Parrocchia, ente ecclesiastico
civilmente riconosciuto, non è tenuta a rispondere delle
attività compiute dal Parroco, che ne ha la legale
rappresentanza, al di fuori di quelle attività previste dal
Codice di diritto canonico e di cui ai cann. 519-534. Dunque –
nel caso di specie – avendo il Parroco agito al di fuori di
detti canoni (ponendo in essere una attività illecita), la
Parrocchia non può essere ritenuta in alcun modo responsabile.
Dall’altro lato, va parimenti rilevato come non possa essere
attribuita alcuna responsabilità neppure alla Diocesi, posto
che delle attività compiute dal Parroco, quale legale
rappresentante della Parrocchia, non risponde la Diocesi, ma – come
anticipato – la Parrocchia nei limiti dei canoni di cui si è
detto sopra e che sono stati nella specie superati.

Sentenza 14 febbraio 1995

Deve essere rigettata la domanda di colui il quale, avendo celebrato
matrimonio secondo il rito islamico (non destinato a produrre effetti
giuridici nell’ordinamento francese), sul presupposto
dell’intervenuta interruzione della convivenza, richieda il
risarcimento dei danni derivanti dalla rottura del “concubinaggio” e
non offra la dimostrazione della responsabilità della sposa per la
rottura medesima.