Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 08 maggio 2009, n.151

E’costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «ad un
unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre», l’art.
14, comma 2, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=1026] (Norme in
materia di procreazione medicalmente assistita). La previsione della
creazione di un numero di embrioni non superiore a tre, in assenza di
ogni considerazione delle condizioni soggettive della donna che, di
volta in volta, si sottopone alla procedura di procreazione
medicalmente assistita, si pone infatti in contrasto con l’art. 3
Cost. sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di
quello di uguaglianza; nonché con l’art. 32 Cost., per il pregiudizio
alla salute della donna, ed eventualmente del feto, ad esso connesso.
Le raggiunte conclusioni, che introducono una deroga al principio
generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell’art.
14, quale logica conseguenza della caducazione nei limiti indicati del
comma 2, comportano inoltre la declaratoria di incostituzionalità del
comma 3, dell’art. 14 nella parte in cui esso non prevede che il
trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile,
debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna.

Ordinanza 26 agosto 2008

Tribunale di Firenze. Ordinanza 23-26 agosto 2008: “Sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 2, 3 e 4, e dell’art. 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»”. (G.U. n. 50 del 3 dicembre 2008) IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva che precede (udienza 11 […]

Ordinanza 11 luglio 2008, n.323

E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita’ costituzionale dell’art. 14, commi 1 e 2, legge n.
40/2004, per contrasto, quanto ai commi 1 e 2 dell’art. 14 cit., con
gli artt. 3 e 32, primo e secondo comma Cost. e dell’art. 6, comma 3,
ultima parte, legge n. 40/2004, per contrasto con l’art. 32, secondo
comma Cost., nella parte in cui impongono il divieto di
crioconservazione degli embrioni soprannumerari, la necessarieta’
della creazione di massimo tre embrioni nonche’ la necessarieta’
dell’unico e contemporaneo impianto di embrioni comunque non superiori
a tre, e laddove prevedono la irrevocabilita’ del consenso da parte
della donna all’impianto in utero degli embrioni creati.

Sentenza 21 gennaio 2008, n.398

Fermo il generale divieto di sperimentazione su ciascun embrione
umano, la legge n. 40 del 2004 consente la ricerca, la sperimentazione
e gli interventi necessari per finalità terapeutiche e diagnostiche,
se volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione,
ladddove le Linee Guida riducono invece questa possibilità alla sola
osservazione (“E’ proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità
eugenetica. Ogni indagine relativo allo stato di salute degli embrioni
creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, dovrà essere
di tipo osservazionale”). Tale ultima previsione si rivela
illegittima, posto che le previsioni suddette sono contenute in un
atto amministrativo di natura regolamentare, di provenienza
ministeriale, le cui finalità consistono nel potere di dettare la
disciplina delle procedure e delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita e non in quello di intervenire, positivamente,
sull’oggetto della procreazione medicalmente assistita, che rimane
consegnata alla legge. La previsione si rivela, pertanto, illegittima
incorrendo nel vizio di eccesso di potere con il conseguente suo
annullamento.

Ordinanza 16 luglio 2007, n.574

Appare non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13 n. 2 della legge 19 febbraio 2004 n. 40,
nella parte in cui non consente di accertare, mediante la diagnosi
preimpianto, se gli embrioni da trasferire nell’utero della donna
ammessa alla procedura di procreazione medicalmente assistita siano
affetti da malattie genetiche, di cui i potenziali genitori siano
portatori, quando l’omissione di detta diagnosi implichi un accertato
pericolo grave ed attuale per la salute psico-fisica della donna.

Sentenza 24 settembre 2007

L’art. 6 della legge n. 40/2004 stabilisce che prima del ricorso
“e altresì in ogni fase di applicazione delle tecniche di
procreazione medicalmente assistita” il medico debba informare in
maniera dettagliata i soggetti che alle tecniche medesime abbiano
avuto legittimo accesso “sui possibili effetti collaterali sanitari
e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse,
sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti”.
Il successivo art. 14 della legge precisa ed integra la disposizione
di cui all’art. 6 prevedendo, in capo ai soggetti che abbiano avuto
accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il
diritto di essere informati sul numero e, su loro esplicita richiesta,
“sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire
nell’utero” (art. 14, 5° comma). Nell’ottica del consenso
informato, dunque, non può seriamente dubitarsi che l’impianto in
utero dell’embrione prodotto in vitro integri un trattamento
sanitario e che pertanto debba essere preceduto da una adeguata
informazione su tutti gli aspetti rilevanti, compreso il numero e lo
stato di salute degli embrioni destinati all’impianto. Negare
l’ammissibilità della diagnosi preimpianto anche quando sia stata
richiesta ai sensi dell’art. 14 della legge significherebbe dunque
rendere impossibile una adeguata informazione sul trattamento
sanitario da eseguirsi, indispensabile invece sia nella prospettiva di
una gravidanza pienamente consapevole, consentendo ai futuri genitori
di prepararsi psicologicamente ad affrontare eventuali problemi di
salute del nascituro, sia in funzione della tutela della salute
gestazionale della donna. Deve dunque ritenersi possibile la
praticabilità della diagnosi preimpianto quando la stessa risponda
alle seguenti caratteristiche: sia stata richiesta dai soggetti
indicati nell’art. 14, 5° comma, della l. n. 40/2004; abbia ad
oggetto gli embrioni destinati all’impianto nel grembo materno
(destinazione che, ad esempio, deve invece ritenersi esclusa per gli
embrioni che si trovino in stato di crioconservazione in attesa di
estinzione); sia strumentale all’accertamento di eventuali malattie
dell’embrione e finalizzata a garantire a coloro che abbiano avuto
legittimo accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita
una adeguata informazione sullo stato di salute degli embrioni da
impiantare.

Sentenza 28 marzo 2007, n.1437

Gli interventi non motivati ed irrispettosi dei termini, di cui alla
legge n. 1034 del 1971, ledono il diritto al contraddittorio e violano
il principio dell’equo processo, determinando così, inevitabilmente,
il rinvio della causa al giudice di primo grado.

Risoluzione 19 luglio 2006, n.4

Senato. Risoluzione (6-00004) del 19 luglio 2006, n. 4 Il Senato, premesso che: il Settimo Programma quadro ha l’obiettivo di costruire uno spazio europeo della ricerca che si affermi come punto di eccellenza nel mondo, per rafforzare crescita e occupazione in una economia globalizzata; per questo è necessario sostenere, connettere e mobilitare tutti i punti […]

Sentenza 09 maggio 2005, n.3452

L’art. 13 della legge n. 40 del 2004 vieta qualsiasi sperimentazione
su embrioni umani e consente, in particolare, la ricerca clinica e
sperimentale soltanto per finalità terapeutiche e diagnostiche –
volte alla tutela della salute ed allo sviluppo dell’embrione –
qualora non siano possibili metodologie alternative. Le Linee guida
ministeriali prevedono invece unicamente al riguardo l’indagine
osservazionale, basata cioè sull’esame al microscopio di eventuali
anomalie di sviluppo dell’embrione creato in vitro, ponendo il
divieto della diagnosi preimpianto a finalità eugenetica. Sul punto,
non può tuttavia considerarsi sussistente alcuna difformità tra le
previsioni considerate, sebbene la legge n. 40/2004 sembri “prima
facie” dotata di una portata di applicazione più ampia rispetto al
provvedimento ministeriale. Infatti, considerato che non esistono
ancora terapie geniche che permettano di curare un embrione malato,
con possibile incidenza sullo stato di salute del medesimo, la
diagnosi preimpianto invasiva non può che concernere le sole qualità
genetiche dello stesso embrione senza alcuna diretta finalità
terapeutica. Dunque, essendo questo, ad oggi, lo stato dell’arte
medica, il divieto di diagnosi preimpianto risulta coerente con la
legge n. 40 ed, in particolare, con quanto prescritto dall’art. 13,
II comma.