Sentenza 02 febbraio 2006, n.510
L’art. 121, ultimo comma del Tulps (approvato con RD n. 773/41)
vieta espressamente il mestiere di ciarlatano e l’art. 231 del
relativo regolamento d’esecuzione, approvato con R.D. n. 635/40,
chiarisce – ai fini dell’applicazione del divieto sancito
dall’art. 121 – che sotto la denominazione di “mestiere di
ciarlatano” va compresa ogni attività diretta a speculare
sull’altrui credulità o a sfruttare od alimentare l’altrui
pregiudizio, ed esemplifica – quali mestieri che possono rappresentare
l’indice di ciarlataneria – «gli indovini, gli interpreti di sogni,
i cartomanti, coloro che esercitano giochi di sortilegio, incantesimi,
esorcismi, o millantano o affettano in pubblico grande valentia nella
propria arte o professione, o magnificano ricette e specifici, cui
attribuiscono virtù straordinarie o miracolose». Tale elencazione
non esaurisce tutte le ipotesi di ciarlataneria, ma è meramente
esemplificativa, con la conseguenza che è necessaria un’approfondita
analisi della fattispecie concreta per verificare se tale attività si
sostanzi in un effettivo abuso della credulità popolare e
dell’ignoranza.