Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 15 dicembre 2009

La ricorrente, un’addetta ai registri dello stato civile,
rifiutava di registrare civil-partnerships; in seguito al suo
licenziamento ha lamentato una discriminazione indiretta nei suoi
confronti, derivante da una legge dello Stato che sarebbe di carattere
neutro e applicabile a tutti e non terrebbe conto delle
“obiezioni” di natura religiosa alle registrazioni delle
unioni civili. La richiesta neutra da parte dello Stato circa lo
svolgimento di pubbliche funzioni è giustificata e il carattere
indirettamente discriminatorio escluso. Il trattamento sfavorevole,
peraltro, non sarebbe fondato sulla religione ma sarebbe derivante
dall’atteggiamento di ostilità della ricorrente verso
comportamenti relativi (anche) all'orientamento sessuale. La
manifestazione del proprio credo non sempre riceve tutela: dal momento
in cui una legge dello Stato prevede le unioni civili (anche tra
persone dello stesso sesso), un pubblico funzionario non può
rifiutare di svolgere la propria professione affermando di essere
contrario, per motivi religiosi, a quella legge .

In
OLIR.it:
Employment Appeal Tribunal, sentenza
18 dicembre 2008, London Borough of Islington v. Miss Ladele

Legge 23 novembre 1999

Personal Data Protection Act (Wet bescherming persoonsgegevens). Rules for the protection of personal data. REVISED BILL (as approved by the Lower House on 23 November 1999) (UNOFFICIAL TRANSLATION; source: legislationline.org) We, Beatrix, by the grace of God, Queen of the Netherlands, Princess of Orange-Nassau, To all those who read or hear this, We greet you […]

Sentenza 28 novembre 2007

Tra i tentativi di salvare le tradizioni inglesi e scozzesi sulla
caccia (dopo che determinate pratiche, in primis la famosissima caccia
alla volpe, sono state vietate da alcune recenti leggi sulla
protezione degli animali), v’è stato chi ha equiparato l’attività
venatoria ad una vera e propria credenza religiosa. Appellandosi agli
articoli 8, 9, 10, 11 e 14 della CEDU, i ricorrenti hanno sostenuto
che l’averli privati della possibilità di andare a caccia secondo le
modalità solitamente praticate avrebbe integrato una violazione sia
del diritto ad avere e praticare una credenza (in particolare: le
“convinzioni” su come esercitare la caccia; le pratiche svolte, ad es.
l’indossare gli abiti tradizionali, e così via, tutti aspetti che
secondo i ricorrenti sono riconducibili ad un “non-religious belief”),
sia del diritto alla vita privata e familiare (ex art. 8 CEDU), ovvero
del diritto ad esprimere le caratteristiche di un particolare gruppo
“culturale”, nonché del diritto ad associarsi liberamente per
perseguire le finalità della caccia. La House of Lords ha deciso che
nessuno di questi diritti è stato violato dalle leggi sulla
protezione degli animali: la caccia, infatti, non sarebbe equiparabile
ad una religione, né i cacciatori ad un “gruppo etnico” o culturale
protetto dall’art. 8 CEDU.

Legge 17 dicembre 1992, n.2054-XII

Legge 17 Dicembre 1992, n. 2054-XII. “Law of the Republic of Belarus On Freedom of Conscience and Religious Organisations”. [as emended by the Law of the Republic of Belarus No. 137-Z of October 31, 2002] The present Law regulates legal relationships in the sphere of the human and civil rights to freedom of conscience and […]

Decreto Presidenza Consiglio Ministri 14 marzo 1997

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Commissione consultiva per la libertà religiosa, 14 marzo 1997. Il Presidente del Consiglio dei Ministri Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, Decreta Art.1 1. E’ istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri la commissione consultiva […]

Sentenza 04 maggio 1995, n.149

L’asimmetria sussistente nell’ordinamento quanto alla differente
tutela accordata alla liberta’ di coscienza del testimone nel processo
penale e in quello civile manifesta un’irragionevole disparita’ di
trattamento in relazione alla protezione di un diritto inviolabile
dell’uomo, la liberta’ di coscienza, che, come tale, esige una
garanzia uniforme o, almeno omogenea nei vari ambiti in cui si
esplica. Pertanto al fine di assicurare tale pari tutela al valore
della liberta’ di coscienza riguardo all’obbligo del testimone di
impegnarsi a dire la verita’, si impone l’estensione all’art. 251,
secondo comma, cod. proc. civ. della disciplina e della formula
previste dall’art. 497, secondo comma, cod. proc. pen., – assunte dal
giudice rimettente a ‘tertium comparationis’ – le quali sono scevre da
qualsiasi riferimento a prestazioni di giuramento. Del resto, anche se
il particolare profilo sottoposto al presente giudizio non consente di
oltrepassare i confini del giuramento del testimone e di affrontare il
problema del giuramento in generale (anche alla luce dell’art. 54
della Costituzione), non e’ senza significato sottolineare che la
soluzione prescelta dal legislatore per il processo penale rappresenta
un’attuazione del “principio supremo della laicita’ dello Stato, che
e’ uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta
costituzionale della Repubblica”: principio che – come la Corte ha
affermato – “implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle
religioni, ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della liberta’
di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale”.