Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Regio decreto 30 giugno 1889, n.6133

Codice penale Zanardelli approvato con Regio Decreto 30 giugno 1889 n. 6133 (pubblicato in Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, Stamperia Reale, Roma, 1889 n. 6133). Entrato in vigore il 1 gennaio 1890. Abrogato con Regio Decreto 1930 n. 1398 (pubblicato in G.U. 26 ottobre 1930 n. 251), con effetto dal […]

Sentenza 01 ottobre 2001

L’art. 404 c.p. punisce l’offesa alla religione commessa “mediante
vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al
culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto”.
Sin da epoca risalente, l’elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale individua le cose che “formano oggetto di culto”
in quelle verso cui il culto si tributa, la quali sono pertanto
adorate ed oggetto di preghiera per il fatto di rappresentare o
simboleggiare l’essenza divina: si tratta delle immagini sacre, del
crocifisso, ecc. La natura mobile o immobile, la commerciabilità o
meno delle cose, l’avvenuta consacrazione o benedizione delle stesse
sono invece indifferenti, < > – secono la dottrina – <>. Tra le
“cose consacrate al culto” vengono ricomprese quelle (chiese,
altari, calici, tabernacoli, ecc.) che hanno ricevuto il particolare
atto rituale della consacrazione del vescovo o benedizione del
sacerdote, atto che sottrae la cosa ad ogni uso profano o improprio.
Infine, “cose necessariamente destinate all’esercizio del culto”
sono quelle che, non appartenenti alle altre due categorie, sono
comunque necessarie per lo svolgimento della liturgia o del rito sacro
(paramenti, stendardi, ceri, ecc.). Secondo la pacifica
interpretazione della dottrina, inoltre, il vilipendio può essere
commesso non solo con atti materiali, ma anche con parole o qualunque
altro mezzo idoneo; è invece imprescindibile che la condotta sia
posta in essere direttamente sopra o verso la cosa in questione, e
comunque in sua presenza. Nell’accertamento della sussistenza del
reato di cui all’art. 404 c.p. non può dunque in alcun modo
prescindersi dalla presenza – quale oggetto della condotta di
vilipendio – di una cosa che sia realmente ed effettivamente oggetto
di culto o consacrata, ovvero destinata all’esercizio del culto, con
l’ulteriore precisazione, quanto a tale ultima categoria, che detta
destinazione sia attuale e non solo possibile. (Nel caso di specie,
concernente la produzione cinematografica dal titolo “Totò che
visse due volte”, non è stata dimostrata la riconducibilità di
alcuno degli oggetti impiegati nelle riprese – croci, statue, edicole
votive, ecc. – all’una o all’altra delle categorie di “cose”
di cui all’art. 404, nel senso tecnico sopra precisato, ma queste
ultime sono per contro risultate oggetti fabbricati durante la
produzione ovvero noleggiati presso negozi specializzati).