Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 17 marzo 2009, n.6441

La nozione di “familiare”, risultante dal combinato disposto degli
articoli 29 e 30 d.lgs. n. 286 del 1998, non può essere ampliata, al
fine di ricomprendervi anche i soggetti legati da una stabile
relazione affettiva, realizzata attraverso una convivenza di tipo non
matrimoniale registrata o attestata, per effetto dell’art. 12 della
“Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali” o alla luce dell’art. 9 della Carta di Nizza
(parte integrante del trattato di Lisbona, ratificato dall’Italia
l’8 agosto 2008). Se è vero, infatti, che la formulazione del
citato art. 9, da un lato, conferma l’apertura verso forme di
relazioni affettive di tipo familiare diverse da quelle fondate sul
matrimonio e, dall’altro, non richiede più come requisito
necessario per invocare la garanzia dalla norma stessa prevista la
diversità di sesso dei soggetti del rapporto, resta fermo che anche
tale disposizione, così come l’art. 12 CEDU, rinvia alle leggi
nazionali per la determinazioni, delle condizioni per l’esercizio
del diritto, con ciò escludendo sia il riconoscimento automatico di
unioni di tipo familiare diverse da quelle previste dagli ordinamenti
interni, sia l’obbligo degli stati membri di adeguarsi al pluralismo
delle relazioni familiari non necessariamente eterosessuali (nel caso
di specie, veniva respinto il ricorso di un cittadino neozelandese
richiedente il permesso di soggiorno per motivi familiari, in forza
dell’avvenuto riconoscimento, da parte delle autorità competenti del
Paese di origine, della sua qualità di partner de facto di un
cittadino italiano).

Sentenza 27 agosto 2007, n.2786

La famiglia anagrafica è nozione ben distinta da quella di famiglia
c.d. “nucleare” o “civile”, ossia composta da persone unite in
matrimonio con effetti civili riconosciuti, con la conseguenza che la
famiglia anagrafica e la famiglia nucleare o civile possono anche non
coincidere. Secondo l’art. 4 del D.P.R. 223 del 1989, infatti,
“agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di
persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità,
adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora
abituale nello stesso comune”. La distinzione concettuale tra
famiglia nucleare e famiglia anagrafica è stata in particolare
ribadita dal Consiglio di Stato, Sez. V, (sentenza 13 luglio 1994 n.
770), che evidenziato come mentre la famiglia anagrafica è istituto
giuridico esclusivamente finalizzato alla “raccolta sistematica
dell’insieme delle posizioni” relative alle persone che hanno
fissato nel Comune la propria residenza (cfr. art. 1 D.P.R. 223 del
1989 cit.), la nozione giuridica di famiglia “nucleare” , ossia
componibile da genitori e da figli, risulta presupposta e tutelata nel
nostro ordinamento interno dagli artt. 29, 30 e 31 Cost., dagli artt.
144 e 146 c.c. e dall’art. 570 c.p., e – sotto il profilo della
necessaria conformazione dell’ordinamento medesimo “alle norme del
diritto internazionale generalmente riconosciute” (lo ius gentium
richiamato dall’art. 10, primo comma, Cost.) – anche dall’art. 12
della predetta Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
dall’art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre
1948, nonché dall’art. 10 del Patto internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali reso a sua volta esecutivo
nell’ordinamento italiano con L. 25 ottobre 1977 n. 881. Ciò
rilevato, occorre sottolineare che se – da un lato – l’art. 33,
comma 1, del D.P.R. 223 del 30 maggio 1989 dispone che
“l’Ufficiale dell’anagrafe rilascia a chiunque ne faccia
richiesta, fatte salve le limitazioni di legge, i certificati
concernenti la residenza e lo stato di famiglia”, dall’altro, il
comma 2 dello stesso articolo dispone che “ogni altra posizione
desumibile dagli atti anagrafici, […] può essere attestata o
certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di
pubblico interesse, dall’ufficiale di anagrafe d’ordine del
Sindaco”. In questo senso, l’Amministrazione Comunale può,
mediante propri provvedimenti di carattere generale conseguenti ad una
valutazione degli spazi di discrezionalità ad essa lasciati liberi
dalla sovrastante disciplina di fonte statuale, impiantare nel proprio
ambito territoriale un “sistema” finalizzato ad attestare,
integrando con propri modelli la modulistica anagrafica standard
predisposta dall’Amministrazione Statale, la sussistenza di una
famiglia anagrafica costituita da persone legate da vincoli affettivi,
così come liberamente dichiarata dai medesimi interessati all’atto
della costituzione ovvero della variazione della famiglia medesima.
Tuttavia, la dichiarazione resa in ordine alla sussistenza di vincoli
affettivi quale presupposto per la formazione di una famiglia
anagrafica non può essere oggettivamente riscontrata dall’Ufficiale
d’anagrafe e non può – quindi – che essere rimessa alla
dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficiale medesimo al
momento della costituzione ovvero del subentro della famiglia
anagrafica. Di qui, la conseguenza che la sussistenza dei vincoli in
questione non può, di per sé, formare oggetto di certificazione
anagrafica da parte della Pubblica Amministrazione, ai sensi
dell’art. 33, comma 1, e dell’art. 35 del D.P.R. 223 del 1989, ma
può soltanto essere attestata dalla Pubblica Amministrazione, ai
sensi dell’art. 33, comma 2, del medesimo D.P.R., sulla scorta della
stessa dichiarazione di colui che l’ha resa e che l’ha poi
confermata al momento della richiesta della relativa attestazione (Nel
caso di specie, la Corte adita ha ritenuto illegittimi i moduli
anagrafici predisposti dal Comune resistente, in quanto generanti il
possibile rischio di confusione tra il concetto di famiglia
“anagrafica” e di famiglia “nucleare”, nonchè in particolare il
modello recante l’attestazione di iscrizione nell’anagrafe della
popolazione, quale famiglia anagrafica costituita da persone
coabitanti legate da vincoli affettivi, formulato in via del tutto
generica, inducendo così a scambiare tale attestazione per un vero e
proprio certificato anagrafico)

Sentenza 28 febbraio 2007

Il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale è stato
riconosciuto, in più occasioni dalla giurisprudenza, in favore del
convivente more uxorio a seguito del decesso dell’altro convivente
(cfr. Trib. Roma, sentenza n. 9693 del 9 luglio 1991). Non vi è
pertanto alcun motivo per negare il diritto, a determinate condizioni,
al risarcimento di tale danno non patrimoniale, allorché la
convivenza riguardi, oltre alla coppia, anche il figlio di uno dei due
conviventi, con cui l’altro, pur non essendo genitore, abbia
instaurato un solido legame affettivo.

Legge 15 novembre 1999, n.944

Legge n° 99/944 15 novembre 1999: “Loi relative au pacte civil de solidarité relative au pacte civil de solidarité”. (in Journal Officiel de la République Francaise, 16 novembre 1999) L’Assemblée nationale et le Sénat ont délibéré, L’Assemblée nationale a adopté, Vu la décision du Conseil constitutionnel no 99-419 DC en date du 9 novembre 1999 […]

Disegno di legge 08 febbraio 2007

Il Consiglio dei Ministri ha esaminato e approvato, su proposta del
Ministro per i diritti e pari opportunità, Barbara Pollastrini, e del
Ministro delle politiche della famiglia, Rosy Bindi, un disegno di
legge in materia di diritti e doveri delle persone stabilmente
conviventi (DICO). Il provvedimento si pone l’obiettivo di tutelare
i soggetti più deboli nella convivenza, superando così disparità e
disuguaglianza tra cittadini. Nel rispetto degli art. 2 e 3 della
Costituzione, il disegno di legge chiarisce e precisa i diritti e i
doveri delle persone, anche dello stesso sesso, che hanno dato vita a
convivenze stabili, legate da vincoli affettivi, di solidarietà e
reciproca assistenza; pertanto le uniche limitazioni sono riferite
all’esistenza di vincoli matrimoniali, di parentela (in linea
retta), affinità, adozione e simili. Viene inoltre escluso che la
legge si applichi a chi coabiti in forza di un rapporto di lavoro. I
diritti riconosciuti e attribuiti dal disegno di legge, e i
conseguenti doveri, discendono dalla situazione di convivenza provata
mediante certificazione anagrafica, fatta salva la possibilità di
provare il contrario. Alcuni diritti – quali l’assistenza in caso
di malattia o ricovero dell’altro convivente, la possibilità di
prendere decisioni in materia di assistenza sanitaria o in caso di
morte, la riduzione dell’imposizione fiscale in caso di successione
testamentaria – sono immediatamente esercitabili; altri diritti –
la possibilità di successione legittima, le agevolazioni in materia
di lavoro o la possibilità di subentro nel contratto di locazione in
caso di morte o di cessazione della convivenza – sono invece legati
ad una durata minima, variamente determinata. Chi già convive potrà,
entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge, dimostrare che
la sua convivenza è iniziata prima, per l’esercizio di quei diritti
che presuppongono una durata minima (salvo quelli previdenziali, che
comunque saranno definiti in sede di riordino complessivo del
sistema). Fra i doveri, in ambito di una situazione di assistenza e
solidarietà materiale e morale, è espressamente previsto l’obbligo
di prestare gli alimenti in favore del convivente che versi in stato
di bisogno, al termine di una convivenza iniziata da almeno tre anni.
Nel rispetto dell’art. 29 della Costituzione e nella linea già
tracciata dalla giurisprudenza costituzionale, il disegno di legge non
prevede alcun nuovo istituto giuridico o strumento amministrativo che
possa ledere i diritti della famiglia o prefigurare istituti
paramatrimoniali. (fonte: comunicato stampa Presidenza del Consiglio)

Legge 2001, n.1229

Finlandia: Act on Registered Partnerships, 2001. (950/2001; amendments up to 1229/2001 included)(Unofficial translation) Ministry of Justice, Finland Chapter 1 — Registration of partnership Section 1 The partnership of two persons of the same sex and over 18 years of age may be registered as provided in this Act. Section 2 (I) Partnership shall not be […]

Sentenza 12 luglio 2006, n.15760

Il danno da morte dei congiunti (c.d. danno parentale) come danno
morale interessa la lesione di due beni della vita inscindibilmente
collegati, cioè il bene della integrità familiare, con riferimento
alla vita quotidiana della vittima con i suoi familiari, in relazione
agli art. 2, 3, 29, 30, 31, 36 Cost.; ed il bene della solidarietà
familiare, sia in relazione alla vita matrimoniale che in relazione al
rapporto parentale tra genitori e figli e tra parenti prossimi
conviventi, in relazione agli art. 2, 3, 29 e 30 Cost. L’attuale
movimento per la estensione della tutela civile ai PACS (patti civili
di solidarietà ovvero stabili convivenze di fatto) conduce appunto
alla estensione della solidarietà umana a situazioni di vita in
comune, e dunque – prima o poi – anche i “nuovi parenti” vittime
di rimbalzo lamenteranno la perdita del proprio caro (Nel caso di
specie, il danno parentale interessava invece una societas
stabilizzata con vincolo matrimoniale e discendenza legittima).

Legge autonomica 15 luglio 1998, n.10

Ley 10/1998 de 15 de julio 1998, “Ley catalana de uniones estables de pareja” El Presidente de la Generalidad de Cataluña Sea notorio a todos los ciudadanos que el Parlamento de Cataluña ha aprobado y yo, en nombre del Rey y de acuerdo con lo que establece el artículo 33.2 del Estatuto de autonomía de […]