Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Legge 02 agosto 2007, n.130

Legge 2 Agosto 2007, n. 130: “Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza” (testo in vigore dal 6 settembre 2007). (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n 194. del 22 agosto 2007) La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga […]

Legge 01 giugno 1961, n.512

Legge 1° giugno 1961, n. 512. “Statuto giuridico, avanzamento e trattamento economico del personale dell’assistenza spirituale alle Forze Armate dello Stato”. TITOLO I: Stato giuridico PARTE I: Disposizioni preliminari Art. 1 Il servizio dell’assistenza spirituale alle Forze armate dello Stato, istituito per integrare, secondo i principi della religione cattolica, la formazione spirituale delle Forze Armate […]

Sentenza 08 agosto 2006, n.4783

La legge 1° giugno 1961, n. 512, recante norme in materia di “Stato
giuridico, avanzamento e trattamento economico del personale
dell’assistenza spirituale alle Forze Armate dello Stato”, è
ispirata, nel rispetto del principio dell’indipendenza e della
sovranità reciproca dello Stato e della Chiesa, di cui all’articolo
8 della Costituzione, ad una netta separazione tra l’attività
riferibile direttamente all’ordinamento giuridico italiano (quale
l’ordinamento gerarchico dei cappellani, il loro trattamento
giuridico ed economico, la loro carriera, etc.) e quella attinente al
servizio spirituale in senso proprio, costituente espressione
dell’ordinamento della Chiesa Cattolica, cui appartengono i
sacerdoti (quali la designazione dell’Ordinario Militare, il
relativo nulla osta e la sua revoca per inidoneità, nonché il
giudizio per il passaggio al servizio permanente e tutte le eventuali
altre questioni che attengono alla direzione del servizio di
assistenza spirituale). Ciò premesso, dunque, pur potendosi ammettere
sindacato giurisdizionale sul provvedimento di collocamento in
congedo, tale sindacato risulta necessariamente limitato alla sola
legittimità estrinseca ovvero al controllo circa il rispetto del
procedimento fissato dalla legge italiana per l’adozione dell’atto
e alla verifica che, nella valutazione rimessa all’autorità
ecclesiastica, non si sia verificato un evidente travisamento dei
fatti, ma non può riguardare il merito del giudizio di inidoneità
dell’Ordinario Militare che sfugge invece a qualsiasi sindacato.

Sentenza 28 aprile 2005, n.6540

L’art. 22 del d.lgs. n. 151/2001, con formula generale ed
onnicomprensiva, espressamente dispone che i periodi di congedo
obbligatorio per maternità devono essere computati nell’anzianità di
servizio “a tutti gli effetti”, aggiungendo, al quinto comma, che
gli stessi periodi sono considerati, ai fini della progressione nella
carriera, come attività lavorativa, quando i contratti collettivi non
richiedano a tale scopo particolari requisiti. Allo stesso modo, per
il successivo art. 34, i periodi di congedo parentale di tipo
facoltativo sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli
effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla
gratifica natalizia. Non può, dunque, essere revocata in dubbio
l’astratta attitudine del congedo per maternità ad incidere, per
fictio iuris, sulla durata del rapporto di collaborazione spendibile
anche ai fini concorsuali (Nella fattispecie in esame un’insegnate di
religione veniva esclusa dal concorso riservato per esami e titoli a
posti di insegnante di religione cattolica, di cui aveva superato le
relative prove, perché considerata – non venendole computato il
periodo di congedo per maternità – non in possesso del requisito,
previsto dal bando di concorso, dell’avvenuta prestazione del servizio
di insegnamento della religione cattolica continuativo per almeno
quattro anni, nelle scuole statali o paritarie dall’anno scolastico
1993/1994 all’anno scolastico 2002/2003).

Sentenza 12 febbraio 2002, n.4893

La riammissione in servizio di un pubblico dipendente costituisce il
frutto di una valutazione ampiamente discrezionale della Pubblica
Amministrazione circa la rispondenza della reintegrazione del
dipendente alle esigenze dell’apparato burocratico, valutazione che
sfugge al sindacato di legittimità, purché non inficiata da vizi
logici. Stando così le cose, ne discende che il giudizio della
Commissione per il personale del ruolo degli agenti ed assistenti
della Polizia di Stato, di cui all’art.69 del D.P.R. 24 aprile 1982
n.335, non va valutato nel merito, bensì nella sua logicità. Da tale
punto di vista, deve, anzitutto, rilevarsi che la P.A. può certamente
escludere la riammissione in servizio di un ex dipendente che si
presenti quale “elemento instabile e con idee non molto chiare sul
proprio futuro”, giacché sarebbe nociva al servizio e contraria
all’interesse pubblico la riammissione di siffatti elementi fra le
file dei dipendenti pubblici, tanto più nel caso di appartenenti alla
Polizia di Stato. (Nel caso di specie l’Amministrazione, pertanto, ha
non illogicamente escluso la riammissione in servizio dell’ex
dipendente in questione in quanto instabile).

Sentenza 07 febbraio 2005, n.849

In ossequio al vigente impianto costituzionale relativo ai rapporti
tra Stato e Chiesa Cattolica, la Legge n. 512 del 1961 – nel
disciplinare lo Stato giuridico del personale dell’assistenza
spirituale alle Forze armate dello Stato – è partita dal postulato
dell’esistenza di due ordinamenti giuridici, quello statale e quello
canonico, fra loro paralleli e reciprocamente intersecantisi senza
prevalenza dell’uno sull’altro, nel tentativo riuscito di assicurare
una sostanziale autonomia degli atti e dei giudizi che si vengono via
via a formare nel corso dei procedimenti avviati da entrambe le
autorità. Al riguardo, in tema di designazione dei cappellani
militari, l’art. 17 della legge suddetta stabilisce che le nomine
siano effettuate con decreto da parte dell’amministrazione statale,
“previa designazione dell’Ordinario Militare”, e l’art. 26 prevede
inoltre, in ordine alle modalità di esercizio di tale potere, che
“l’Ordinario Militare o, per sua delega, il Vicario generale
militare, sulla base del rapporto informativo e di ogni altro elemento
a disposizione, compili, entro il mese di gennaio dell’anno
successivo, le note caratteristiche per ciascun cappellano militare
integrate da un giudizio complessivo espresso per le qualifiche di
ottimo, buono, mediocre, insufficiente”. Ai sensi di dette
disposizioni si può dunque escludere che il giudizio in questione sia
in qualche modo vincolato dalle valutazioni eventualmente operate
dall’amministrazione militare, in quell’ottica di “separazione
delle sfere di competenza tra autorità religiosa e statale” sopra
tratteggiata. Da tutto ciò consegue che il provvedimento di congedo a
tempo illimitato, fondato su argomentazioni di esclusiva competenza
dell’Ordinario Militare (il giudizio complessivo de qua), non possa
che risultare del tutto legittimo in quanto motivato in forza di un
diniego sulla cui validità ed efficacia l’amministrazione militare
non ha possibilità di interloquire.

Sentenza 08 luglio 2004, n.47491/99

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sentenza 8 luglio 2004: “Sert c. Turchia: Lamentata violazione degli artt. 9 e 13 della C.E.D.U. Inammissibilità del ricorso”. CONSEIL DE L’EUROPE. COUNCIL OF EUROPE COUR EUROPÈENNE DES DROITS DE L’HOMME EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS THIRD SECTION FINAL DECISION AS TO THE ADMISSIBILITY OF Application no. 47491/99 by Hasan […]

Legge 23 agosto 2004, n.226

Legge 23 agosto 2004, n. 226: “Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore”. (omissis) Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 Sospensione del servizio di leva 1. Il comma 1 dell’articolo 7 del decreto […]

Sentenza 28 gennaio 1998, n.11

La questione non è fondata, per erroneità del presupposto
interpretativo da cui muove il giudice rimettente. È da escludere
infatti che dall’applicazione dell’art. 8 possano legittimamente
sortire le conseguenze paventate dal giudice rimettente, in ragione
delle quali egli si è indotto a sollevare la presente questione di
costituzionalità. L’accoglimento di questa, tuttavia, presupporrebbe
una condizione che, nella specie, non si verifica, cioè che le
menzionate conseguenze applicative incostituzionali siano ascrivibili
alla legge denunciata e che quindi, al fine di evitarle, sia
necessario addivenire alla sua dichiarazione d’incostituzionalità. Il
giudice rimettente ritiene che il caso particolare sul quale è
chiamato a decidere rientri nella portata dell’ultimo comma dell’art.
8.