Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 17 febbraio 2010, n.899

Il riferimento, ai fini della maturazione del requisito di anzianità
di servizio, degli insegnamenti resi “nelle scuole statali e
paritarie”, previsto per la partecipazione a concorso riservato per
insegnanti di religione (decreto del Direttore Generale del Ministero
dell’Istruzione in data 2 febbraio 2004), non si configura
irragionevole – perché individua oltre alle scuole statali quelle che
ad esse sono parificate sulla base dei controlli pubblicistici
previsti dalla legge n. 62/2000 – ed è inoltre in linea con i
generali criteri di immissione in ruolo dei docenti precari, recepiti
dalla legge n. 124/1999, che a tal fine assumono a riferimento di
servizi prestati presso le scuole statali e in quelle ad esse
parificate. Atteso che il servizio prestato presso le scuole comunali
non rientra in tale ambito, esso non è dunque stato preso in
considerazione per l’accesso a detto concorso riservato.

Sentenza 14 aprile 2009, n.2262

Il meccanismo compartecipativo (tra Stato e Santa Sede) nella
selezione del personale cui affidare l’insegnamento della religione
cattolica, frutto di una scelta assunta in sede concordataria, è come
tale non solo non incompatibile con la Costituzione, ma alla stessa
pienamente aderente (lì dove viene costituzionalizzata la fonte
pattizia ai fini della regolazione dei rapporti tra stato e Chiesa,
art. 7 secondo comma). Del resto, il coinvolgimento dell’autorità
ecclesiastica nella scelta dei soggetti cui affidare l’insegnamento
della religione cattolica, lungi dal minare il principio di laicità
dello Stato, ovvero costituire un vulnus al principio di uguaglianza
tra tutte le religioni (art. 8 Cost.), rappresenta una scelta dettata
dalla necessità di individuare, nel rispetto degli accordi pattizi,
il personale che abbia le attitudini per svolgere il delicato compito
di insegnamento della religione cattolica, con ciò non risultando
irragionevole la scelta della istituzione, ad opera del legislatore
provinciale, di un ruolo degli insegnanti di religione al fine di
assolvere il servizio di docenza previo giudizio di idoneità da parte
dell’ordinario diocesano(l.p. n. 5/01). A questo proposito non è
irrilevante osservare che anche il legislatore statale (l.n. 186/03),
sia pur in epoca successiva a quella cui risale la contestata legge
provinciale n. 5/01, ha istituito due distinti ruoli che riguardano il
personale docente di religione cattolica. Con il che restando
confermato, sia pur indirettamente il rilievo secondo cui le modalità
a mezzo delle quali l’ordinamento statuale o locale appronta la
provvista dei docenti di religione cattolica per il disimpegno del
servizio di insegnamento non snaturano il modello di Stato laico
voluto dal Costituente, né accordano alla religione cattolica una
corsia preferenziale rispetto alle altre religioni, atteso che il
presidio contro tale rischio è ampiamente assicurato dalla
configurazione dell’insegnamento stesso in termini di “non-obbligo”
per la platea dei discenti, come messo in luce dalla Corte
Costituzionale fin nella sentenza n. 203 del 1989.

Sentenza 14 aprile 2009, n.2260

La L.P. Trento 9 aprile 2001, n. 5
[https://www.olir.it/ricerca/index.php?Form_Document=2605] non è
costituzionalmente illegittima, con riferimento agli artt. 3, 7, 8, 20
e 33 della Costituzione, nella parte in cui istituisce posti a tempo
indeterminato per i docenti di religione cattolica (art. 1), nè in
quella recante i requisiti professionali e di servizio del personale
da immettere in ruolo in sede di prima applicazione della legge (art.
7). Al rigaurdo, occorre anzitutto come il principio della laicità
dello Stato non risulti pregiudicato dal riconoscimento
all’autorità ecclesiastica del potere di selezionare (attraverso il
riconoscimento della idoneità da parte dell’ordinario diocesano) il
personale da immettere in ruolo. Il meccanismo compartecipativo nella
selezione del personale cui affidare l’insegnamento della religione
cattolica è infatti frutto di una scelta assunta in sede
concordataria, come tale in sé non solo non incompatibile con la
Costituzione, ma alla stessa pienamente aderente. D’altra parte, il
coinvolgimento dell’autorità ecclesiastica nella scelta dei
soggetti cui affidare l’insegnamento della religione cattolica,
lungi dal minare il suindicato principio di laicità dello Stato,
ovvero costituire un vulnus al principio di uguaglianza tra tutte le
religioni (art. 8, comma 1 Cost.), rappresenta piuttosto una scelta
dettata dalla necessità di individuare, nel rispetto degli accordi
pattizi, il personale che abbia le attitudini per svolgere il delicato
compito di insegnamento della religione cattolica. Ancora, non appare
calzante nemmeno il profilo della ipotizzata lesione dell’art. 33
Cost., e del principio di libertà di insegnamento con esso
presidiato; viene da osservare, infatti, che detto principio conosce
la sua massima espressione proprio con riferimento all’insegnamento
della religione cattolica, considerato che la stessa, in quadro di
generale obbligarietà degli insegnamenti, si configura (proprio in
attuazione della modifica degli accordi concordatari) a guisa di
materia rinunciabile dagli allievi, peraltro senza alcun obbligo di
attendere ad insegnamenti sostitutivi. E, d’altra parte, su tale
configurazione particolare dell’insegnamento religioso non
interferisce la scelta del modello organizzatorio, e quindi la
disposta istituzione di un ruolo stabile dei docenti in luogo del
meccanismo degli incarichi annuali, proprio del precariato in cui
tradizionalmente venivano ad operare gli insegnanti di religione.
Peraltro, non è irrilevante osservare che anche il legislatore
statale (il riferimento è alla legge nazionale n. 186/03), sia pur in
epoca successiva a quella cui risale la contestata legge provinciale
n.5/01), ha istituito due distinti ruoli che riguardano il personale
docente di religione cattolica. Con il che restando confermato, sia
pur indirettamente, il rilievo secondo cui le modalità a mezzo delle
quali l’ordinamento statuale o locale appronta la provvista dei
docenti di religione cattolica per il disimpegno del servizio di
insegnamento non snaturano il modello di Stato laico voluto dal
Costituente, né accordano alla religione cattolica una corsia
preferenziale rispetto alle altre religioni, atteso che il presidio
contro tale rischio è ampiamente assicurato dalla configurazione
dell’insegnamento stesso in termini di non-obbligo per la platea dei
discenti, come messo in luce dalla Corte Costituzionale fin nella
sentenza n. 203 del 1989.
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IN TERMINI ASSOLUTAMENTE CONFORMI SI V. CONSIGLIO DI STATO, SEZIONE
VI, SENTENZE 14 APRILE 2009, NN. 2261, N. 2262 E 2263; NONCHÈ 20
APRILE 2009, NN. 2368, 2369, 2370 E 2371

Sentenza 17 febbraio 2009, n.897

Ai fini della formazione della graduatoria a posti di insegnante di
religione, relativa al concorso riservato, per titoli ed esami,
indetto con decreto dirigenziale in data 4 febbraio 2004, il diploma
di specializzazione in pedagogia religiosa non può essere ascritto al
punto B/2 lett. f) della relativa tabella di valutazione dei titoli,
che attribuisce due punti per il compimento del regolare corso di
studi teologici in un seminario maggiore. Infatti, il corso di studi
di pedagogia religiosa ha durata biennale e non può, quindi, essere
assimilato al compimento degli studi in seminario, che hanno durata di
cinque o sei anni.

Sentenza 13 marzo 2008, n.1082

Il d.p.r. 16.12.1985 n. 751 – al punto 4.4 lett. b) – stabilisce che
il titolo specifico per l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole materne ed elementari è il diploma di istituto
magistrale “unito all’attestato di idoneità dell’ordinario
diocesano”, ma che tale insegnamento può essere impartito anche da
“chi fornito di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia
conseguito almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze
religiose riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana”.
Dunque, posto che in questo secondo caso il titolo che abilita
all’insegnamento è il diploma di scienze religiose in aggiunta ad
altro diploma di scuola media superiore, appare legittima la
previsione – contenuta nel bando relativo al caso di specie – diretta
a dare una valutazione sino a 4 punti al solo diploma di scienze
religiose, con un punteggio aggiuntivo di 0,5 per l’altro diploma di
istruzione secondaria superiore, giacché tale diploma di scienze
religiose costituisce, in detta ipotesi, il titolo specifico richiesto
ai fini dell’insegnamento della religione cattolica.

Sentenza 14 maggio 2007, n.1482

Il Protocollo addizionale all’Accordo del 18 febbraio 1984 – al n. 5,
lett. a) – dispone che l’insegnamento della religione cattolica
nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado “è
impartito – in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto
della libertà di coscienza degli alunni – da insegnanti che siano
riconosciuti idonei dall’autorità ecclesiastica, nominati,
d’intesa con essa, dall’autorità scolastica”. Ciò premesso,
non pare dubbio dunque che, ai fini dell’eventuale partecipazione a
concorso riservato per l’insegnamento della religione cattolica, sia
necessario il possesso del riconoscimento di tale idoneità,
valutazione spettante esclusivamente alla Chiesa cattolica, secondo le
intese concordatarie raggiunte. Pertanto, in mancanza di ciò,
l’Autorità amministrativa italiana non può in ogni caso surrogarsi
all’Autorità ecclesiastica, anche qualora si supponga che
quest’ultima abbia indebitamente opposto un rifiuto
all’interessato. La procedura di revoca, infatti, è interna
all’ordine ecclesiastico, e l’eventuale violazione delle norme
canoniche non è sindacabile dall’Amministrazione civile, che si
deve limitare a prendere atto della mancanza del riconoscimento
stesso.

Sentenza 12 aprile 2007, n.1696

Ai sensi del D.P.R. 16.12.1985 n. 751 (punto 4.4 lett. b), il titolo
specifico per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole
materne e elementari è il diploma di istituto magistrale unito
all’attestato di idoneità dell’ordinario diocesano. Tale
insegnamento, inoltre, può essere impartito anche da “chi fornito
di altro diploma di scuola secondaria superiore, abbia conseguito
almeno un diploma rilasciato da un Istituto di scienze religiose
riconosciuto dalla Conferenza Episcopale italiana”. In questo
secondo caso – dove, a differenza del primo, il titolo che abilita
all’insegnamento è il diploma di scienze religiose, in aggiunta ad
altro diploma di scuola media superiore – appare legittima la
previsione, contenuta nel bando di concorso per l’insegnamento nelle
scuole pubbliche(D.D.G. del M.I.U.R. del 2 febbraio 2004), di dare una
valutazione sino a 4 punti al solo diploma di scienze religiose, con
un punteggio aggiuntivo di 0,5 per l’altro diploma di istruzione
secondaria superiore, giacché tale diploma di scienze religiose
costituisce il titolo per potere insegnare la religione cattolica.

Sentenza 19 giugno 2006, n.3574

La previsione contenuta nell’allegato 5 del bando di concorso di cui
al d.d.g. del 02.02.2004, per la copertura di posti di insegnanti di
religione, si configura coerente con la selezione dei titoli validi
per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole materne ed
elementari stabilita al punto 4.4. lett. b) del d.P.R. n. 751/1985, di
esecuzione dell’intesa fra Autorità Scolastica Italiana e C.E.I.
Stabilisce, infatti, l’art. 3, comma primo, della legge 18.07.2003,
n. 186 – istitutiva dei ruoli degli insegnanti di religione cattolica
– che costituiscono titoli valutabili ai fini dell’ accesso ai
ruoli predetti “quelli previsti dal punto 4 dell’intesa” fra
Autorità Scolastica Italiana e C.E.I. Il menzionato punto 4 mantiene
distinta la posizione degli insegnanti in possesso di “titolo di
studio valido per l’insegnamento nelle scuole materne” unito a
titolo idoneativo rilasciato dall’ Autorità ecclesiastica, rispetto
ai docenti “forniti di altro diploma di scuola secondaria
superiore” che abbiano conseguito almeno “un diploma rilasciato da
un Istituto in scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza
Episcopale Italiana”. Trattandosi, inoltre, di accesso a posti di
ruolo nella scuola elementare, non si configura irragionevole la
scelta dell’ Amministrazione, in relazione alla peculiarità dei
compiti didattici che vedono come destinatari allievi della scuola
primaria, di valorizzare ai fini della graduazione del punteggio il
livello di idoneità dimostrato in sede di conseguimento del diploma
di scuola magistrale.

Sentenza 26 gennaio 2006, n.226

L’art. 4, del DPR n. 751 del 16 dicembre 1985, richiamato dalla
successiva Legge n. 186/2003, prevede – al punto 4.4 – che, nella
scuola materna ed elementare l’insegnamento della religione
cattolica possa essere impartito dagli insegnanti del circolo
didattico che abbiano frequentato nel corso degli studi secondari
l’insegnamento della religione cattolica o, comunque, siano
riconosciuti idonei dall’ordinario diocesano; oppure da chi, fornito
di studio valido per l’insegnamento nelle scuole materne ed
elementari, sia in possesso dei requisiti di cui al primo comma del
punto 4.4. (cioè dell’attestazione di idoneità rilasciata
dall’ordinario diocesano) od da chi, fornito di altro diploma di
scuola secondaria superiore, abbia conseguito almeno un diploma di
Istituto in Scienze religiose riconosciuto dalla Conferenza episcopale
italiana. Presupposto indefettibile per l’accesso al concorso per
l’insegnamento della relgione nelle scuole materne ed elementari è
dunque il possesso del diploma magistrale, o comunque, di altro titolo
che abbia la stessa valenza, laddove il possesso del diploma di
scienze religiose permette esclusivamente di dimostrare la conoscenza
della religione cattolica, con la conseguenza che non può attribuirsi
valore equipollente al diploma magistrale ed a quello di scienze
religiose riguardando gli stessi due fattispecie diverse, sia in
termini di ”peso concorsuale”, sia in termini di conoscenze
presupposte. Nel caso, invece, in cui il candidato risulti in possesso
di altro diploma di scuola media superiore diverso dal Diploma
Magistrale, può giustificarsi la valutazione del solo diploma di
scienze religiose, dato che in tal caso la c.d. idoneità
all’insegnamento religioso non risulta derivante dal presupposto del
possesso del diploma magistrale, ma da altro titolo di per sé non
abilitante all’insegnamento nella scuola materna ed elementare che
lo diventa, quanto all’insegnamento della religione, perché unito
al diploma in scienze religiose.

Decreto Presidente Repubblica 22 dicembre 2004

Decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 2004: “Immissione in ruolo dei docenti di religione”. (da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 49 del 1 marzo 2005) Visto l’art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni; Visto l’art. 2 della legge 18 luglio 2003, n. 186, in base al quale […]