Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 11 maggio 2009, n.1074

Il nascituro o concepito risulta dotato di autonoma soggettività
giuridica perché titolare, sul piano sostanziale, di alcuni interessi
personali in via diretta, quali il diritto alla vita, il diritto alla
salute o integrità psico-fisica, il diritto all’onore o alla
reputazione, il diritto all’identità personale, rispetto ai quali
l’avverarsi della condicio iuris della nascita ex art. 1, 2° comma,
c.c. è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in
giudizio a fini risarcitori. Deve affermarsi, quindi, stante la
soggettività giuridica del nascituro sul piano personale, quale
concepito, il suo diritto a nascere sano ed il corrispondente obbligo
dei sanitari di risarcirlo per mancata osservanza sia del dovere di
una corretta informazione (ai fini del consenso informato) in ordine
alla terapia prescritta alla madre (e ciò in quanto il rapporto
instaurato dalla madre con i sanitari produce effetti protettivi nei
confronti del nascituro), sia del dovere di somministrare farmaci non
dannosi per il nascituro stesso. Non avrebbe invece quest’ultimo
avuto diritto al risarcimento qualora il consenso informato
necessitasse ai fini dell’interruzione di gravidanza (e non della
mera prescrizione di farmaci), stante nel nostro ordinamento la non
configurabilità del “diritto a non nascere se non sano”.

Sentenza 21 gennaio 2008, n.398

Fermo il generale divieto di sperimentazione su ciascun embrione
umano, la legge n. 40 del 2004 consente la ricerca, la sperimentazione
e gli interventi necessari per finalità terapeutiche e diagnostiche,
se volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione,
ladddove le Linee Guida riducono invece questa possibilità alla sola
osservazione (“E’ proibita ogni diagnosi preimpianto a finalità
eugenetica. Ogni indagine relativo allo stato di salute degli embrioni
creati in vitro, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, dovrà essere
di tipo osservazionale”). Tale ultima previsione si rivela
illegittima, posto che le previsioni suddette sono contenute in un
atto amministrativo di natura regolamentare, di provenienza
ministeriale, le cui finalità consistono nel potere di dettare la
disciplina delle procedure e delle tecniche di procreazione
medicalmente assistita e non in quello di intervenire, positivamente,
sull’oggetto della procreazione medicalmente assistita, che rimane
consegnata alla legge. La previsione si rivela, pertanto, illegittima
incorrendo nel vizio di eccesso di potere con il conseguente suo
annullamento.

Sentenza 28 marzo 2007, n.1437

Gli interventi non motivati ed irrispettosi dei termini, di cui alla
legge n. 1034 del 1971, ledono il diritto al contraddittorio e violano
il principio dell’equo processo, determinando così, inevitabilmente,
il rinvio della causa al giudice di primo grado.

Sentenza 09 maggio 2005, n.3452

L’art. 13 della legge n. 40 del 2004 vieta qualsiasi sperimentazione
su embrioni umani e consente, in particolare, la ricerca clinica e
sperimentale soltanto per finalità terapeutiche e diagnostiche –
volte alla tutela della salute ed allo sviluppo dell’embrione –
qualora non siano possibili metodologie alternative. Le Linee guida
ministeriali prevedono invece unicamente al riguardo l’indagine
osservazionale, basata cioè sull’esame al microscopio di eventuali
anomalie di sviluppo dell’embrione creato in vitro, ponendo il
divieto della diagnosi preimpianto a finalità eugenetica. Sul punto,
non può tuttavia considerarsi sussistente alcuna difformità tra le
previsioni considerate, sebbene la legge n. 40/2004 sembri “prima
facie” dotata di una portata di applicazione più ampia rispetto al
provvedimento ministeriale. Infatti, considerato che non esistono
ancora terapie geniche che permettano di curare un embrione malato,
con possibile incidenza sullo stato di salute del medesimo, la
diagnosi preimpianto invasiva non può che concernere le sole qualità
genetiche dello stesso embrione senza alcuna diretta finalità
terapeutica. Dunque, essendo questo, ad oggi, lo stato dell’arte
medica, il divieto di diagnosi preimpianto risulta coerente con la
legge n. 40 ed, in particolare, con quanto prescritto dall’art. 13,
II comma.