Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 22 settembre 2008, n.23934

La norma sull’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio
legittimo, anche in presenza di una diversa contraria volontà dei
genitori, desumibile dal sistema normativo, in quanto presupposta
dagli articoli 237, 262 e 299 c.c. nonché dall’art. 72, 1° comma del
r.d. n. 1238/1939 e ora, dagli articoli 33 e 34 d.p.r. n. 396 del
2000, oltre a non essere piu’ coerente con i principi
dell’ordinamento, che ha abbandonato la concezione patriarcale della
famiglia, e con il valore costituzionale dell’eguaglianza tra uomo e
donna, si pone contrasto con alcune norme di origine sopranazionale,
tra cui in particolare, l’art. 16, 1° comma lettera g) della
Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei
confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979,
ratificata e resa esecutiva con legge 14 marzo 1958, n. 132, che
impegna gli Stati contraenti ad adottare tutte le misure adeguate per
eliminare la discriminazione nei confronti della donna in tutte le
questioni derivanti dal matrimonio e nei rapporti familiari e, in
particolare, ad assicurare «gli stessi diritti personali al marito e
alla moglie, compresa la scelta del cognome».

Sentenza 26 maggio 2006, n.12641

Nell’applicazione dell’art. 262 c.c. (Cognome del figlio),
l’organo giurisdizionale è chiamato a emettere un provvedimento
contrassegnato da ampio margine di discrezionalità e frutto di libero
(e prudente) apprezzamento, nell’ambito del quale rileva non tanto
l’interesse dei genitori quanto il modo più conveniente di
individuazione del minore, con riguardo allo sviluppo della sua
personalità, nel contesto delle relazioni sociali in cui si trovi a
essere inserito. Pertanto, il giudice chiamato a valutare
l’interesse del minore preventivamente riconosciuto dalla madre a
vedersi attribuito il patronimico a seguito del successivo
riconoscimento paterno, dovrà impedire il mutamento di cognome non
solo nei casi in cui la cattiva reputazione del genitore possa
comportare un pregiudizio al minore, ma anche nel caso in cui il
matronimico sia assurto ad autonomo segno distintivo della di lui
identità personale. Del resto, lo stesso co. 2 dell’art. 262 c.c.,
rimettendo al figlio maggiorenne la scelta di sostituire o aggiungere
al cognome materno quello del padre, dimostra di tenere in
considerazione l’interesse del figlio a conservare la propria
identità fino a quel momento consolidatasi.