Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 17 febbraio 2006, n.116

La sentenza conclusiva del giudizio ecclesiastico che dichiari la
nullità del matrimonio concordatario per esclusione
dell’indissolubilità del vincolo (il cui esame nel merito è
precluso in sede di delibazione) acquista autorità di giudicato con
il decreto di esecutività da parte del supremo organo ecclesiastico
di controllo. Pertanto, accertato il rispetto del principio del
contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, la richiesta di
delibazione deve essere accolta, previa attestazione del Tribunale
della Segnatura in ordine al rispetto delle norme di diritto canonico,
purchè tale sentenza non contenga disposizioni contrarie all’ordine
pubblico italiano sotto il profilo della buona fede e
dell’affidamento incolpevole (nel caso di specie, mancavano sul
punto gli idonei elementi di prova che avrebbe dovuto fornire la parte
convenuta).

Sentenza 09 novembre 2005, n.40799

Nel reato di truffa l’induzione in errore mediante raggiro si ha non
solo quando l’agente pone in essere l’attività fraudolenta
originariamente, ma anche quando concorre con il suo comportamento
menzognero a confermare nel soggetto passivo l’errore da questi
autonomamente ingenerato, ponendosi tale successivo comportamento in
rapporto di causalità con il verificarsi del danno e dell’ingiusto
profitto. Questa fattispecie si configura, pertanto, nell’ipotesi di
sette aduse a carpire la credulità di molti, sollecitandone offerte
economiche di notevole consistenza e procurandosi così ingenti
profitti, e non può essere ravvisata nell’ipotesi di esercizio di
pratiche religiose, le quali oltre a difettare dell’elemento
costituito dagli artifici e raggiri, non implicano inoltre l’ingiusto
profitto.

Sentenza 07 dicembre 2005, n.27078

Non può essere ravvisato alcun ostacolo alla delibazione allorchè il
coniuge – che ignorava, o non poteva conoscere, il vizio del consenso
dell’altro – chieda la declaratoria di esecutività della sentenza
ecclesiastica, da parte della Corte d’Appello, ovvero non si opponga
alla stessa. Tale fattispecie, tuttavia, non ricorre laddove detto
coniuge si rimetta alla decisione della Corte in ordine alla
delibazione, deducendo tuttavia nel contempo di avere contratto
matrimonio ignorando la volontà dell’altro di escludere
l’indissolubilità del vincolo. In questa ipotesi, infatti, risulta
assunto un comportamento processuale incompatibile con la volontà di
rinunciare alla tutela dell’affidamento incolpevole prestata
dall’ordinamento giuridico italiano. Pertanto, pur non formulano
espressamente conclusioni contrarie alla delibazione, può
considerarsi sufficiente – ai fini dell’opposizione alla stessa –
l’avere eccepito nella comparsa di risposta il difetto delle
condizioni che avrebbero consentito di fare valere nel nostro
ordinamento il vizio connesso alla riserva mentale.

Sentenza 11 novembre 2005, n.21865

La presunta lesione del diritto di difesa nelle procedure
ecclesiastiche non è rilevabile d’ufficio dalla Corte d’Appello in
sede di delibazione delle sentenze dichiarative di nullità
matrimoniali, in quanto attinente alle modalità di giudizi svoltisi
davanti a tribunali diversi da quelli dello Stato, i cui eventuali
vizi processuali debbono essere dedotti e provati ai sensi dei nn. 2 e
3, del 1° comma dell’articolo 797 c.p.c. (norma, quest’ultima, ormai
abrogata ex articolo 73, legge 31 maggio 1995, n. 218, ma connotata da
ultrattività in subiecta materia perché espressamente richiamata
dall’articolo 4, lett. b) del Protocollo addizionale all’Accordo 18
febbraio 1984 fra la Repubblica Italiana e la Santa Sede). Si
aggiunga, inoltre, che nel caso di riserva mentale unilaterale, la
“non opposizione” dei coniuge incolpevole – secondo costante
giurisprudenza – è sufficiente a consentire la delibazione della
relativa sentenza ecclesiastica di nullità per esclusione unilaterale
di uno dei “bona matrimonii”. Tuttavia, detta non opposizione da parte
dell’incolpevole, nei confronti della richiesta di delibazione
avanzata dall’altro coniuge, deve in ogni caso risultare da un
comportamento processuale inequivoco e non può ritenersi sufficiente
allo scopo il semplice silenzio dell’interessato o, ancor meno, la sua
contumacia nel corso del giudizio di merito.

Sentenza 10 marzo 1992

Tribunale Supremo. Sentenza 10 marzo 1992: “Matrimonio: improcedencia por buena fe en ambos cónyuges”. (Omissis) FUNDAMENTOS DE DERECHO PRIMERO.- El recurrente don Angel S. J. V. contrajo matrimonio canónico con doña Olga M. G. el 30-5-1953, de cuya unión nacieron tres hijos varones. El Tribunal Metropolitano del Arzobispado de Oviedo por S. 14-3-1985, confirmatoria de […]

Sentenza 13 gennaio 1997, n.6

Sentencia del Tribunal Constitucional 13 enero 1997, n. 6: “Eficacia civil de sentencia canónica de nulidad matrimonial, régimen transitorio Acuerdo entre el Estado Español y la Santa Sede sobre Asuntos Jurídicos de 1979, proceso anterior”. La Sala Segunda del Tribunal Constitucional, compuesta por don José Gabaldón López, Presidente; don Fernando García-Mon y González-Regueral, don Rafael […]

Sentenza 08 giugno 2005, n.12010

In tema di delibazione delle sentenze matrimoniali ecclesiastiche, la
presunta violazione dell’articolo 6, par. 1 della Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo non può essere proposta per la prima
volta in sede di ricorso in Cassazione, qualora tale censura non sia
stata già compresa nel tema del decidere del giudizio d’appello
(Cassazione, 5150/03, 194/02, 10902/01). Nè detta questione risulta
rilevabile d’ufficio, in quanto attinente alle modalità di un
giudizio svoltosi davanti a tribunali diversi da quelli dello Stato, i
cui eventuali vizi debbono essere dedotti e provati ai sensi dei nn. 2
e 3, del comma 1 dell’articolo 797 Cpc, il quale risulta connotato
da ultrattività in subiecta materia (Cassazione, 8764/03), nonostante
l’avvenuta abrogazione (articolo 73, legge 218/95), perché
espressamente richiamato dall’articolo 4, lett. b) del Protocollo
addizionale all’Accordo 18 febbraio 1984 fra la Repubblica Italiana
e la Santa sede, ratificato con legge 121/85. Al giudice d’appello
è inoltre inibito, in sede di delibazione della sentenza dichiarativa
della nullità matrimoniale per simulazione del consenso, il riesame
del merito del materiale probatorio acquisito nel giudizio
ecclesiastico circa l’effettiva esistenza della riserva mentale
(Cassazione, 4311/99, 2325/99, 2330/94), dovendo altresì quest’ultimo
motivare – in ordine alla conoscenza o conoscibilità di essa da parte
dell’altro coniuge – sulla base delle risultanze emergenti dalla
sentenza delibanda.

Sentenza 12 luglio 2002, n.10143

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario – per esclusione da parte di uno
soltanto dei coniugi di uno dei bona matrimonii – trova ostacolo
nell’ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta
nella sfera psichica del suo autore, in quanto non manifestata, nè
comunque conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge in forza
dell’inderogabile principio della tutela della buona fede e
dell’affidamento incolpevole. Non acquista, invece, rilievo, ai fini
della delibazione, la circostanza che i coniugi abbiano convissuto
successivamente alla celebrazione del matrimonio – circostanza che, a
norma dell’art. 123, comma 2, c.c., rende improponibile l’azione di
impugnazione del matrimonio per simulazione – in quanto la citata
disposizione codicistica non si configura come espressione di principi
e regole fondamentali con i quali la Costituzione e le leggi dello
Stato delineano l’istituto del matrimonio.

Sentenza 29 aprile 2004, n.8205

La delibazione di sentenza ecclesiastica, dichiarativa della nullità
del matrimonio, per esclusione di uno dei “bona matrimoni”, da
parte di uno dei nubendi, è impedita – per contrasto con l’ordine
pubblico interno – dal fatto che tale riserva non sia conosciuta, o
non sia conoscibile mediante normale diligenza, dall’altro coniuge; in
tali ipotesi, infatti, risulta leso il principio – essenziale ed
inderogabile nell’ordinamento italiano – di buona fede e di
affidamento incolpevole nella validità del negozio. Per valutare la
sussistenza o l’insussistenza dell’asserito contrasto fra la sentenza
delibanda e l’ordine pubblico interno, in particolare, non è
richiesta la conoscenza o la conoscibilità, da parte di uno dei
nubendi, della relazione intrattenuta dall’altro con persona estranea,
ma soltanto la conoscenza o la conoscibilità della riserva del
partner sul “bonum fidei”: riserva che può concepirsi anche in
mancanza di qualsiasi rapporto attuale con persona estranea alla
coppia e che, per converso, può mancare nonostante l’attualità di
una relazione con persona estranea.

Decreto 16 giugno 1995, n.620

Nell’ipotesi in cui i nubenti, celebrando matrimonio concordatario,
sottoscrivano entrambi gli originali dell’atto di matrimonio ma una
sola dichiarazione di scelta della separazione dei beni, deve comunque
ritenersi validamente manifestata la loro volontà di optare per tale
regime patrimoniale. A tale omissione è possibile ovviare producendo
all’ufficiale di stato civile copia integrale dell’originale
dell’atto di matrimonio inserito nei registri parrocchiali.
Peraltro, l’annotazione tardivamente effettuata non potrà avere
efficacia retroattiva nei riguardi dei terzi di buona fede. Deve
essere rigettata la domanda di rettificazione dell’atto di
matrimonio celebrato secondo il rito concordatario quando le parti
deducano un’omissione di carattere formale (nella specie: omessa
sottoscrizione della dichiarazione di scelta del regime di separazione
dei beni nel secondo originale) la quale non concerne la correzione di
eventuali errori materiali od omissioni compiute dall’ufficiale di
stato civile, bensì riguarda l’attività di certificazione del
ministro di culto.