Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 12 luglio 2002, n.10143

La delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio concordatario – per esclusione da parte di uno
soltanto dei coniugi di uno dei bona matrimonii – trova ostacolo
nell’ordine pubblico, nel caso in cui detta esclusione sia rimasta
nella sfera psichica del suo autore, in quanto non manifestata, nè
comunque conosciuta o conoscibile dall’altro coniuge in forza
dell’inderogabile principio della tutela della buona fede e
dell’affidamento incolpevole. Non acquista, invece, rilievo, ai fini
della delibazione, la circostanza che i coniugi abbiano convissuto
successivamente alla celebrazione del matrimonio – circostanza che, a
norma dell’art. 123, comma 2, c.c., rende improponibile l’azione di
impugnazione del matrimonio per simulazione – in quanto la citata
disposizione codicistica non si configura come espressione di principi
e regole fondamentali con i quali la Costituzione e le leggi dello
Stato delineano l’istituto del matrimonio.

Sentenza 16 maggio 2000, n.6308

Cassazione. Prima Sezione civile. Sentenza 16 maggio 2000, n. 6308. (A. Sensale; M.G. Luccioli) MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 8 n. 2 dell’Accordo del 18 febbraio 1984, modificativo del Concordato Lateranense dell’11 febbraio 1929, con riferimento all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., si deduce che la Corte […]

Sentenza 18 aprile 1994, n.548

La pendenza tra le parti di un giudizio di separazione personale non
rende improponibile la domanda di delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio, attesa l’autonomia dei due
procedimenti, diversi quanto a petitum e a causa petendi, e non fra
loro incompatibili. Ai fini della delibazione di una sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio e per quanto concerne
l’accertamento del rispetto del diritto di difesa, la professione di
fede di Testimone di Geova che aveva determinato una parte a non
costituirsi nel processo canonico, non può valere ad integrare la
violazione del principio del contraddittorio, giacché la contumacia
non era dipesa dalla inosservanza di regole processuali, bensì da una
scelta personale ancorché ispirata ad un credo religioso. Nel
giudizio di delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità del
matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei bona matrimonii,
l’indagine diretta a stabilire se la riserva mentale sia stata
manifestata all’altro coniuge o sarebbe stata da questi conoscibile
ed a verificare se, in tal modo, risulti osservato il limite della
compatibilità con l’ordine pubblico, deve essere condotta con
esclusivo riferimento alla pronuncia delibanda (intesa l’espressione
come comprensiva di entrambe le pronunzie del giudizio ecclesiastico)
ed agli atti del processo canonico, escludendosi, invece, la
possibilità di un’apposita integrazione delle prove con istruttoria
da compiersi nella fase della delibazione.

Sentenza 21 luglio 1993, n.657

Nel giudizio di delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità
del matrimonio per esclusione unilaterale di uno dei “bona matrimonii”
l’indagine sul limite di compatibilità con l’ordine pubblico non
può arrestarsi alla verifica della mancanza di una manifestazione
espressa della riserva, ma deve spingersi ad accertare se questa fosse
o potesse essere conosciuta dall’altro coniuge con l’uso della
normale diligenza. Ai fini della delibazione della sentenza
ecclesiastica di nullità del matrimonio per simulazione unilaterale
del consenso, la verifica di compatibilità con l’ordine pubblico
deve essere condotta con esclusivo riferimento alla pronunzia
delibanda e agli atti del processo canonico, ma con la possibilità di
utilizzare tali atti al solo scopo di superare eventuali dubbi di
interpretazione della pronunzia medesima. In sede di delibazione di
sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio inammissibile la
domanda riconvenzionale di risarcimento del danno – che non possa
essere giuridicamente qualificata come di assegno provvisorio ex art.
8 n. 2 l. 25 marzo 1985 n. 121 – in quanto la speciale competenza per
materia della Corte d’appello in unico grado non può attrarre
quella sulle questioni patrimoniali anche eventualmente connesse.