Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 14 maggio 2013, n.67810/10

The Court considered that Ms Gross’ wish to be provided with a
lethal dose of medication allowing her to end her life fell within the
scope of her right to respect for her private life under Article 8.
The Court concluded that Swiss law, while providing the possibility of
obtaining a lethal dose of a drug on medical prescription, did not
provide sufficient guidelines ensuring clarity as to the extent of
this right. There had accordingly been a violation of Article 8 of the
Convention in that respect.

Ordinanza 29 marzo 2013

I criteri enunciati dalla Grande Camera, pur all’interno di una
pronuncia di rigetto (v. _Affaire S.H. et Autres c. Autriche
[https://www.olir.it/documenti/index.php?documento=6016]_),
costituiscono ineludibile criterio interpretativo per il Giudice delle
leggi nazionali al fine di sindacare la corrispondenza della norma
impugnata ai valori fondamentali della persona “convenzionalmente”
tutelati, come richiamati nella Carta costituzionale italiana. La
Grande Camera riconosce, infatti, certamente al Legislatore nazionale
un margine di discrezionalità nelle materie eticamente sensibili,
tuttavia l’autonomia riconosciuta è dalla medesima definita
“limitata” in tutti i casi in cui debba essere regolato, come in
quello di specie, un aspetto importante dell’esistenza e della
identità del cittadino. In questo senso, una interpretazione
convenzionalmente orientata dei principi costituzionali in esame non
può che parametrare il limite in discussione ai valori di conoscenza
scientifica e condivisa sensibilità sociale esistenti sul punto, che
non appaiono eludibili facendo ricorso allo schermo della
discrezionalità legislativa. In base a tale lettura il Collegio
solleva, pertanto, questione di legittimità in riferimento all’art.
4, comma 3, all’art. 9, commi 1 e 3 limitatamente alle parole “in
violazione dell’art. 4, comma 3” e all’art. 12, comma 1 della
legge n. 40 del 2004 per contrasto con gli artt. 117, 2, 3, 29, 31,
32, commi 1 e 2 della Costituzione, nella parte in cui impongono il
divieto di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo e
prevedono sanzioni nei confronti delle strutture che dovessero
praticarla.

Sentenza 03 novembre 2011

Pronunciandosi sulla richiesta di riesame presentata dall’Austria,
la Corte europea dei diritti dell’uomo, in composizione di Grande
Camera, ha accolto la tesi del Governo austriaco, affermando che non
può ritenersi irragionevole la scelta del legislatore di autorizzare
solo il ricorso alle tecniche di fecondazione omologa. A sostegno
della sua decisione la Corte ha riconosciuto che gli Stati godono in
tale materia di un largo margine di apprezzamento e che non può
ritenersi irragionevole la scelta del legislatore austriaco di
autorizzare solo il ricorso alle tecniche di fecondazione omologa. Non
sussiste dunque violazione degli artt. 8 (diritto al rispetto della
vita familiare) ed il 14 (obbligo di non discriminazione) della CEDU.

Ordinanza 09 novembre 2012

L’ammissibilità del trasferimento in utero solo degli embrioni sani
o portatori sani della patologia non è eventualmente funzionale ad un
ipotetico “diritto al figlio sano” ovvero a pratiche eugenetiche.
Queste ultime sono infatti decisamente differenti rispetto alla
fattispecie in esame, in cui sono invece rilevanti la sussistenza di
un grave pericolo per la salute psico-fisica della donna, anche in
relazione ad importanti anomalie del concepito e la decisione della
donna di valutare gli effetti della malattia dell’embrione sulla sua
salute, analogamente a quanto avviene per l’aborto, in cui la
decisione è rimessa, alle condizioni previste, soltanto alla
responsabilità della donna.

Sentenza 28 agosto 2012, n.54270/10

Pur riconoscendo che la questione dell’accesso alla diagnosi
preimpianto suscita delicati interrogativi di ordine morale ed etico,
la Corte osserva che la scelta operata dal legislatore italiano in
materia non sfugge al controllo della Corte. In particolare, è
giocoforza constatare che, in materia, il sistema legislativo italiano
manchi di coerenza. Da un lato, esso vieta l’impianto limitato ai
soli embrioni non affetti dalla malattia di cui i ricorrenti sono
portatori sani; dall’altro, autorizza i ricorrenti ad abortire un
feto affetto da quella stessa patologia. Ciò rilevato, la Corte
ritiene pertanto che l’ingerenza nel diritto dei ricorrenti al
rispetto della loro vita privata e familiare sia stata sproporzionata
e che l’articolo 8 della Convenzione sia stato violato nel caso di
specie.

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In OLIR.it: Traduzione in lingua italiana della sentenza
[/areetematiche/documenti/documents/caseofcostaandpavanv.italyitaliantranslationbytheitalianministryofjustice.pdf]

Sentenza 11 luglio 2012, n.11644

Il quadro normativo attuale, a seguito dell’introduzione della legge
n. 40 del 2004, per come formulata e per come interpretabile alla luce
delle sempre più incisiva affermazione del principio del favor
veritatis, si è arricchito di una nuova ipotesi, per certi versi
tipica, di disconoscimento della paternità, che si aggiunge a quelle
previste dall’art. 235 c.c., e che si fonda – stante la non piena
assimilabilità dell’inseminazione artificiale alle previsioni di tale
norma – sulla esigenza, sempre più avvertita, di affermare la
primazia del favor veritatis.In questo senso, in tutte le ipotesi non
contemplate dall’art. 9, comma 1 della legge in esame (“qualora si
ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo
eterologo in violazione del divieto di cui all’art. 4, comma 3, il
coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti
concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della
paternità nei casi previsti dall’art. 235, comma 1, nn. 1 e 2 c.c.,
né l’impugnazione di cui all’art. 263 dello stesso codice”), nelle
quali difetti l’elemento ostativo alla legittimazione costituito dal
consenso preventivo alla fecondazione eterologa, l’azione di
disconoscimento deve ritenersi ammissibile. L’integrazione, nei
termini sopra indicati, delle ipotesi previste dall’art. 235 c.c., non
può infine non raccordarsi, stante l’identità della ratio e,
comunque, per evidenti ragioni sistematiche, alle ipotesi di decadenza
previste dall’art. 244 c.c. con riferimento al momento in cui si sia
acquisita la certezza del ricorso a tale metodo di procreazione (Nel
caso di specie, il giudice adito respingeva il ricorso del coniuge per
avvenuta decadenza dell’attore dalla proposizione dell’azione di
disconoscimento della paternità per decorso del termine annuale).

Ordinanza 22 maggio 2012, n.150

La giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che la
questione dell’eventuale contrasto della disposizione interna con la
norme della CEDU va risolta in base al principio in virtù del quale
il giudice comune, al fine di verificarne la sussistenza, deve avere
riguardo alle norme della CEDU, come interpretate dalla Corte di
Strasburgo, «specificamente istituita per dare ad esse
interpretazione e applicazione» (da ultimo, sentenza n. 78 del 2012),
poiché il «contenuto della Convenzione (e degli obblighi che da essa
derivano) è essenzialmente quello che si trae dalla giurisprudenza
che nel corso degli anni essa ha elaborato», occorrendo rispettare
«la sostanza» di tale giurisprudenza, «con un margine di
apprezzamento e di adeguamento che le consenta di tener conto delle
peculiarità dell’ordinamento giuridico in cui la norma
convenzionale è destinata a inserirsi» (_ex plurimis_, sentenze n.
236 del 2011 e n. 317 del 2009), ferma la verifica, spettante al
Giudice delle leggi, della «compatibilità della norma CEDU,
nell’interpretazione del giudice cui tale compito è stato
espressamente attribuito dagli Stati membri, con le pertinenti norme
della Costituzione» (sentenza n. 349 del 2007; analogamente, tra le
più recenti, sentenze n. 113 e n. 303 del 2011). Nel caso di specie,
la Corte ha pertanto ordinato la restituzione degli atti ai Tribunali
di merito perchè – alla luce della sopravvenuta sentenza della Grande
Camera del 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria – i rimettenti
procedano ad un rinnovato esame dei termini delle questioni.

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In OLIR.it
Grande Chambre. Sentenza 3 novembre 2011: AFFAIRE S.H. ET AUTRES c.
AUTRICHE
[/areetematiche/documenti/documents/microsoft%20word%20-%20fecondazione%20eterologa%20affaire_s%20h%20_et_autres_c%20_autriche.pdf]

Decreto ministeriale 16 aprile 2010, n.116

MINISTERO DELLA SALUTE. DECRETO 16 aprile 2010 , n. 116: "Regolamento per lo svolgimento delle attivita' di trapianto di organi da donatore vivente". IL MINISTRO DELLA SALUTE di concerto con IL MINISTRO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI Visto l'articolo 17, commi 3 e 4 della legge 23 agosto 1988, n. 400; Vista la legge […]