Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 23 dicembre 2010, n.26009

L’interversione del possesso non può aver luogo mediante un semplice
atto di volizione interna, ma deve estrinsecarsi in una manifestazione
esteriore, dalla quale sia consentito desumere che il detentore abbia
cessato di esercitare il potere di fatto sulla cosa in nome altrui e
abbia iniziato ad esercitarlo esclusivamente in nome proprio, con
correlata sostituzione al precedente “animus detinendi” dell’animus
“rem sibi habendi”. Tale manifestazione deve, peraltro, essere rivolta
specificamente contro il possessore, in maniera che questi sia posto
in grado di rendersi conto dell’avvenuto mutamento, e, quindi,
tradursi in atti ai quali possa riconoscersi il carattere di una
concreta opposizione all’esercizio del possesso da parte sua. In
sostanza, la semplice disponibilità dell’immobile con i poteri del
detentore non può valere, in difetto di un’idonea prova rilevante ai
sensi dell’art. 1141 c.c., comma 2, a dimostrare il passaggio dalla
detenzione al preteso possesso “animo domini”, valido agli effetti
dell’acquisto per usucapione (nel caso di specie, il ricorrente –
esponendo di avere acquistato in virtù di usucapione la proprietà di
un fabbricato ad uso abitativo di proprietà di una sua zia – 
conveniva in giudizio la parrocchia a cui l’immobile era stato donato
poco prima di morire dalla proprietaria).

Sentenza 23 aprile 2010, n.23

Gli immobili di proprietà di un ente ecclesiastico, adibiti a casa
per esercizi spirituali, rientrano nella previstone della norma di
esenzione di cui all’art. 7 comma 1 lett. i) D.Lgs. 504/92, sia sotto
il profilo soggettivo perché appartenente ad uno dei soggetti di cui
all’art. 87 comma 1 lett. c) TUIR, sia sotto il profilo oggettivo
perché utilizzati esclusivamente per l’esercizio di attività
religiose di culto e formazione.
Nel caso di specie, era stata contestata l’esistenza delle condizioni
per l’esenzione a causa del supposto inutilizzo dell’immobile. Per
contro, veniva accertato che nell’edificio si erano svolti esercizi
spirituali di religiose e di gruppi laici, in relazione ai quali
esistevano copie di pubblicazioni religiose che davano notizia di
tali attività.

Sentenza 26 maggio 2010, n.221

Per l’applicabilità dell’esenzione ICI, prevista dall’art. 7,
lett. i del D.Lgs. 504/1992, agli immobili utilizzati dagli enti non
commerciali destinati esclusivamente alle attività indicate nel
medesimo articolo (assistenziali, previdenziali, sanitarie,
didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive), non è
sufficiente che nell’immobile venga svolta una delle attività
indicate dal legislatore, ma è necessario che venga in concreto
verificato che l’attività – anche se rientrante tra quelle
interessate dall’esenzione – non sia svolta in modo da realizzare
reddito e, quindi, come attività commerciale. (Nel caso di
specie, detto beneficio fiscale non poteva trovare applicazione ad un
‘immobile che, se pur appartenente ad ente ecclesiastico, era
destinato allo svolgimento di attività oggettivamente commerciale,
quale la gestione di casa per ferie, con pagamento di tariffe).

Sentenza 16 luglio 2010, n.16728

Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, lett. i), nella
formulazione anteriore alle modificazioni introdotte dalla L. n. 203
del 2005, prevede la esenzione dall’ICI dell’immobile appartenente ad
uno dei soggetti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87,
comma 1, lett. c) (enti residenti nello Stato che non hanno per
oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali) a
condizione che l’ente lo utilizzi direttamente ed in via esclusiva per
una delle attività istituzionali indicate nella disposizione. Fra le
attività istituzionali degli enti ecclesiastici sono riconosciute
meritevoli del beneficio quelle “di cui alla L. 20 maggio 1985, n.
222, art. 16, lett. a” (e cioè “di religione e di culto, quelle
dirette all’esercizio del culto ed alla cura delle anime, alla
formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla
catechesi ed all’educazione cristiana”). Quelle, viceversa, indicate
alla L. n. 222 del 1985, lett. b (“diverse da quelle di religione e
di culto”), in quanto escluse dal richiamo, possono rientrare nella
previsione agevolativa soltanto in quanto siano riconducibili a
quelle, specificamente indicate dalla disposizione, che sono protette
per tutti gli enti di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87,
comma 1, lett. c), e – come per gli enti non religiosi – a condizione
che siano svolte esclusivamente allo scopo istituzionale protetto.
(Nel caso di specie, la attività esercitata in una  “casa di
ospitalità” non veniva ritenuta riconducibile alla “attività di
religione”, come definita dalla L. n. 222 del 1985, art. 16, lett. a),
ma nelle “attività diverse” quali devono considerarsi “le attività
commerciali o a scopo di lucro” a norma della L. n. 222 del 1985, art.
16, lett. b).

Sentenza 20 novembre 2009, n.24502

In base al D.Lgs. n. 504 del 1992 ed alle L. n. 121 del 1985 e L. n.
222 del 1985 un ente ecclesiastico puo’ svolgere liberamente, nel
rispetto delle leggi dello Stato, anche un’attivita’ di carattere
commerciale, ma non per questo si modifica la natura
dell’attivita’ stessa, e, soprattutto, le norme applicabili al suo
svolgimento rimangono, anche agli effetti tributari, quelle previste
per le attivita’ commerciali, senza che rilevi che l’ente la
svolga, oppure no, in via esclusiva, o prevalente. Di qui, il
corollario per il quale gli immobili destinati da un ente
ecclesiastico ad attivita’ oggettivamente commerciali, siccome non
soltanto ricettive o sanitarie quindi ricomprese nella previsione
dell’art-. 7, lett. i), non rientrano nell’ambito dell’esenzione
dell’ICI attesa l’irrilevanza della destinazione degli utili
eventualmente ricavati al perseguimento di fini sociali o religiosi.

Sentenza 26 gennaio 2010, n.1560

Corte di Cassazione, Civile, Sez. II, sentenza 26 gennaio 2010, n. 1560: "Alienazione di bene immobile di proprietà ecclesiastica previa autorizzazione del Vescovo diocesano". REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente Dott. MALZONE Ennio – Consigliere […]

Sentenza 18 dicembre 2009, n.26657

Un immobile destinato ad abitazione dei membri di ordine religioso
ente ecclesiastico civilmente riconosciuto è da ritenersi esente da
ICI ai sensi dell’_art. 7, comma 1, lett. i)
[http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000107732ART8],
del D.Lgs. n. 504/1992
[http://bd01.leggiditalia.it/cgi-bin/FulShow?TIPO=5&NOTXT=1&KEY=01LX0000107732]_,
essendo incontestato che primo ed essenziale scopo di un ordine
religioso è la formazione di comunità in cui si esercita la vita
associativa quale presupposto per la formazione religiosa, la
catechesi, la elevazione spirituale dei membri e la preghiera in
comune e che dunque tale finalità rientri tra quelle di religione e
di culto.

Varie 27 gennaio 2010

Disposizioni concernenti la concessione di contributi finanziari della Conferenza Episcopale Italiana per l’edilizia di culto: aggiornamento delle tabelle parametriche per l’anno 2010 (25-27 gennaio 2010) (Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana n. 1 del 6 febbraio 2010, pp. 15-19) L’art. 5 delle Disposizioni concernenti la concessione di contributi finanziari della Conferenza Episcopale Italiana per l’edilizia di culto, […]

Sentenza 03 marzo 2010, n.264

L’art. 5, comma 5 del d. lgs n. 490/99 stabilisce espressamente che
i “beni elencati nell’articolo 2, comma 1, lettera a) che
appartengono ai soggetti indicati al comma 1 (tra cui rientrano, per
tabulas, anche le persone giuridiche private senza fini di lucro) sono
comunque sottoposti alle disposizioni” di tale “Titolo anche se non
risultano compresi negli elenchi e nelle denunce previste dai commi 1
e 2”. Tra tali beni può dunque venire considerata anche una ex
chiesa appartenente ad una Arcidiocesi, poiche quest’ultima – in
quanto ente ecclesiastico – ha la natura di persona giuridica privata
senza fini di lucro. Ne consegue che – come previsto espressamente
dal citato comma 5 – la sottomissione del bene de quo al regime di
tutela delineato dalla legge non può essere ancorata al suo
inserimento, a titolo originario o di completamento, nell’apposito
elenco descrittivo da presentare all’Amministrazione.
Ciò rileva anche ai fini dell’obbligo della dichiarazione
d’interesse relativa a beni non elencati. Al riguardo, stabilisce
l’art. 55 del citato d. lgs n. 490/99 che le alienazioni dei beni in
questione debbono essere soggette all’autorizzazione del Ministero
(in Sicilia del competente Assessorato). In particolare, il comma 3
del citato articolo testualmente dispone che: “È altresì soggetta
ad autorizzazione l’alienazione dei beni culturali indicati
nell’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), e comma 4, lettera c)
appartenenti a persone giuridiche private senza fine di lucro.
L’autorizzazione è concessa qualora non ne derivi un grave danno alla
conservazione o al pubblico godimento dei beni”.  Infine, con
l’art. 135 viene prevista la nullità delle alienazioni compiute
senza l’osservanza delle menzionate modalità nonché la facoltà di
prelazione in capo all’Amministrazione. Pertanto, si deve
ritenere che – in corretta applicazione della menzionata normativa –
l’eventuale contratto di compravendita avente ad oggetto un bene
culturale rientrante nella categoria degli immobili sopra
indicati risulti nullo se viene posto in essere senza il rispetto
della citata procedura (nel caso di specie, non risultava richiesta
nè la prevista autorizzazione per l’alienazione della l’ex
chiesa, né era stata effettuata, nei termini, la prescritta denuncia
ex art. 58 del d. lgs n. 490/1999).