Sentenza 25 marzo 2003, n.8/SSRR/QM
L’art. 4 della legge 24 aprile 1967, n. 261, come modificato
dall’art. 3 della legge 22 dicembre 1980, n. 932, prevede la
concessione, in favore dei cittadini italiani che siano stati
perseguitati, nelle circostanze di cui all’art. 1, della legge 10
marzo 1955, n. 96 (sottoposizione “ad atti di violenza ad opera di
persone al servizio dello Stato”), di un assegno vitalizio di
benemerenza, reversibile ai familiari superstiti, pari al trattamento
minimo di pensione erogato dal fondo pensioni dei lavoratori
dipendenti. Al riguardo, va precisato come il concetto di violenza,
preso in considerazione dalla menzionata disposizione, debba
necessariamente comprendere anche l’applicazione delle misure
discriminatorie poste in essere in esecuzione delle cc.dd. “leggi
razziali”. Ciascuno dei singoli provvedimenti amministrativi di
attuazione di detta normativa va, infatti, considerato come
un’offesa ai valori fondamentali dell’individuo e l’espressione
della violazione del diritto naturale, degli appartenenti alla
minoranza ebraica, alla propria identità socio-culturale. Pertanto,
le misura concrete di attuazione della normativa antisemita (quali,
nel caso si specie, l’espulsione di una alunna da una scuola
pubblica) debbono ritenersi idonee – sebbene non espressamente
menzionate dalla normativa sopra citata – a concretizzare una
specifica azione lesiva proveniente dell’apparato statale e diretta
a ledere la persona nei suoi diritti inviolabili, con conseguente
possibilità per la stessa di beneficiare della disciplina di
benemerenza in esame.