Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

Olir

Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decreto 21 ottobre 2014

Il matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso
sesso non può essere considerato matrimonio per
l’ordinamento italiano, mancando uno dei requisiti essenziali, e
quindi non può produrre effetti giuridici. La logica
conseguenza è che non è possibile alcuna trascrizione,
non sussistendo alcun matrimonio per l’ordinamento italiano (nel
caso di specie, il Tribunale adito ha ordinato la cancellazione dai
registri dello stato civile della trascrizione dell’atto di
matrimonio contratto in Olanda tra persone dello stesso sesso). [La
Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Alessandro Ceserani, Università degli Studi di Milano]

Sentenza 15 marzo 2012, n.4184

La diversità di sesso dei nubendi è — unitamente alla
manifestazione di volontà matrimoniale dagli stessi espressa in
presenza dell’ufficiale dello stato civile celebrante – secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte, requisito minimo
indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto
giuridicamente rilevante (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 1808 del
1976, 1304 del 1990 cit., 1739 del 1999, 7877 del 2000).
Questo requisito – pur non previsto in modo espresso né dalla
Costituzione, né dal codice civile vigente (a differenza di quello
previgente del 1865 che, nell’art. 55 ad esempio, stabiliva, quanto
al requisito dell’età: «Non possono contrarre matrimonio l’uomo
prima che abbia compiuto gli anni diciotto, la donna prima che abbia
compiuto gli anni quindici»), né dalle numerose leggi che,
direttamente o indirettamente, si riferiscono all’istituto
matrimoniale — sta tuttavia, quale ‘postulato’ implicito, a
fondamento di tale istituto, come emerge inequivocabilmente da
molteplici disposizioni di tali fonti e, in primo luogo, dall’art.
107, primo comma, cod. civ. che, nel disciplinare la forma della
celebrazione del matrimonio, prevede tra l’altro che l’ufficiale
dello stato civile celebrante «riceve da ciascuna delle parti
personalmente, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere rispettivamente in marito e in moglie» (si veda
anche l’art. 108, primo comma).
— Pertanto — sul piano delle norme, di rango primario o
sub-primario, applicabili alla fattispecie in prima approssimazione
—, alla specifica questione, consistente nello stabilire se due
cittadini italiani dello stesso sesso, i quali abbiano contratto
matrimonio all’estero, siano, o no, titolari del diritto alla
trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato
civile italiano, deve darsi, in conformità con i su menzionati
precedenti di questa Corte, risposta negativa.
Al riguardo, deve essere infine precisato che, nella specie,
l’intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua
contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi dell’art. 18 del d.P.R.
n. 396 del 2000, ma dalla previa e più radicale ragione,
riscontrabile anche dall’ufficiale dello stato civile in forza delle
attribuzioni conferitegli, della sua non riconoscibilità come atto di
matrimonio nell’ordinamento giuridico italiano. Ciò che,
conseguentemente, esime il Collegio dall’affrontare la diversa e
delicata questione dell’eventuale intrascrivibilità di questo
genere di atti per la loro contrarietà con l’ordine pubblico.
 

Decreto Presidente Repubblica 03 novembre 2000, n.396

Decreto Presidente Repubblica 03 novembre 2000, n.396 recante “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127”. Da “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana” n. 303 del 30 dicembre 2000. (omissis) Titolo VIII Della celebrazione del matrimonio Capo I – Della […]

Sentenza 04 agosto 2002

La dichiarazione dei nubendi di optare per il regime di separazione
dei beni, resa innanzi al ministro di culto al momento della
celebrazione del matrimonio canonico, e tuttavia non inserita
nell’atto di matrimonio poi trascritto nei registri dello stato
civile, implica l’inefficacia della dichiarazione medesima.

Decreto generale 05 novembre 1990, n.786

Conferenza Episcopale Italiana. Decreto Generale sul matrimonio canonico, Prot. n. 786/90, 5 novembre 1990. Decreto La Conferenza Episcopale Italiana nella XXXII Assemblea Generale ordinaria, svoltasi a Roma dal 14 al 18 maggio 1990, ha esaminato e approvato con la prescritta maggioranza il “Decreto generale sul matrimonio canonico”, in attuazione delle disposizioni del codice di diritto […]

Sentenza 01 settembre 1995, n.9218

Nel caso in cui un soggetto impugni un matrimonio, sostenendone
l’inesistenza, per il fatto che il relativo atto di stato civile non
contiene indicazioni di cui ai nn. 6 (“la dichiarazione degli sposi di
volersi prendere rispettivamente in marito e moglie”) e 8 (“la
dichiarazione fatta dall’ufficiale dello stato civile che gli sposi
sono uniti in matrimonio”) dell’art. 126 R.D. 9 luglio 1939 n. 1238
(ordinamento dello stato civile), la difesa della controparte, la
quale eccepisca che l’omissione riguarda l’atto e non la
celebrazione, può provare, con ogni mezzo, che tali dichiarazioni
sono state rese, anche se non siano materialmente inserite
nell’atto, non sussistendo la limitazione dei mezzi di prova
ricavabili dagli artt. 132 e 133 Cod. civ., atteso che il convenuto
dimostra il proprio titolo di coniuge sulla base dell’atto di
celebrazione estratto dai registri dello stato civile, ai sensi
dell’art. 130 Cod. civ., e che la prova con ogni mezzo,
dell’intervenuta manifestazione del consenso ad nuptias può sempre
essere fornita allo scopo di ottenere la rettificazione dell’atto
ovvero, nel corso di un’azione di stato, per integrare le risultanze
degli atti dello stato civile, e quindi, modificarli, ove si accerti
l’incompletezza della loro redazione.