Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 18 settembre 2013, n.21331

La delibazione della pronuncia ecclesiastica dichiarativa della
nullità del matrimonio non costituisce un elemento sopraggiunto, in
grado di incidere sul provvedimento economico contenuto nella sentenza
di divorzio. La revisione (che è ipotesi diversa da quella della
estinzione del diritto all’assegno divorzile per nuove nozze o morte
del beneficiario) trova, infatti, la sua naturale giustificazione solo
in un mutamento delle condizioni economiche degli ex coniugi, tale da
non rendere più attuali le ragioni giustificative dell’imposizione
di un assegno divorzile ovvero della misura fissata nella sentenza di
divorzio.

Sentenza 08 febbraio 2012, n.1789

In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio in
caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il parametro
dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante
la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi viene meno di fronte
alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorchè di
fatto.

Sentenza 04 febbraio 2010, n.2600

La delibazione della pronuncia ecclesiastica di nullità matrimoniale
fa stato tra le parti ed assume l’autorità di cosa giudicata che
preclude ogni altra pronuncia con essa contrastante. In particolare,
la pronuncia ecclesiastica, regolarmente delibata, sancisce
l’invalidità del matrimonio e l’insussistenza del vincolo. Di
conseguenza, la pronuncia di divorzio, presupponendo la validità del
matrimonio e la sussistenza del vincolo, si pone in radicale
contrasto con essa. In queste fattispecie, rimangono, dunque, travolte
la sentenza di divorzio e le statuizioni economiche da esso
conseguenti (cfr. Cass. civ. n. 10055 del 2003
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4025])

Sentenza 11 giugno 2008, n.15562

La generalizzata anticipazione dell’efficacia delle sentenze, sancita
dalla riscrittura dell’art. 282 c.p.c., riguarda il profilo e il
momento della “esecutività”, cioè della anticipata e provvisoria
esecuzione che, se è logicamente correllabile ad una statuizione di
condanna, non lo è invece ad una pronuncia quale quella ex art. 128
c.c., la quale incide – recidendolo in radice – sullo status di
coniuge. Di qui, dunque, l’interpretazione della norma codicistica
secondo cui il matrimonio nullo produce gli effetti di un matrimonio
valido fino a quando la sentenza che ha pronunziato la nullità non
sia passata in giudicato (cfr. anche Cass. nn. 10055/03; 21367/04;
19447, 19526/05).

Sentenza 21 dicembre 2007

Il disposto della L. n. 898 del 1970, art. 9, e successive
modificazioni, prevede la modificabilità delle sentenze di divorzio
in relazione alla sopravvenienza di “giustificati motivi”, intesi come
circostanze che abbiano alterato l’assetto economico fra le parti, o
di relazione con i figli, e non come circostanze che sarebbero state
impeditive della emanazione della sentenza di divorzio e
dell’attribuzione dell’assegno, le quali non sono idonee ad incidere
sul giudicato se non nei limiti in cui sono utilizzabili attraverso il
rimedio della revocazione.

Sentenza 15 maggio 2008, n.937

Una volta che si sia formato il giudicato divorzile, la relativa
statuizione sì rende intangibile, ai sensi dell’art. 2909 c.c., anche
nel caso in cui successivamente ad essa sopravvenga la delibazione di
una sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio (Sez.I,
23/03/2001, n.4202). Può però accadere che la pronuncia
ecclesiastica divenga esecutiva quando già è stato dichiarato il
divorzio dal giudice civile, ma sono ancora pendenti le decisioni
relative ai figli ed alle questioni economiche tra le parti, compreso
l’assegno divorzile. In questo caso, resta intangibile la pronuncia di
divorzio già emessa, vanno decise le questioni relative
all’affidamento dei figli e le questioni economiche conseguenti, ma
cessa la materia del contendere in relazione all’assegno divorzile.

Sentenza 25 giugno 2003, n.10055

Il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della efficacia,
nell’ordinamento dello Stato, della pronuncia ecclesiastica di
nullità del matrimonio concordatario, determinando il venir meno del
vincolo coniugale, travolge ogni ulteriore controversia trovante
nell’esistenza e nella validità del matrimonio il proprio
presupposto, e quindi comporta la cessazione della materia del
contendere nel processo di divorzio che sia stato instaurato
successivamente alla introduzione del procedimento diretto al
riconoscimento della sentenza ecclesiastica.

Sentenza 07 giugno 2005, n.11793

La sentenza di divorzio, in relazione alle statuizioni di carattere
patrimoniale in essa contenute, passa in cosa giudicata “rebus sic
stantibus”; tuttavia, la sopravvenienza di fatti nuovi, successivi
alla sentenza di divorzio, non è di per sé idonea ad incidere
direttamente ed immediatamente sulle statuizioni di ordine economico
da essa recate e a determinarne automaticamente la modifica, essendo
al contrario necessario che i “giustificati motivi” sopravvenuti siano
esaminati, ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e
succ. modif., dal giudice da tale norma previsto, e che questi,
valutati detti fatti, rimodelli, in relazione alla nuova situazione,
ricorrendone le condizioni di legge, le precedenti statuizioni. Da
tanto consegue che l'”ex” coniuge tenuto, in forza della sentenza di
divorzio, alla somministrazione periodica dell’assegno divorzile, il
quale abbia ricevuto la notifica di atto di precetto con l’intimazione
di adempiere l’obbligo risultante dalla predetta sentenza, non può –
in assenza di revisione, ai sensi del citato art. 9 della legge n. 898
del 1970, delle disposizioni concernenti la misura dell’assegno di
divorzio da corrispondere all'”ex” coniuge – dedurre la sopravvenienza
del fatto nuovo, in ipotesi suscettibile di determinare la modifica
dell’originaria statuizione contenuta nella sentenza di divorzio, nel
giudizio di opposizione a precetto, essendo del pari da escludere che
il giudice di questa opposizione debba rimettere la causa al giudice
competente “ex” art. 9 della legge n. 898 del 1970.(Nella specie
l’obbligato, proponendo opposizione a precetto, aveva contestato il
diritto dell’ex coniuge a procedere ad esecuzione forzata sostenendo
che il diritto alla corresponsione periodica dell’assegno, al cui
pagamento egli era stato condannato con la sentenza di divorzio, era
venuto meno a seguito del passaggio in giudicato della sentenza della
corte d’appello che aveva dichiarato efficace in Italia la pronuncia
ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario celebrato tra i
coniugi)