Sentenza 03 giugno 2009, n.28030
Disturbare la funzione religiosa manifestando fuori dalla chiesa è
reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione spiegando che chiunque
ostacola l’inizio o l’esercizio della funzione va punito a norma
dell’art. 405 del codice penale. E la condanna scatta anche se il
disturbo è provocato da proteste che avvengono fuori dalla chiesa.
Secondo gli Ermellini infatti, il reato di turbamento della funzione
religiosa si verifica ogni volta che si impedisce il regolare
svolgimento della messa disturbando il prete e i fedeli nel loro
raccoglimento. La vicenda presa in esame dalla Suprema Corte coinvolge
un gruppo di lavoratori che stava manifestando in una piazza
antistante la chiesa in cui si svolgevano i funerali di un lavoratore
morto dopo essersi dato alle fiamme. Dalla vicenda scaturivano diverse
condanne tra cui quella per turbamento della funzione religiosa a
carico di chi stava manifestando fuori dalla chiesa. Ricorrendo in
Cassazione i lavoratori hanno rappresentato che le loro proteste erano
avvenute solo al termine della funzione religiosa e comunque non
all’interno della chiesa ma nella piazza antistante. Nulla da fare
però. La Cassazione con sentenza 28030/2009 ha ritenuto che in
relazione al reato di cui all’articolo 405 del codice penale “la
‘turbatio sacrorum’ si verifica sia con “l’impedimento della funzione,
consistente nell’ostacolare l’inizio o l’esercizio della stessa fino a
detrminarne la cessazione”, sia con la “turbativa della funzione che
si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare”.
In sostanza sono state convalidate le decisioni prese dai giudici di
merito che, secondo gli Ermellini, hanno correttamente ravvisato la
sussistenza del reato “nella turbativa causata dal comportamento degli
imputati, che, aveva, nel corso della celebrazione della messa,
coinvolto e disturbato molti fedeli dal loro raccoglimento, per le
grida e le ingiurie indirizzate alle autorita’ presenti in chiesa,
tanto da costringere il celebrante a rivolgere appelli ai manifestanti
al fine di calmare gli animi”. La Corte ha anche ritenuto di non dare
rilievo al fatto che il rito era oramai ultimato perché, si legge
nella sentenza, alla “esposizione della salma deve ritenersi che la
cerimonia funebre continui ad essere in atto”