Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 05 febbraio 1997

La professione di una fede religiosa non condivisa o apprezzata dal
coniuge, non puo`, di per se´, costituire motivo di addebito della
separazione, non potendosi in alcun modo rimproverare ad un soggetto
di esercitare un diritto costituzionalmente garantito, quale quello di
libertà religiosa. Tuttavia, quando la professione di un determinato
credo – nel caso di specie quello dettato dal movimento Lubavitch –
comporti, per l’aspetto particolarmente totalizzante, integralista e
di intransigenza assunto dal singolo adepto, il venir meno a
fondamentali doveri nell’ambito del rapporto con il coniuge e sia,
soprattutto, tale da influire negativamente sull’educazione della
prole, tale comportamento non puo` non assumere rilevanza ai sensi e
per gli effetti dell’art. 151 c.c., con conseguente addebito del
relativo provvedimento di separazione.

Sentenza 06 agosto 2004, n.15241

In tema di separazione personale tra coniugi, il mutamento di fede
religiosa – e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive
del nuovo culto -, connettendosi all’esercizio dei diritti garantiti
dall’art.19 della Costituzione, non puo’, di per se’ solo,
considerarsi come ragione di addebito della separazione, a meno che
non vengano superati i limiti di compatibilita’ con i concorrenti
doveri di coniuge e di genitore fissati dagli artt.143, 147 c.c.,
determinandosi, per l’effetto, una situazione di improseguibilita’
della convivenza o di grave pregiudizio della prole. Nel caso di
specie, la scelta di appartenenza ad una confessione religiosa tale da
determinare l’allontanamento dalla casa coniugale e la rinuncia alla
convivenza non puo’ rientrare nell’ambito dell’esercizio di un diritto
costituzionalmente garantito onde escludere l’addebitabilita’ della
separazione.

Sentenza 29 aprile 2004, n.8205

La delibazione di sentenza ecclesiastica, dichiarativa della nullità
del matrimonio, per esclusione di uno dei “bona matrimoni”, da
parte di uno dei nubendi, è impedita – per contrasto con l’ordine
pubblico interno – dal fatto che tale riserva non sia conosciuta, o
non sia conoscibile mediante normale diligenza, dall’altro coniuge; in
tali ipotesi, infatti, risulta leso il principio – essenziale ed
inderogabile nell’ordinamento italiano – di buona fede e di
affidamento incolpevole nella validità del negozio. Per valutare la
sussistenza o l’insussistenza dell’asserito contrasto fra la sentenza
delibanda e l’ordine pubblico interno, in particolare, non è
richiesta la conoscenza o la conoscibilità, da parte di uno dei
nubendi, della relazione intrattenuta dall’altro con persona estranea,
ma soltanto la conoscenza o la conoscibilità della riserva del
partner sul “bonum fidei”: riserva che può concepirsi anche in
mancanza di qualsiasi rapporto attuale con persona estranea alla
coppia e che, per converso, può mancare nonostante l’attualità di
una relazione con persona estranea.

Ordinanza 17 marzo 1998

Tribunal de Grande Instance de Toulouse II Chambre. Ordonnance du 17 Mars 1998. (omissis) Par jugement du tribunal de grande instance de Toulouse en date du 7.3.1997, le divorce était prononcé entre H. O. et F. C.i, l’autorité parentale sur Vincent était dite conjointe, la résidence de l’enfant était fixée chez la mère, les séjours […]

Sentenza 25 gennaio 2002, n.911

I decreti in tema di potestà dei genitori sui figli minori o che
dispongano l’affidamento ex art. 4 comma 2 l. 4 maggio 1983 n. 184
sull’adozione, anche se resi dal giudice di secondo grado in esito a
reclamo, non sono impugnabili con ricorso per cassazione, ai sensi
dell’art. 111 cost. neppure se statuiscono esplicitamente o
implicitamente sulla giurisdizione italiana.

Sentenza 12 luglio 1995, n.427

L’adozione o ancor piú il proseguimento, da parte di una persona,
di una fede religiosa diversa da quella professata dal coniuge e da
quest’ultimo non condivisa né apprezzata, non può costituire di
per sé motivo di addebito della separazione, non potendosi in alcun
modo rimproverare ad un soggetto di esercitare un suo diritto
costituzionale, nonostante l’inevitabile incidenza sull’armonia
del ménage familiare. L’appartenenza di un genitore ad una
religione (nella specie: dei Testimoni di Geova) diversa da quella
cattolica professata dall’altro coniuge, non può costituire fattore
di discriminazione nella scelta del genitore affidatario, ma solo
elemento di valutazione nella prospettiva di garantire al minore un
equilibrato sviluppo. Peraltro, atteso il carattere tendenzialmente
segregativo e totalizzante del modello comportamentale geovista, il
giudice può inibire al genitore la partecipazione del minore alle
riunioni del gruppo religioso e l’assistenza a quelle che si
svolgano eventualmente in casa, almeno fino a quando costui non appaia
così condizionabile e impressionabile in ragione della sua età.

Sentenza 07 febbraio 1995, n.1401

Il comportamento di un coniuge consistente nel mutamento di fede
religiosa (da quella cattolica a quella dei Testimoni di Geova) e
nella partecipazione alle pratiche del nuovo culto, si ricollega
all’esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 della
Costituzione e non può avere rilevanza come motivo di addebito o come
ragione incidente sull’affidamento dei figli, se ed in quanto non
superi i limiti di compatibilità con i concorrenti doveri di coniuge
o di genitore.