Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 24 maggio 2018, n.12954

“In tema di separazione giudiziale dei coniugi, posto che
l’affido condiviso deve escludersi quando possa essere
pregiudizievole per l’interesse dei figli minori, deve disporsi
l’affido esclusivo del minore, nella specie di cinque anni
di età, al genitore in grado di assicurargli un modello
educativo predominante idoneo a garantirne un regolare processo
di socializzazione, e consentirgli l’acquisizione delle
certezze indispensabili per una crescita equilibrata, se
l’altro genitore, nella specie la madre, per avere
abbracciato
la religione dei testimoni di Geova, si presenta
destabilizzante per il minore stesso, prospettando un modello
educativo tale da renderne impossibile una corretta
socializzazione”.

Sentenza 18 dicembre 2013, n.28220

La declaratoria di esecutività della sentenza del tribunale
ecclesiastico che abbia pronunciato la nullità del matrimonio
concordatario per esclusione, da parte di uno soltanto dei coniugi, di
uno dei bona matrimonii e cioè per divergenza unilaterale tra
volontà e dichiarazione, postula che tale divergenza sia stata
manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questo
effettivamente conosciuta, ovvero che non gli sia stata nota soltanto
a causa della sua negligenza, atteso che ove le suindicate situazioni
non ricorrano la delibazione trova ostacolo nella contrarietà
con l'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il
principio fondamentale di tutela della buona fede e
dell'affidamento incolpevole. Pertanto, nel caso in cui venga
accertato che uno dei due nubendi abbia più volte manifestato
di non credere nel matrimonio e che tale riserva mentale fosse nota
all’altra parte già prima del matrimonio, la pronuncia
ecclesiastica oggetto di delibazione non può ritenersi
contraria all'ordine pubblico.

Sentenza 23 settembre 2011, n.19450

La L. n. 218 del 1995, nell’abrogare (ex art. 73) gli artt. 796 ss.
c.p.c., dettati in tema di delibazione di sentenze straniere, ha fatto
salve, all’art. 41, le disposizioni delle leggi speciali in tema di
adozioni di minori, così predicando il perdurante vigore (e la
prevalenza) della disciplina speciale dell’adozione internazionale di
minori rispetto alle previsioni di carattere generale di cui alla
riforma del diritto internazionale privato. Ne consegue
l’applicabilità, “in “subiecta materia”, della L. 31 dicembre 1998,
n. 476 (recante ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela
dei minori adottata all’Aja il 29 maggio 1993), che ha radicalmente
modificato la disciplina dell’adozione internazionale, sostituendo al
procedimento di delibazione del provvedimento straniero dettato dalla
L. n. 184 del 1983, art. 32, una complessa procedura che si snoda in
più fasi, analiticamente disciplinate dai novellati artt. 29 e ss.,
ed affida al tribunale dei minorenni i poteri in dette norme previste,
tra l’altro disponendo, all’art. 36, comma 1, che l’adozione
internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la
Convenzione può avvenire “soltanto con le procedure e gli effetti
previsti dalla presente legge” (Nel caso di specie, la Suprema Corte
ha cassato senza rinvio il provvedimento impugnato, perchè la domanda
di delibazione, ex art. 67, comma 2 della L. n. 218 del 1995, non
poteva essere proposta per la specialità del ritoinderogabilmente
disciplinato dalla L. n. 183 del 1984 come modificata dalla L. n. 476
del 1998).

Decreto 09 febbraio 2011

Il Marocco ha regolato l’istituto della Kafalah con procedura
giudiziaria ovvero un sistema di omologazioni e autorizzazioni
giudiziarie idonee ad assicurarne la funzione istituzionale di
protezione del fanciullo, riconosciuta anche dalla Convenzione di New
York del 1989 (art. 20). Ne consegue che – nel raffronto tra tale
istituto di diritto islamico e il modello dell’affidamento dei minori
previsto dal diritto italiano – prevalgono le analogie, perchè
entrambi gli istituti non hanno effetti legittimanti e non incidono
sullo stato civile del minore.
Nel caso in specie, dunque, la Corte di Appello ritiene dunque
applicabile l’art. 3 c. 2 lett. a ) del d.lgs. n. 30/2007,
nell’interpretazione secondo cui il diritto all’agevolazione
all’ingresso e soggiorno di talune categorie di familiari del
cittadino dell’Unione europea o italiano, diversi dal coniuge, dai
discendenti e ascendenti diretti, cioè quelli a carico o conviventi o
che soffrano di gravi condizioni di salute che rendano indispensabile
l’assistenza da parte del cittadino dell’Unione o italiano, non
può che tradursi nel rilascio del visto di ingresso per motivi di
riunificazione familiare (cfr. Corte di Appello di Venezia, decreto
3.2.2009
[/areetematiche/documenti/documents/corte_appello_venezia_decreto19012009.pdf]).

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In senso difforme: Tribunale di Verona, decreto 9 luglio 2010,
depositato il 12 luglio 2010 (I Grado)
[/areetematiche/documenti/documents/tribunale_verona_decreto_09072010.pdf]

Ordinanza 13 febbraio 2009

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, l’affido condiviso
deve escludersi quando possa essere pregiudizievole per l’interesse
dei figli minori. Nel caso di specie, veniva disposto l’affido
esclusivo del minore al genitore in grado di assicurargli un modello
educativo predominante idoneo a garantirne un regolare processo di
socializzazione, in quanto l’altro genitore per aver abbracciato
una nuova religione, quella dei testimoni di Geova, si presentava
destabilizzante per il minore stesso, prospettando un modello
educativo tale da renderne impossibile una corretta socializzazione.

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Per approfondire in OLIR.it
Cfr. Corte di Appello di Roma, Sentenza 18 aprile 2007
[https://www.olir.it/documenti/?documento=4352]: “Potestà dei genitori
ed affido condiviso del figlio minore

Sentenza 24 luglio 2009, n.236

E’ costituzionalmente illegittimo l’art. 2, comma 434, della legge
24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella
parte relativa ai professori universitari per i quali sia stato
disposto il collocamento fuori ruolo con formale provvedimento
amministrativo e che abbiano iniziato il corso del relativo periodo.
La contrazione del periodo di fuori ruolo, già in corso di
svolgimento, operata dalla norma censurata, riguarda infatti una
posizione giuridica concentrata nell’arco di un triennio, interessa
una categoria di docenti numericamente ristretta, non produce
significative ricadute sulla finanza pubblica, non risponde allo scopo
di salvaguardare equilibri di bilancio o altri aspetti di pubblico
interesse e neppure può definirsi funzionale all’esigenza di
ricambio generazionale dei docenti universitari, ove si consideri che
essi, con l’inizio del fuori ruolo, perdono la titolarità della
cattedra che rimane vacante. Il sacrificio imposto ai docenti
interessati, che già si trovano nello stato di fuori ruolo, dunque,
si rivela ingiustificato e perciò irragionevole, traducendosi nella
violazione del legittimo affidamento – derivante da un formale
provvedimento amministrativo – riposto nella possibilità di portare
a termine, nel tempo stabilito dalla legge, le funzioni loro conferite
e, quindi, nella stabilità della posizione giuridica acquisita.

Sentenza 02 luglio 2008, n.18174

Negli ordinamenti musulmani, il dovere di fratellanza e di
solidarietà, cui esorta il Corano [ivi versetto 5], è assolto, nei
confronti dei minori illegittimi, orfani o comunque abbandonati,
attraverso lo strumento – di tutela e protezione dell’infanzia –
definito “Kafalah”, mediante il quale il minore, per il quale non sia
possibile attribuire la custodia ed assistenza (hadana) nell’ambito
della propria famiglia (legittima), può essere accolto da due coniugi
od anche da un singolo affidatario (kafil), che si impegnano a
mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un figlio proprio,
fino alla maggiore età, senza però che l’affidato (makful) entri a
far parte, giuridicamente, della famiglia che così lo accoglie. Ciò
premesso, si può dunque rilevare come tra la Kafalah islamica e il
modello dell’affidamento nazionale italiano prevalgano, sulle
differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti, a
differenza dell’adozione, effetti legittimanti, e non incidendo, sia
l’uno che l’altro, sullo stato civile del minore; ed essendo anzi la
Kafalah, più dell’affidamento, vicina all’adozione, in quanto, mentre
l’affidamento ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah
(ancorché ne sia ammessa la revoca) si prolunga tendenzialmente fino
alla maggiore età dell’affidato.

Sentenza 20 marzo 2008, n.7472

Negli ordinamenti musulmani – mediante la “Kafalah” – il minore, per
il quale non sia possibile attribuire la custodia ed l’assistenza
(hadana) nell’ambito della propria famiglia legittima, può essere
accolto da due coniugi od anche da un singolo affidatario (kafil), che
si impegnino a mantenerlo, educarlo ed istruirlo, come se fosse un
figlio proprio, fino alla maggiore età, senza però che l’affidato
(makful) entri a far parte, giuridicamente, della famiglia che così
lo accoglie. Nei Paesi di area islamica (nel caso di specie, il
Marocco) la Kafalah viene generalmente disposta, ai sensi delle
rispettive legislazioni, con procedura giudiziaria o previo accordo,
tra affidanti e affidatari, autorizzato da un Giudice, Non può dunque
escludersi, agli effetti del ricongiungimento familiare,
l’equiparabilità della Kafalah islamica all’affidamento, posto che
tra quest’ultima e il modello dell’affidamento nazionale prevalgono,
sulle differenze, i punti in comune, non avendo entrambi tali istituti
effetti legittimanti e non incidendo, sia l’uno che l’altro, sullo
stato civile del minore; essendo anzi la Kafalah, più
dell’affidamento, vicina all’adozione in quanto, mentre l’affidamento
ha natura essenzialmente provvisoria, la Kafalah, ancorché ne sia
ammessa la revoca, si prolunga tendenzialmente a fino alla maggiore
età dell’affidato.

Sentenza 04 aprile 2007

Il nuovo testo dell’art. 155, comma 1, cod. civ. interamente
sostituito dall’art. 1 della legge n. 54/2006, riconosce il “diritto
del figlio minore”, anche in caso di separazione dei genitori, “di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei
genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di
conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti
di ciascun ramo genitoriale”. Ciò implica come soluzione prioritaria,
secondo la chiara disposizione di cui allo stesso art. 155 (nuovo
testo), comma 2, del cod. civ., quella dell’affidamento dei minori ad
entrambi i genitori, potendo il giudice disporre l’affidamento ad uno
solo di essi nell’ipotesi residuale in cui ritenga, con provvedimento
motivato, che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse dei
figli (nel caso di specie, la Corte ha stabilito che i figli minori di
due genitori separati venissero affidati ad entrambi i genitori,
ricevendo un’educazione religiosa aperta alle loro diverse fedi
(ebraica quella del padre e cristiana quella della madre), nel
rispetto della libertà di orientamento religioso dei loro figli).