Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 17 aprile 2018

Nella pronuncia relativa alla causa
C‑414/16, la Corte di Giustizia ha affermato
che "qualora una Chiesa o un’altra organizzazione la
cui etica è fondata sulla religione o sulle convinzioni
personali alleghi, a sostegno di un atto o di una decisione quale il
rigetto di una candidatura a un posto di lavoro al suo interno, che,
per la natura delle attività di cui trattasi o per il contesto
in cui tali attività devono essere espletate, la religione
costituisce un requisito essenziale, legittimo e giustificato per lo
svolgimento dell’attività lavorativa, tenuto conto
dell’etica di tale Chiesa o di tale organizzazione, una siffatta
allegazione deve, se del caso, poter essere oggetto di un controllo
giurisdizionale effettivo".
Secondo la Corte,
l'’art. 4, par. 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio
è da interpretarsi nel senso che "il requisito
essenziale, legittimo e giustificato per lo svolgimento
dell’attività lavorativa ivi previsto rinvia a un
requisito necessario e oggettivamente dettato, tenuto conto
dell’etica della Chiesa o dell’organizzazione di cui
trattasi, dalla natura o dalle condizioni di
esercizio dell’attività professionale in questione,
e non può includere considerazioni estranee a tale etica o
al diritto all’autonomia di detta Chiesa o di detta
organizzazione. Tale requisito deve essere conforme al principio
di proporzionalità".

Fonte del
documento: https://eur-lex.europa.eu

La redazione di OLIR.it ringrazia il Professor Nicola Colaianni per la
segnalazione del documento.

Sentenza 27 febbraio 2018

CEDU, sez. IV, caso Mockutè c.
Lituania (ric. 66490/09) del 27 febbraio 2018: i giudici di Strasburgo
hanno ritenuto che il ricovero forzato di una persona affetta da
disturbi mentali e il tentativo di 'correggerne' le
convinzioni e pratiche religiose costituiscono violazione
dell'articolo 9 della Cedu. Inoltre, nel rispetto
dell'articolo 8 della Convenzione, i medici e la struttura
ospedaliera non possono divulgare informazioni personali sulla salute
del paziente e dati sensibili inerenti aspetti della sua vita sessuale
e integrità morale.
Nel caso di specie, la Corte ha
rilevato che l'ospedale ha condiviso illegalmente questo tipo di
informazioni e ha violato la libertà di religione della
ricorrente, trattenendola illegalmente e facendole pressione per
'correggere' le sue convinzioni religiose.

Sentenza 25 gennaio 2018

Il caso riguarda la decisione assunta
dai medici di interrompere i trattamenti sanitari che mantengono in
vita una minore di 14 anni, ricoverata in stato vegetativo.
Secondo la Corte EDU, il ricorso presentato dai genitori, che si sono
opposti all'interruzione della terapia, è inammissibile.
La Corte ha infatti rilevato come la disciplina legislativa
francese in materia di trattamenti sanitari non sarebbe in contrasto
con le norme della Convenzione europea sui diritti dell'uomo,
nella specie con l'articolo 2 (diritto alla vita).

 

Sentenza 30 gennaio 2018

Il caso in esame vede coinvolta una
società di abbigliamento, multata per aver esposto a Vilnius e
sul suo sito web una serie di annunci pubblicitari giudicati
dall'autorità giudiziaria lituana come offensivi e contrari
alla morale pubblica. I messaggi pubblicitari contestati contenevano
riferimenti a "Gesù" e "Maria".
La
Corte ha rilevato che, nonostante i reclami, gli annunci pubblicitari
non erano gratuitamente offensivi e non incitavano all'odio.
Secondo i giudici di Strasburgo, la multa inflitta per aver
"offeso la morale pubblica" ha dunque violato il diritto
alla libertà d'espressione.

Sentenza 26 ottobre 2017

CORTE EDU, CASO RATZENBÖCK AND
SEYDL V AUSTRIA, 26 OTTOBRE 2017 (RICORSO N. 29475/12)

2. The Court’s assessment

(…)

(b) Compliance with Article 14 of the
Convention read in conjunction with Article 8

(…)

(iii) Application of the general
principles to the present case

38. The applicants
claimed that they had been discriminated against as a different-sex
couple, as they had no possibility of entering into a registered
partnership, an institution they preferred to marriage. The Court
therefore has to examine first whether, for the purpose of Article 14
of the Convention, the applicants were in a comparable situation to
same-sex couples who have access to registered partnerships and, if
so, whether any difference in treatment was justified.
39. The
Court accepts that different-sex couples are in principle in a
relevantly similar or comparable position to same-sex couples as
regards their general need for legal recognition and protection of
their relationship (see paragraph 35 above).
40. The Court
observes that the exclusion of different-sex couples from the
registered partnership has to be examined in the light of the overall
legal framework governing the legal recognition of relationships. The
registered partnership was introduced as an alternative to marriage in
order to make available to same-sex couples, who remain excluded from
marriage, a substantially similar institution for legal recognition
(see paragraph 13 above). Thus, the Registered Partnership Act (see
paragraphs 13-16 above) in fact counterbalances the exclusion of
same-sex couples in terms of access to legal recognition of their
relationships which existed before the Act entered into force in 2010.
In the case of Schalk and Kopf the Court found that the Registered
Partnership Act gave the applicants, a same-sex couple, the
possibility of obtaining a legal status equal or similar to marriage
in many respects. The Court concluded that there was no indication
that the respondent State had exceeded its margin of appreciation in
its choice of rights and obligations conferred by the registered
partnership (see Schalk and Kopf, cited above, § 109). Thus, the
institutions of marriage and the registered partnership are
essentially complementary in Austrian law. In this connection, the
Court observes further that, as has already been pointed out in Schalk
and Kopf, the legal status initially provided for by the Registered
Partnership Act was equal or similar to marriage in many respects, and
there were only slight differences in terms of material consequences
(ibid., § 109). Moreover, the Court observes that the legal
frameworks governing marriage and the registered partnership were
further harmonised after the Court had adopted its judgment in the
case of Schalk and Kopf and also after the applicants had lodged the
present application, and that to date no substantial differences
remain (see paragraph 16 above).
41. The applicants, as a
different-sex couple, have access to marriage. This satisfies –
contrary to same-sex couples before the enactment of the Registered
Partnership Act – their principal need for legal recognition.
They have not argued for a more specific need. Their opposition to
marriage is based on their view that a registered partnership is a
more modern and lighter institution. However, they have not claimed to
have been specifically affected by any difference in law between those
institutions.
42. This being so, the Court considers that the
applicants, being a different-sex couple to which the institution of
marriage is open while being excluded from concluding a registered
partnership, are not in a relevantly similar or comparable situation
to same-sex couples who, under the current legislation, have no right
to marry and need the registered partnership as an alternative means
of providing legal recognition to their relationship. There has
therefore been no violation of Article 14 taken in conjunction with
Article 8 of the Convention.”

Sentenza 14 dicembre 2017

“II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 8 OF THE CONVENTION AND
ARTICLE 14 IN CONJUNCTION WITH ARTICLES 8 AND 12 OF THE CONVENTION
 

137. The applicants complained about the refusal to
register their marriages, contracted abroad, and the fact that they
could not marry or have any other legal recognition of their family
union in Italy. They considered that the situation was discriminatory
and based solely on their sexual orientation. They cited Article 8, 12
and 14.”

Sentenza 11 luglio 2017

  European Court of Human Rights Cour européenne des droits de l'homme DEUXIÈME SECTION AFFAIRE BELCACEMI ET OUSSAR c. BELGIQUE (Requête no 37798/13) ARRÊT STRASBOURG 11 juillet 2017 Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme. En l’affaire Belcacemi et […]

Varie 22 marzo 2004, n.A5/0207

Parlamento europeo. Relazione 22 marzo 2004, A5-0207/2004: “Situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea (2003)” Il Parlamento europeo (omissis) 89. Invita tutti gli Stati membri a vigilare affinché la libertà di pensiero, di coscienza e di religione nonché la tradizione non ledano l’autonomia delle donne e il principio della parità tra donne e uomini e affinché […]

Dichiarazione/i 10 maggio 2004

COMECE 10 maggio 2004: “Dichiarazione in vista dell’elezione del Parlamento europeo dal 10 al 13 giugno. Un’opportunità di concretizzare i nostri valori” Tra il 10 e il 13 giugno 2004, gli elettori dei 25 Stati membri dell’Unione europea – che conta orami 450 milioni di abitanti – eleggeranno 732 deputati incaricati di rappresentarli al Parlamento […]