Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 04 giugno 2018, n.584 U.S. (2018)

La Corte suprema americana, decidendo una
nota controversia sulla libertà di coscienza nell’ambito
delle politiche antidiscriminatorie riguardante il diniego di un
pasticcere di confezionare una torta per il ricevimento nuziale di una
coppia omosessuale, si è concentrata
sull’illegittimità del procedimento condotto dalla
Commissione che se ne era occupata in prima istanza, non risolvendo il
problema, più ampio, della facoltà concessa o meno ai
proprietari di servizi nuziali di rifiutare, sulla base dei loro
convincimenti, clienti che intendano celebrare nozze tra persone
dello stesso sesso. La Corte ha quindi evitato di pronunciarsi
sul problema costituzionale specifico, rilevando invece una
discriminazione religiosa all’interno del procedimento di
accertamento della discriminazione di orientamento sessuale..

Sentenza 14 novembre 2018, n.C-342/17

La Corte di Giustizia UE ha chiarito che una normativa nazionale che
vieta ai cittadini di fornire un servizio di conservazione di urne
cinerarie costituisce una ingiustificata restrizione alla
libertà di stabilimento. Per quanto riguarda la tutela della
salute, le ceneri sono infatti inerti dal punto di vista biologico;
circa la tutela del rispetto della memoria dei defunti, una simile
normativa si spinge oltre quanto necessario per conseguire
l'obiettivo e infine, quanto ai valori morali e religiosi
prevalenti in Italia che osterebbero a una finalità di lucro di
simile attività, la Corte ricorda che quest'ultima è
già assoggettata a una tariffa imposta dalla pubblica
autorità e che, dunque, l'Italia non la ritiene di per
sè contraria ai propri valori.

Si ringrazia
Patrizia Clementi per la segnalazione.

Sentenza 06 novembre 2018, n.C-622-623/16

La Corte di Giustizia
dell'Unione Europea ha stabilito che lo Stato italiano deve
recuperare gli aiuti illegali concessi sulla base dell'esenzione
dall'ICI, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la
sentenza del Tribunale UE del 2016 che avevano sancito
l’impossibilità di recupero dell’aiuto nei
confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi
"a causa di difficoltà organizzative". I giudici di
Lussemburgo hanno infatti riitenuto che tali circostanze costituiscano
mere «difficoltà interne»
all’Italia, esclusivamente ad essa imputabili e non idonee
a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. La
Commissione europea avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio
l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il
recupero, anche soltanto parziale, delle somme; i ricorrenti erano
situati in prossimità immediata di enti ecclesiastici o
religiosi che esercitavano attività analoghe e quindi
l’esenzione ICI li poneva «in una situazione
concorrenziale sfavorevole e falsata. La Corte di giustizia ha
ritenuto invece legittime le esenzioni dall’IMU, in quanto con
quest'ultima imposta l’esenzione è stata limitata ai
soli locali dedicati al culto mentre l’imposta è dovuta
sul resto del fabbricato.

Sentenza 12 ottobre 2018, n.186/2018

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale
l'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario nella parte in
cui non consente ai detenuti assegnati a quel regime di cuocere cibi
in cella. La disposizione censurata, infatti, viola sia gli artt. 3
che 27 della Costituzione. Alla luce degli obbiettivi cui tendono le
misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione, le
limitazioni in materia di cottura dei cibi, secondo la Consulta,
appaiono incongrue e inutili, configurandosi come
un'ingiustificata deroga all'ordinario regime carcerario,
dotato di valenza meramente e ulteriormente afflittiva. Potersi
esercitare nella cottura dei cibi, al contrario, costituirebbe una
modalità, "umile e dignitosa", per tenersi in
contatto con le usanze del mondo esterno e la negazione
dell'accesso a questa abitudine si configura come una lesione
all'art. 27, terzo comma, Cost., presentandosi
come un'inutile e ulteriore limitazione, contraria al senso
di umanità.

Sentenza 08 ottobre 2018, n.2227/2018

Il TAR Lombardia ha rimesso alla Corte costituzionale, per
contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 19, 114, 117, commi 2, lett. m), e 6,
terzo periodo, e 118 Cost., la questione di legittimità
costituzionale relativa all’art. 72, comma 5, l. reg.
Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nel testo risultante dalle modifiche
apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), l. reg. Lombardia 3
febbraio 2015, n. 2, nella parte in cui, avuto riguardo alla tutela
costituzionale riservata alla libertà religiosa, non detta
alcun limite alla discrezionalità del Comune nel decidere
quando e in che senso determinarsi a fronte della richiesta di
individuazione di edifici o aree da destinare al culto. Ritiene
infatti il Tar che la domanda di spazi da dedicare all’esercizio
di tale libertà debba trovare una risposta – in un senso
positivo o in senso negativo – in tempi certi, ed entro un termine
ragionevole, avuto riguardo sia ai tempi connessi alla valutazione di
impatto sul tessuto urbanistico, a volte indiscutibilmente complessa,
sia avuto riguardo alla particolare importanza del bene della vita al
quale aspirano i fedeli interessati. La richiamata condizione di
attesa a tempo indeterminato e di incertezza rileva quale ostacolo
all’esplicazione del diritto di libertà religiosa.

Sentenza 03 agosto 2018, n.1939/2018

Il TAR di Milano ha rimesso alla Corte costituzionale, per
contrasto con gli artt. 2, 3 e 19 Cost., la questione di
legittimità costituzionale relativa all’art. 72, commi 1
e 2, l. reg. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nella parte in cui
stabilisce che – in assenza o comunque al di fuori delle
previsioni del Piano delle attrezzature religiose – non sia
consentita l’apertura di alcuna attrezzatura religiosa, a
prescindere dal contesto e dal carico urbanistico generato dalla
specifica opera. Secondo il TAR, tali previsioni sono di dubbia
legittimità costituzionale in quanto preordinano una completa e
assoluta programmazione pubblica della realizzazione di
“attrezzature religiose”, in funzione delle
“esigenze locali” – rimesse all’apprezzamento
discrezionale del Comune – a prescindere dalle caratteristiche
in concreto di tali opere, e persino della loro destinazione alla
fruizione da parte di un pubblico più o meno esteso,
introducendo così un controllo pubblico totale, esorbitante
rispetto alle esigenze proprie della disciplina urbanistica, in ordine
all’apertura di qualsivoglia spazio destinato
all’esercizio del culto (o anche di semplici attività
culturali a connotazione religiosa).

Sentenza 27 agosto 2018, n.2018/18

Il TAR Lombardia ha respinto il ricorso proposto
da un'associazione culturale avverso l'ordinanza con cui il
Comune di Cantù aveva disposto la cessazione dell'utilizzo a
luogo di culto di un immobile di proprietà di quest'ultima,
per contrasto con la destinazione urbanistica dell'area e in
assenza del relativo permesso di costruire. Il rilevante numero di
persone che entra nell'immobile in occasione delle feste
religiose, infatti, palesa un utilizzo dei locali che, per la sua
incidenza urbanistica ed edilizia, necessita del previo rilascio di un
permesso di costruire, mai rilasciato. il Legislatore Regionale,
invece, ha imposto l'obbligatorietà del titolo edilizio ai fini
del conseguimento della destinazione di un immobile a luogo di culto,
anche in assenza di opere edilizie.

Sentenza 18 settembre 2018, n.3413/09

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
ha ravvisato una violazione dell'articolo 9 della Convenzione nel
provvedimento di un giudice belga che aveva imposto a una donna di
allontanarsi dall'aula di tribunale a seguito del suo rifiuto di
rimuovere  l'hijab, il velo islamico che copre esclusivamente
capelli e collo. Secondo la Corte, ciò ha comportato una
evidente restrizione all'esercizio del diritto di libertà
religiosa della donna, dal momento che il provvedimento non poteva
dirsi giustificato da esigenze di ordine pubblico: la condotta della
donna, infatti, non è stata in alcun modo irrispettosa e non ha
costituito alcuna minaccia al regolare svolgimento dell'udienza.
Inoltre, il velo non copriva l’intero volto e la donna non
rappresentava lo Stato nell’esercizio di una funzione pubblica
ma era una cittadina privata, senza obblighi di non mostrare in
pubblico il proprio credo religioso. Le aule di giustizia vanno
sì considerate luoghi pubblici, con la conseguenza che il
principio di neutralità deve essere garantito e prevalere
rispetto alla manifestazione del credo religioso, ma, nel caso di
specie, la motivazione alla base del provvedimento non era la
neutralità quanto il mantenimento dell’ordine che, per la
Corte, non era in alcun modo compromesso dal velo indossato dalla
donna.

Sentenza 06 settembre 2018, n.Case n. 76/2018

La Corte Suprema indiana ha depenalizzato il reato di
omosessualità, punito da più di centocinquant'anni.
La Corte ha infatti chiarito che gli atti sessuali consensuali tra
adulti in luogo privato non possono essere in alcun modo vietati, in
quanto espressione di una libera scelta individuale. La previsione del
codice penale che ancora incriminava i rapporti omosessuali, quindi,
aveva portata discriminatoria e si poneva in contrasto con i principi
costituzionali.

Sentenza 11 settembre 2018, n.40301/18

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di
violenza sessuale con abuso di autorità commesso da un parroco
nei confronti di un minore. Pur non ricorendo una posizione
autoritativa di tipo formale e pubblicistico, infatti, il ricorrente,
per il suo ruolo di parroco, era percepito come un sicuro punto di
riferimento dai giovani che frequentavano l’oratorio, a nulla
rilevando che non rivestisse alcun ruolo formale all’interno
dell’istituto scolastico ospitato dalla casa salesiana di cui
era direttore. La sua veste di parroco era sufficiente a giustificare
l’esistenza della sua posizione di supremazia rispetto ai minori
che si relazionavano con lui in oratorio.