Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Ordinanza 03 dicembre 1984, n.266

È manifestamente inammissibile — per assoluta carenza di
motivazione – la questione di legittimità costituzionale dell’art.
724 c.p. sollevata in relazione agli artt. 3, 8, 19 e 21 Cost. con
ordinanza 22 luglio 1983 (R.O. n. 868 del 1983 G.U. n. 60, 1984),
nulla essendo dato conoscere della questione perché l’ordinanza è
silente su qualsiasi riferimento ai fatti ed è assolutamente priva
del più vago cenno di motivazione.

Ordinanza 05 marzo 1971

Nessuna disposizione della Costituzione italiana prevede, direttamente
o indirettamente, una qualsiasi posizione di ufficialità della
religione cattolica né di una qualsiasi situazione legale di
preminenza o di privilegio o di maggior protezione di essa nei
confronti di ogni altra. L’eguale misura di protezione alle
confessioni come tali e ai singoli fedeli discende non solo dalla
lettura ma anche dallo spirito della Costituzione. La disposizione
prevista dall’art. 724, I comma, cod. pen. appresta per la sola
religione cattolica una speciale tutela penale, con evidente lesione
dei principi di uguaglianza e di libertà dei cittadini e dei culti,
sanciti dagli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione, disposizioni
queste che non pongono, invero, in favore di una determinata
religione, alcuna riserva alla pienezza dei diritti di libertà da
esse garantiti a tutti. Non è manifestamente infondata, pertanto, la
questione di legittimità costituzionale dell’art. 724, I comma,
cod. pen. per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 21 della Costituzione.

Ordinanza 29 dicembre 1988

I mutamenti del costume e la riduzione della sensibilità della
pubblica opinione nei confronti dei comportamenti integranti il reato
di vilipendio della religione inducono a dubitare della permanente
legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 403 c.p.:
questa infatti, non permettendo la esatta preindividuazione del
contenuto del precetto penale, appare in contrasto con gli artt. 2, 3,
I e 11 comma, 25, II comma e 27, I e III comma Cost.

Ordinanza 05 febbraio 1996

Pretura di Tirano. Ordinanza 5 febbraio 1996: “Turbamento di funzioni religiose”. Pret. Licitra – Imp. D. (Omissis) Motivazione — All’esito dell’esperita istruttoria, l’imputato veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati di cui in epigrafe. In sede dibattimentale, veniva aggiunta la contestazione di cui agli artt. 403 e 406 c.p. Venivano assunte varie testimonianze e, […]

Ordinanza 03 ottobre 1980

Per la punibilità del delitto di vilipendio della religione dello
Stato considerata quale entità astratta ed indipendentemente dallo
sue manifestazioni esteriori è necessario che l’agente sia
consapevole della idoneità della sua condotta e si proponga proprio
il raggiungimento di siffatto scopo. (Nel caso di specie, il Pretore
ha peraltro assolto gli imputati in quanto non ha ritenuto sussistenti
nella fattispecie gli elementi psicologici indispensabili per ritenere
commesso il reato previsto e punito dall’art. 402 del codice penale,
e cioè sia il dolo generico, inteso come volontà libera e cosciente
nonché intenzione di commettere il fatto e sia il dolo specifico,
inteso come fine di vilipendere espressamente il patrimonio dogmatico
della religione cattolica).

Ordinanza 20 aprile 1971

Poiché nell’ampia sfera delle libertà di pensiero e di culto
costituzionalmente protette e garantite nei confronti di tutti
indistintamente deve essere compresa qualunque manifestazione verbale
e scritta che comunque contrasti al pensiero religioso, salvo i limiti
riguardanti il buon costume previsti dalla stessa Costituzione, è
logico concludere che anche le espressioni con contenuti oltraggiosi o
irriverenti o che abbiano l’idoneità a vilipendere una qualunque
religione vanno inclusi nell’ambito dell’estrinsecazione della
libertà di pensiero nel campo religioso. Pertanto, nella fattispecie,
malgrado la sussistenza e la pubblicità del reato di bestemmia e la
sussistenza nella sua entità materiale del reato di vilipendio alla
religione dello Stato, deve applicarsi l’esimente prevista
dall’art. 51 cod. pen. per avere l’imputato agito nell’esercizio
di un diritto garantito dalla Costituzione.

Ordinanza 06 novembre 1996

Il fatto di aver bestemmiato in pubblico contro la Madonna non è più
previsto dalla legge come reato dopo la modificazione dell’art. 724
I comma cp. da parte della Corte costituzionale con la sentenza n. 440
del 1995, perciò l’imputato deve essere assolto con la formula
secondo la quale “il fatto non è previsto dalla legge come reato”
non potendo tale offesa rientrare nel reato di turpiloquio (art. 726
c.p.) in quanto il disvalore penale di siffatta condotta rientra
esclusivamente nell’ambito del modificato art. 724 c.p.

Ordinanza 20 marzo 1970

Il legislatore, inserendo in bestemmia tra le contravvenzioni
concernenti la polizia dei costumi, non ha inteso tutelare la
religione cattolica, bensì solo il sentimento religioso dei cittadini
cattolici, che non deve essere turbato dall’altrui leggerezza o
cattiva educazione. L’art. 724, 1 comma, codice penale punisce non
colui che bestemmiando intenda dileggiare la religione cattolica
tramite i suoi simboli (fattispecie che configura il reato di
vilipendio previsto dall’art. 402 cod. pen.), ma solo il soggetto
che, incurante del sentimento religioso dei cattolici, inveisce contro
la Divinità e i simboli della religione da costoro professata. Tale
disciplina opera una non giustificata discriminazione tra i cittadini
poiché lascia indifeso il sentimento religioso dei cittadini
professanti altra religione diversa dalla cattolica. Si deve perciò
ritenere che la norma in questione si pone in evidente contrasto con
l’art. 3 della Costituzione.

Ordinanza 05 novembre 1998

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 402 c.p. per contrasto con gli
artt. 3, I comma, e 8, I comma, Cost., in quanto la previsione del
reato di vilipendio della religione dello Stato determina una
effettiva discriminazione e differente tutela fra le confessioni
religiose con conseguente violazione di principi di rango
costituzionale.

Ordinanza 10 luglio 2006, n.15614

In mancanza di un’espressa previsione di legge impositiva
dell’obbligo di affissione del crocifisso nelle scuole, così come
rilevato dal giudice delle leggi nell’ordinanza n. 389/2004, trova
applicazione – ai fini della giurisdizione – l’art. 33 del D.Lgs
80/1998, sostituito dall’articolo 7 della legge 204/2000, nel testo
risultante dalla sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale (e con
le puntualizzazioni contenute nella recente sentenza 191/2006), che
nella materia dei pubblici servizi attribuisce al giudice
amministrativo la giurisdizione esclusiva se in essa la pubblica
amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero
si avvale della facoltà riconosciutale dalla legge di adottare
strumenti negoziali in sostituzione dei potere autoritativo. Non è
infatti contestabile che l’affissione del crocifisso nelle scuole
avvenga sulla base di provvedimenti dell’autorità scolastica
conseguenti a scelte dell’Amministrazione, contenute in regolamenti
e circolari ministeriali, riguardanti le modalità di erogazione del
pubblico servizio, e quindi riconducibili, pur nella complessità
delle implicazioni e nella rilevanza e delicatezza degli interessi
coinvolti alla potestà organizzatoria della stessa. La ritenuta
giurisdizione del giudice amministrativo si estende dunque alla
consequenziale domanda risarcitoria proposta, secondo il disposto
dell’articolo 35 del D.Lgs 80/1998, come sostituito dall’articolo
7 della legge 205/2000 (Nella fattispecie in esame, i ricorrenti, in
proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sui figli minori,
chiedevano – previo accertamento della lesione del diritto assoluto di
libertà religiosa in relazione al principio di uguaglianza e di
laicità dello Stato – che il Ministero dell’Istruzione fosse
condannato al risarcimento dei danni in forma specifica, mediante la
rimozione del crocifisso dall’ambiente scolastico, nonchè al
risarcimento del danno per lesione del diritto alla libertà ed al
libero sviluppo psichico dei minori).