Fattore religioso e guerra in Ucraina
“Fattore religioso e guerra in Ucraina”
Il focus di Gianfranco Macrì
(Ordinario di Diritto ecclesiastico e canonico – Università degli studi di Salerno)
La guerra Russo-ucraina contiene, all’interno del proprio ventre, una componente per nulla secondaria, che si affianca a quella geopolitica, prevalente, definendola in modo peculiare. Si tratta della dimensione religiosa ortodossa, la cui complessità interna (che affonda nei secoli) riverbera sulle scelte politiche e sull’andamento della crisi.
La religione rappresenta un formante identitario di prima grandezza che non può essere trascurato nella difficile interpretazione di ciò che sta accadendo nel cuore dell’Europa. Non si tratta di qualcosa che marginalmente “affianca” il confronto politico e lo scontro militare tra Ucraina e Russia, al contrario, siamo di fronte a qualcosa che coinvolge integralmente l’esistenza delle persone (e delle persone credenti), che fa parte dell’identità delle popolazioni slave come di quelle elleniche, che oltrepassa la formula della “fede pensata” (frutto del primato della ragione che libera la religione dal fanatismo) e che vede in alcune appendici della modernità qualcosa di potenzialmente peccaminoso, specie se “questa modernità” – come ha detto Enzo Bianchi – “arriva agli ortodossi russi in un cono d’ombra che è quello occidentale-americano”.
A dare conferma di ciò sono le parole pronunciate, a ripetizione, dal patriarca Kirill, secondo il quale la “Fede e la Madrepatria” rappresentano la fortezza da difendere contro la “forza colossale” che influenza molti paesi nel mondo e che “si oppone – sono parole di Kirill – alla forza del nostro popolo”.
Il mantra di Kirill fa terra bruciata delle buone intenzioni manifestate tempo fa a Papa Francesco, in occasione dell’incontro nella sala d’aspetto dell’aeroporto dell’Avana, quando fu proprio il Patriarca di Mosca a parlare della vicenda Ucraina seguendo un registro comunicativo incentrato sulla comprensione delle intenzioni di tutte le parti in causa.
Con la decisione di Putin di violare la sovranità ucraina, Kirill ha deciso di benedire il patriottismo ideologico del nuovo “Carlo Magno d’Oriente”, che in questi anni, sotto gli occhi di tutti, ha sostenuto e finanziato ovunque ha potuto gli interessi delle chiese ortodosse, dal Medio Oriente, alla Siria, dall’Africa all’America Latina.
Ovviamente Kirill deve fare i conti non solo col dissenso interno al patriarcato di Mosca, ma anche con quello delle chiese in comunione con Costantinopoli (a partire da quella presente in Ucraina), senza dimenticare – sempre in Ucraina – la presenza di una chiesa patriarcale autocefala e di una cattolica uniate, cioè di rito bizantino.
Da questo cosa possiamo dedurre, che se la partita politico-militare tra Russia e Ucraina è ancora tutta da decidere, di sicuro tra le Chiese una vittima c’è già, ed è il Patriarcato ortodosso di Mosca. Il suo “arruolamento” a sostegno di Putin avrà conseguenze pesanti che si rifletteranno sia sull’unità della Chiesa ortodossa russa, sia sul primato dello stesso Kirill. Quanto allo stato ucraino, il su spostamento verso occidente è sempre più marcato, e la leadership di un Presidente, come Zelensky, di fede ebraica, determinerà nuovi equilibri nel perimetro della politica del fattore religioso in Ucraina e non solo.