Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 31 gennaio 2006

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Sentenza 31 gennaio 2006: “Giniewski c. France: reato di diffamazione e violazione dell’art. 10 CEDU”. DEUXIÈME SECTION. Requête no 64016/00. Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme. En l’affaire Giniewski c. France, La Cour […]

Disegno di legge 11 luglio 2005, n.5986

Camera dei Deputati. Proposta di legge, di iniziativa del deputato Perrotta, n. 5986 dell’11 luglio 2005: “Modifica agli articoli 299 e 404 del codice penale, in materia di offesa alla bandiera o alla religione di uno Stato estero” RELAZIONE ONOREVOLI COLLEGHI ! — La presente proposta di legge apporta modifiche a due articoli del codice […]

Sentenza 14 giugno 2005

I delitti previsti dagli artt. 403 e 404 c.p. puniscono l’offesa
alla religione mediante, rispettivamente, vilipendio di persone o di
cose che formino oggetto di culto. In particolare, il vilipendio è
ravvisabile nell’offesa volgare e grossolana, che si concreta in
atti che assumono caratteri evidenti di dileggio, derisione e
disprezzo; con riferimento alle cose che formino oggetti di culto,
può estrinsecarsi non solo in atti materiali di disprezzo, ma anche
in espressioni verbali. L’elemento psicologico di tali delitti è il
dolo generico, ossia la volontà di commettere il fatto con la
consapevolezza della sua idoneità a vilipendere. Integra, pertanto,
gli estremi del reato di cui all’art. 403 c.p. la condotta di colui
che, nel corso di una trasmissione televisiva, abbia definito la
Chiesa cattolica come “un’associazione a delinquere” ed il Papa
come “un signore extracomunitario che capeggia la chiesa” ed un
“abile doppiogiochista”, posto che i riferimenti in questione –
oltre ad essere rivolti all’istituzione della Chiesa in sé – si
estendono ai suoi esponenti, per ruolo dagli stessi rivestito, con
effetti chiaramente offensivi. Integra, inoltre, il reato di offesa
alla religione mediante vilipendio di cose, il riferimento al
crocifisso come “cadavere in miniatura”, in quanto tale
definizione spoglia la croce del suo significato simbolico religioso,
riducendola ad una beffarda definizione anatomica.

Sentenza 13 marzo 2003, n.20739

Il reato di “turbatio sacrorum”, di cui all’art. 405 c.p., può essere
perfezionato da due condotte antigiuridiche: l’impedimento della
funzione, consistente nell’ostacolare l’inizio o l’esercizio della
stessa fino a determinarne la cessazione, oppure la turbativa della
funzione, che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in
modo regolare. Nel caso di specie la Corte ha ravvisato il suddetto
reato nella turbativa causata dal comportamento dell’imputato, che
aveva, nel corso della celebrazione della Messa, coinvolto e
disturbato molti fedeli dal loro raccoglimento.

Sentenza 01 ottobre 2001

L’art. 404 c.p. punisce l’offesa alla religione commessa “mediante
vilipendio di cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al
culto, o siano destinate necessariamente all’esercizio del culto”.
Sin da epoca risalente, l’elaborazione dottrinale e
giurisprudenziale individua le cose che “formano oggetto di culto”
in quelle verso cui il culto si tributa, la quali sono pertanto
adorate ed oggetto di preghiera per il fatto di rappresentare o
simboleggiare l’essenza divina: si tratta delle immagini sacre, del
crocifisso, ecc. La natura mobile o immobile, la commerciabilità o
meno delle cose, l’avvenuta consacrazione o benedizione delle stesse
sono invece indifferenti, < > – secono la dottrina – <>. Tra le
“cose consacrate al culto” vengono ricomprese quelle (chiese,
altari, calici, tabernacoli, ecc.) che hanno ricevuto il particolare
atto rituale della consacrazione del vescovo o benedizione del
sacerdote, atto che sottrae la cosa ad ogni uso profano o improprio.
Infine, “cose necessariamente destinate all’esercizio del culto”
sono quelle che, non appartenenti alle altre due categorie, sono
comunque necessarie per lo svolgimento della liturgia o del rito sacro
(paramenti, stendardi, ceri, ecc.). Secondo la pacifica
interpretazione della dottrina, inoltre, il vilipendio può essere
commesso non solo con atti materiali, ma anche con parole o qualunque
altro mezzo idoneo; è invece imprescindibile che la condotta sia
posta in essere direttamente sopra o verso la cosa in questione, e
comunque in sua presenza. Nell’accertamento della sussistenza del
reato di cui all’art. 404 c.p. non può dunque in alcun modo
prescindersi dalla presenza – quale oggetto della condotta di
vilipendio – di una cosa che sia realmente ed effettivamente oggetto
di culto o consacrata, ovvero destinata all’esercizio del culto, con
l’ulteriore precisazione, quanto a tale ultima categoria, che detta
destinazione sia attuale e non solo possibile. (Nel caso di specie,
concernente la produzione cinematografica dal titolo “Totò che
visse due volte”, non è stata dimostrata la riconducibilità di
alcuno degli oggetti impiegati nelle riprese – croci, statue, edicole
votive, ecc. – all’una o all’altra delle categorie di “cose”
di cui all’art. 404, nel senso tecnico sopra precisato, ma queste
ultime sono per contro risultate oggetti fabbricati durante la
produzione ovvero noleggiati presso negozi specializzati).

Sentenza 20 marzo 2000

La condotta di invasione arbitraria ai fini dell’art. 633 c.p. deve
essere supportata dall’elemento soggettivo caratterizzato dal dolo
specifico di “occupare o comunque trarre profitto” dal bene
invaso: non è, quindi, dato di confondere i concetti di “invasione
arbitraria” e di “occupazione”, considerati separatamente dal
legislatore e riferiti a due elementi diversi del reato, e cioè
rispettivamente a quello della condotta vietata ed a quello
dell’elemento psicologico. L’occupazione in sé, e cioè il mero
permanere invito domino in un determinato bene, pur ovviamente
rimanendo un comportamento censurabile in sede civile, non rileva ai
fini dell’elemento oggettivo del reato, integrato invece dalla mera
invasione arbitraria. Ne consegue che il reato non ricorre laddove si
sia in presenza di una “occupazione invito domino” da parte di chi
sia già nel possesso del bene o comunque che vi sia acceduto senza
porre in essere la condotta di invasione.
Per l’integrazione del reato di turbamento di funzioni religiose ai
sensi dell’art. 405 c.p., come pure dell’art. 406 c.p., occorre
l’impedimento attivo dell’esercizio concreto di una funzione
religiosa, non bastando il solo fatto dell’invasione di una
basilica, specie se di grandi dimensioni. Si richiede, altresì, ai
fini dell’elemento soggettivo, che l’agente abbia l’intenzione
di cagionare il turbamento.
La norma amministrativa di cui all’art. 26 quarto comma della legge
8 agosto 1977, n. 513 deve ritenersi speciale rispetto a quella di cui
all’art. 633 c.p., perché si riferisce ad una categoria di bene
(alloggi di edilizia residenziale pubblica invece che “terreni o
edifici pubblici o privati”) e ad una condotta (non una generica
invasione arbitraria, ma la più specifica mancanza di autorizzazione
da parte dell’ente gestore del bene) più ristretta di quella
penale.

Codice penale 1860

Codice penale indiano, 1860. (Omissis) CHAPTER XV : OF OFFENCES RELATING TO RELIGION 295. (Injuring or defiling place of worship with intent to insult the religion of any class) Whoever destroys, damages or defiles any place of worship, or any object held sacred by any class of persons with the intention of thereby insulting the […]

Sentenza 26 maggio 1952, n.343 U.S. 495

U.S. Supreme Court. Sentenza 26 maggio 1952: “Tutela penale. Joseph Burstyn, Inc. v. Wilson, 343 U.S. 495 (1952)”. JOSEPH BURSTYN, INC. v. WILSON, COMMISSIONER OF EDUCATION OF NEW YORK, ET AL. APPEAL FROM THE COURT OF APPEALS OF NEW YORK. No. 522. Argued April 24, 1952. Decided May 26, 1952. Provisions of the New York […]

Decisione 02 novembre 1994

In una procedura penale per perturbamento alla libertà di credenza e
di culto (art. 261 CP), è arbitrario negare la qualità di
danneggiato, giusta i §§ 40 e 395 cpv. 1 n. 2 del codice di
procedura penale zurighese, a colui il quale è offeso nelle sue
convinzioni religiose (consid. 3). (Abstract ufficiale in lingua
italiana)

Sentenza 08 ottobre 1988

Non costituisce condotta tipica di vilipendio della religione dello
Stato (art. 402 c.p.), per mancanza della volontà di arrecare offesa,
la rappresentazione filmica della figura di Cristo, nella sua doppia
natura umana e divina, come tale sensibile anche all’amore per una
donna, non essendo la tentazione in sé “peccato” e costituendo,
anzi, il suo superamento un merito spirituale maggiore (fattispecie
relativa alla proiezione del film “L’ultima tentazione di
Cristo”).