_Simboli religiosi_
solo le monete che l’Italia conia per conto dello Stato Città
del Vaticano propongono simboli religiosi, basti ricordare la Cattedrale
di Santiago de Compostela per la Spagna, o la stessa Mole Antonelliana
per l’Italia, originariamente destinata a diventare il tempio
della Comunità Israelita torinese.
Ma nell’Europa dalle radici non solo cristiane la questione dei “simboli
religiosi” si sta trasformando in uno dei tanti momenti di confronto
aperto tra esigenze di neutralità degli Stati, nuove rivendicazioni
di appartenenza confessionale e vecchi giurisdizionalismi.
Osservata dal punto di vista
dell’individuo la questione dei “simboli religiosi” potrebbe
apparire banale. Una effettiva tutela del diritto di libertà
religiosa richiede oltre al riconoscimento del diritto di non dover
dichiarare la propria fede d’appartenenza, anche quello di non subire
alcuna forma di limitazione nell’esternare tale appartenenza, adeguando,
il proprio modo di vestire o di comportarsi alle
più varie ed eterodosse indicazioni religiose. Basti pensare
al turbante e all’apposito pugnale per i Sikh, al velo per le donne
islamiche, a croci e crocifissi di varia forma e fattura, alla kippah
per gli ebrei, giusto per fare qualche esempio. Questi atteggiamenti,
senza mettere in discussione la “laicità” dello Stato, possono
integrare in alcuni casi condotte vietate, quali, ad esempio, quelle
connesse con la difficoltà per i Sikh di rispettare l’obbligo
dell’uso del casco per la guida dei motocicli. Cosa deve fare in tali
casi una società che vuole essere attenta alle esigenze religiose
dei propri cittadini e rispettosa del principio di libertà religiosa?
Qual è il limite di tutela della diversità che non sconfina
nella violazione del principio di uguaglianza, con la creazione di appositi
statuti personali? E quale deve essere il ruolo da attribuire in tali
dinamiche alla difesa della “laicità” dello Stato?
Basta poi modificare il punto di osservazione, collocandosi nella prospettiva dello Stato, per registrare un cambio di scenari e di interrogativi. Può uno Stato non confessionale utilizzare simboli religiosi negli uffici pubblici? E quando è possibile affermare che un simbolo abbandona la sua connotazione religiosa per trasformarsi in un elemento del patrimonio storico culturale della società? Domande che a partire dal più noto caso della esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche o nei tribunali, possono facilmente allargarsi fino ad interessare altri simboli della tradizione cristiana come ad esempio i presepi, abitualmente presenti durante le festività natalizie non solo nelle scuole, ma anche in molti uffici pubblici. E poi la partecipazione di rappresentanti ecclesiastici in celebrazioni pubbliche o di quelli pubblici in celebrazioni religiose. Un elenco non facilmente definibile specie per quelle società ad alta densità di esprissioni storiche della religione. (A.G. Chizzoniti)
Le sotto-aree:
analisi e approfondimenti
-
Massimo Cavino,
La soluzione belga al problema della esposizione di simboli religiosi (ottobre 2005) (pdf) -
Maria Cristina Ivaldi,
Verso una nuova definizione della laicità?
La recente normativa a proposito dei segni religiosi nella scuola in Francia (settembre 2005) (pdf) - Vincenzo Acanfora, Religione e Stato di diritto. Il caso francese (agosto 2005) (pdf)
- Edoardo Dieni, Simboli, religioni, regole e paradossi (giugno 2005) (pdf)
- Santiago Cañamares Arribas, El empleo de simbología religiosa en España (aprile 2005) (pdf)
- Vincenzo Pacillo, Diritto, potere e simbolo religioso nella tradizione giuridica occidentale: brevi note a margine (dicembre 2004) (pdf)
- Adoración Castro Jover, Inmigración, pluralismo religioso-cultural y educación: la utilizaciónde signos de identidad en la escuela (dicembre 2004)
APPROFONDIMENTI
Indicazioni bibliografiche:
- R. Bin, G. Brunelli, A. Pugiotto, P. Veronesi (a cura di), La laicità crocifissa? Il nodo costituzionale dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, Atti del Seminario. Ferrara, 28 maggio 2004, Giappichelli Editore, Torino, 2004
- P. Cavana, I simboli della dicordia. Laicità e simboli religiosi in Francia, Giappichelli Editore, Torino, 2004
- E. Dieni, A. Ferrari, V. Pacillo (a cura di), Symbolon/diabolon. Simboli, religioni, diritti nell’Europa multiculturale, Bologna, Il Mulino, 2005
- E. Dieni, A. Ferrari, V. Pacillo (a cura di), I simboli religiosi tra diritto e culture, Giuffrè, Milano, 2006
- S. Mancini, Il potere dei simboli, i simboli del potere. Laicità e religione alla prova del pluralismo, Cedam, 2008
- V. Pacillo, J. Pasquali Cerioli, I simboli religiosi. Profili di diritto ecclesiastico italiano e comparato, Giappichelli, Torino, 2005
- M. Parisi (a cura di), Simboli e comportamenti religiosi nella società plurale, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2006
- Scuola e multiculturalismo
- Crocifisso, velo e turbante. Simboli e comportamenti religiosi nella società plurale, convegno di studi, Campobasso 21-22 aprile 2005
Nel web:
- Migration Policy Group, Rapport de Synthèse relatif aux signes d’appartenance religieuse danz quinze pays de l’Union européenne, par Emmanuelle Bribosia, Isabelle Chopin, Isabelle Rorive (2004)
- I. Rorive, Religious symbols in the public space: in search of a European answer, in Cardozo Law Review, vol 30:6 (2009)
- S. Mancini, The power of symbols and symbols as power: Secularism and Religion as guarantors of cultural convergence, in Cardozo Law Review, vol. 30/6 (2009)
- L. Barnett, Freedom of Religion and Religious Symbols in the Public Sphere, Canada, Library of Parliament, Law and Government Division (revised 22 September 2008) (French version)
Sentenza 11 luglio 2017
European Court of Human Rights Cour européenne des droits de l'homme DEUXIÈME SECTION AFFAIRE BELCACEMI ET OUSSAR c. BELGIQUE (Requête no 37798/13) ARRÊT STRASBOURG 11 juillet 2017 Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme. En l’affaire Belcacemi et […]
Sentenza 15 maggio 2017, n.24084
"La decisione di stabilirsi in una società con valori di
riferimento differenti dai propri, ne impone il rispetto e non
è tollerabile che l'attaccamento ai propri valori, seppur
leciti, porti alla violazione cosciente di quelli della società
ospitante".
(fonte: www.ilsole24ore.com)
Ordinanza 20 aprile 2017
"(…) deve osservarsi come, nel caso in esame,
l’individuazione degli specifici luoghi pubblici (fondata sulla
implicita distinzione delle tipologie di luogo pubblico) e la
previsione di un divieto di accedere con mezzi che impediscano
l’identificazione solo per il tempo legato alla permanenza nei
detti spazi costituiscano elementi che consentono di ritenere che il
divieto – e dunque il sacrificio dei diritti di cui agli artt. 8 e 9
della Cedu – , sia ragionevole e proporzionato
rispetto al valore invocato dal legislatore – la pubblica
sicurezza -, che risulta concretamente minacciata
dall’impossibilità di identificare (senza attendere
procedure di identificazione che richiedono la collaborazione di tutte
le persone che entrano a volto scoperto) le numerose persone che fanno
ingresso nei luoghi pubblici individuati."
Sentenza 06 febbraio 2017, n.31
Si ringrazia la Professoressa Adoración Castro Jover
(Universidad del País Vasco) per la segnalazione del documento
Sentenza 14 marzo 2017, n.C-188/15
"L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del
Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per
la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che la
volontà di un datore di lavoro di tener conto del desiderio di
un cliente che i servizi di tale datore di lavoro non siano più
assicurati da una dipendente che indossa un velo islamico non
può essere considerata come un requisito essenziale e
determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa
ai sensi di detta disposizione."
Sentenza 14 marzo 2017, n.C-157/15
"L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un
quadro generale per la parità di trattamento in materia di
occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel
senso che il divieto di indossare un velo islamico, derivante da una
norma interna di un’impresa privata che vieta di indossare in
modo visibile qualsiasi segno politico, filosofico o religioso sul
luogo di lavoro, non costituisce una discriminazione diretta fondata
sulla religione o sulle convinzioni personali ai sensi di tale
direttiva."
Legge 30 settembre 2016
Limitazione nell'uso di indumenti che mascherano o celano il volto, 30 settembre 2016. Art. 1. La presente legge disciplina la limitazione di articoli di abbigliamento, che nascondono parzialmente o completamente il volto. Art. 2. (1) Nei luoghi pubblici della Repubblica di Bulgaria non è permesso l'uso di indumenti, che nascondono parzialmente o completamente il volto. […]
Varie 06 settembre 2016
La Redazione di OLIR.it ringrazia per la segnalazione del documento
Adoración Castro Jover, Universidad País Vasco
Ordonnance 26 agosto 2016
Le juge des référés du Conseil
d’État conclut que l’article 4.3 de
l’arrêté contesté a porté une
atteinte grave et manifestement illégale aux libertés
fondamentales que sont la liberté d’aller et venir, la
liberté de conscience et la liberté personnelle. La
situation d’urgence étant par ailleurs
caractérisée, il annule l’ordonnance du juge des
référés du tribunal administratif de Nice et
ordonne la suspension de cet article [
http://www.conseil-etat.fr/Actualites/Communiques]