Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Decisione 17 ottobre 2018, n.2807/2016

In due distinte decisioni, il Comitato per i Diritti Umani delle
Nazioni Unite ha rilevato una violazione dei diritti umani nella
normativa francese che multa il porto del niqab, il velo islamico
integrale. In particolare, il Comitato ha ritenuto una simile
limitazione della libertà religiosa non necessaria e
sproporzionata rispetto all'obiettivo che la legge si pone, il
"vivere insieme". Gli Stati possono certamente richiedere
agli individui di mostrare il proprio volto in determinate circostanze
per motivi di identificazione, ma questo non può portare al
divieto generalizzato di indossare un simbolo religioso. Anzi, un
simile ostacolo, più che proteggere le donne velate
integralmente, come la norma si propone, rischia di produrre il
risultato opposto: confinarle all'interno delle proprie
abitazioni, impedendo loro l'accesso ai servizi pubblici e
marginalizzandole.

Decisione 17 ottobre 2018, n.2747/2016

In due distinte decisioni, il Comitato per i Diritti Umani delle
Nazioni Unite ha rilevato una violazione dei diritti umani nella
normativa francese che multa il porto del niqab, il velo islamico
integrale. In particolare, il Comitato ha ritenuto una simile
limitazione della libertà religiosa non necessaria e
sproporzionata rispetto all'obiettivo che la legge si pone, il
"vivere insieme". Gli Stati possono certamente richiedere
agli individui di mostrare il proprio volto in determinate circostanze
per motivi di identificazione, ma questo non può portare al
divieto generalizzato di indossare un simbolo religioso. Anzi, un
simile ostacolo, più che proteggere le donne velate
integralmente, come la norma si propone, rischia di produrre il
risultato opposto: confinarle all'interno delle proprie
abitazioni, impedendo loro l'accesso ai servizi pubblici e
marginalizzandole.

Sentenza 18 settembre 2018, n.3413/09

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo
ha ravvisato una violazione dell'articolo 9 della Convenzione nel
provvedimento di un giudice belga che aveva imposto a una donna di
allontanarsi dall'aula di tribunale a seguito del suo rifiuto di
rimuovere  l'hijab, il velo islamico che copre esclusivamente
capelli e collo. Secondo la Corte, ciò ha comportato una
evidente restrizione all'esercizio del diritto di libertà
religiosa della donna, dal momento che il provvedimento non poteva
dirsi giustificato da esigenze di ordine pubblico: la condotta della
donna, infatti, non è stata in alcun modo irrispettosa e non ha
costituito alcuna minaccia al regolare svolgimento dell'udienza.
Inoltre, il velo non copriva l’intero volto e la donna non
rappresentava lo Stato nell’esercizio di una funzione pubblica
ma era una cittadina privata, senza obblighi di non mostrare in
pubblico il proprio credo religioso. Le aule di giustizia vanno
sì considerate luoghi pubblici, con la conseguenza che il
principio di neutralità deve essere garantito e prevalere
rispetto alla manifestazione del credo religioso, ma, nel caso di
specie, la motivazione alla base del provvedimento non era la
neutralità quanto il mantenimento dell’ordine che, per la
Corte, non era in alcun modo compromesso dal velo indossato dalla
donna.

Sentenza 07 giugno 2017, n.383

"…la Grande Camera
della Corte europea per i diritti dell'uomo, con sentenza del
18 marzo 2011, ric.30814/06, ha assolto
l’Italia dall'accusa di violazione dei diritti umani
per l'esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche,
affermando che la cultura dei diritti dell’uomo non deve
essere posta in contraddizione con i fondamenti religiosi
della civiltà europea, a cui il cristianesimo ha dato un
contributo essenziale. La Corte ha evidenziato inoltre che,
secondo il principio di sussidiarietà, è doveroso
garantire ad ogni Paese un margine di apprezzamento quanto al
valore dei simboli religiosi nella propria storia culturale
e identità nazionale e quanto al luogo della loro
esposizione; in caso contrario, in nome della libertà
religiosa si tenderebbe paradossalmente invece a limitare o
persino a negare questa libertà, finendo per escluderne
dallo spazio pubblico ogni espressione. Il crocifisso,
in particolare, non viene considerato dai giudici di Strasburgo
un elemento di indottrinamento, ma espressione
dell’identità culturale e religiosa dei Paesi di
tradizione cristiana."

Fonte del
documento: http://ogl.chiesacattolica.it
(http://ogl.chiesacattolica.it/2017/11/16/esposizione-del-crocifisso-negli-edifici-pubblici/)

Sentenza 30 gennaio 2018

Il caso in esame vede coinvolta una
società di abbigliamento, multata per aver esposto a Vilnius e
sul suo sito web una serie di annunci pubblicitari giudicati
dall'autorità giudiziaria lituana come offensivi e contrari
alla morale pubblica. I messaggi pubblicitari contestati contenevano
riferimenti a "Gesù" e "Maria".
La
Corte ha rilevato che, nonostante i reclami, gli annunci pubblicitari
non erano gratuitamente offensivi e non incitavano all'odio.
Secondo i giudici di Strasburgo, la multa inflitta per aver
"offeso la morale pubblica" ha dunque violato il diritto
alla libertà d'espressione.

Sentenza 11 ottobre 2017, n.396990

"La Fédération
morbihannaise de la libre pensée, Mme P… J… et M. E…
Q…ont demandé au tribunal administratif de Rennes
d’annuler les décisions implicites de rejet nées
du silence gardé sur leurs demandes, présentées
au maire de la commune de Ploërmel le 6 avril 2012 et le 26 juin
2012, tendant à ce que soit enlevé de tout emplacement
public le monument consacré au pape Jean-Paul II, et
d’enjoindre au maire de Ploërmel de faire respecter
l’article 28 de la loi du 9 décembre 1905 en faisant
disparaître ce monument de tout emplacement public. Par un
jugement n°s 1203099, 1204355, 1204356 du 30 avril 2015, le
tribunal administratif de Rennes a annulé les décisions
contestées du maire de Ploërmel et lui a enjoint de
procéder, dans le délai de six mois à compter de
la notification du jugement, au retrait de son emplacement actuel du
monument dédié au pape Jean-Paul II.

(…)

11. Aux termes de l'article 28 de la loi
du 9 décembre 1905 concernant la séparation des Eglises
et de l'Etat : « Il est interdit, à l'avenir,
d'élever ou d'apposer aucun signe ou emblème
religieux sur les monuments publics ou en quelque emplacement public
que ce soit. à l'exception des édifices servant au
culte, des terrains de sépulture dans les cimetières,
des monuments funéraires ainsi que des musées ou
expositions ». Ces dernières dispositions, qui ont pour
objet d’assurer la neutralité des personnes publiques
à l’égard des cultes, s’opposent à
l’installation par celles-ci, dans un emplacement public,
d’un signe ou emblème manifestant la reconnaissance
d’un culte ou marquant une préférence religieuse,
sous réserve des exceptions qu’elles
ménagent."

Sentenza 05 dicembre 2017, n.57792/15

Il caso: pronuncia di condanna per oltraggio alla Corte a fronte del
rifiuto di togliersi lo zucchetto nell’assolvimento del dovere
di testimoniare in Tribunale. La CEDU riconosce l'illiceità
della decisione.

Sentenza 20 dicembre 2016

"Per quel che qui interessa, l’attenzione deve essere
rivolta a ciò che, in un caso, ha originato il rifiuto di
svolgere l’ufficio, e, in un altro, avrebbe originato (anche se
così non è stato) la materiale rimozione del simbolo
religioso, cioè l’affiorare nella coscienza individuale
di un conflitto tra l’esposizione del simbolo religioso e il
contenuto dell’ufficio, che, secondo la Corte di Cassazione, si
connota sia in termini di laicità, sia in termini di
imparzialità ai sensi dell’art. 97 Cost : «in
particolare, l’imparzialità della funzione di pubblico
ufficiale è strettamente correlata alla neutralità
(altro aspetto della laicità, evocato sempre in materia
religiosa da corte cost. 15/7/1997, n. 235) dei luoghi deputati alla
formazione del processo decisionale nelle competizioni elettorali, che
non sopporta esclusivismi e condizionamenti sia pure indirettamente
indotti dal carattere evocativo, cioè rappresentativo del
contenuto di fede, che ogni immagine religiosa
simboleggia»."

Fonte del documento:
www.uaar.it