Osservatorio delle libertà ed istituzioni religiose

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Osservatorio delle Libertà ed Istituzioni Religiose

Sentenza 25 luglio 2005, n.932

Il diritto di libertà religiosa sancito dall’art. 9 della CEDU
include la libertà di manifestare il proprio credo ed in particolare
di esercitare il culto. Le condizioni di lavoro possono però trovarsi
in conflitto con le modalità di esercizio del culto; nel caso di
specie, turni lavorativi che includono la domenica contrastano con il
desiderio del lavoratore cristiano di godere del giorno festivo
previsto dalla propria religione. L’art. 9, 2° comma della CEDU
permette tuttavia restrizioni al diritto di manifestare la propria
fede religiosa; dunque è da ritenersi che il datore di lavoro non
abbia un obbligo assoluto di rispettare il diritto del dipendente
all’esercizio del culto, ma possa limitarlo, tenendo conto delle
necessità dell’impresa. Un dipendente che rifiuti di lavorare la
domenica in ragione della sua religione, può perciò essere
legittimamente licenziato e la sua libertà religiosa non risulta
violata se la restrizione operata (in questo caso la fissazione di un
turno domenicale) è ragionevole e risponde alle necessità economiche
dell’impresa.
Il datore di lavoro dovrà ad ogni modo cercare di predisporre
specifici aggiustamenti a favore delle esigenze religiose del
dipendente; tuttavia il licenziamento appare giustificato in base
all’Employment Rights Act 1996 se è stato fatto tutto il possibile
per porre in atto tali aggiustamenti e per giungere ad una soluzione
di compromesso che permetta al dipendente l’esercizio del suo
diritto (cosa accaduta nel caso di specie, dove era stato offerto un
posto di lavoro alternativo nella medesima azienda, nel quale non
erano previsti turni lavorativi la domenica).
Quanto alla motivazione del licenziamento, essa non è rinvenibile
nella religione del dipendente, ma nel suo rifiuto ad adeguarsi
all’orario di lavoro previsto e ad accettare altre soluzioni
alternative offerte dall’impresa; non si tratta, perciò, di un
licenziamento discriminatorio.

Sentenza 22 marzo 2006

HOUSE OF LORDS OPINIONS OF THE LORDS OF APPEAL FOR JUDGMENT IN THE CAUSE R (on the application of Begum (by her litigation friend, Rahman)) (Respondent) v. Headteacher and Governors of Denbigh High School (Appellants) [2006] UKHL 15 LORD BINGHAM OF CORNHILL My Lords, The respondent, Shabina Begum, is now aged 17. She contends that […]

Legge 16 febbraio 2006

La legge amplia la protezione prevista nel Public Order Act del 1986
contro espressioni e comportamenti razzisti: costituiranno reato anche
le azioni che incitano all’odio motivato dall’appartenenza
religiosa. La protezione contro l’odio religioso è garantita senza
distinzioni in base all’appartenenza confessionale; i comportamenti
perseguibili comprendono, discorsi e comportamenti minacciosi ed
offensivi, diffusione di materiale che incita all’odio,
rappresentazioni e programmi che istigano all’odio e così via. Si
precisa che l’intervento contro tali comportamenti non dovrà
pregiudicare il diritto alla libertà di espressione.

Sentenza 27 maggio 2004

Sentenza 27 maggio 2004: “Divieto di indossare la nella scuola pubblica e diritto ad esprimere i propri sentimenti religiosi”. IN THE HIGH COURT OF JUSTICE ADMINISTRATIVE COURT, B e f o r e : THE HONOURABLE MR JUSTICE BENNETT Between: THE QUEEN on the application of SHABINA BEGUM (through her litigation friend Mr Sherwas Rahman) […]

Sentenza 22 marzo 2002

Secondo la legge britannica il malato terminale, tenuto
artificialmente in vita, può chiedere ed ottenere l’interruzione
dei trattamenti, anche laddove ciò comporti con altissima
probabilità il suo rapido decesso. Il diritto inglese prevede,
infatti, che debba essere rispettata la decisione del paziente,
qualora scelga di rifiutare le cure, purchè quest’ultimo sia in
possesso della capacità di intendere e di volere e gli siano state
fornite tutte le informazioni necessarie, oltre che prospettate le
opzioni disponibili.

Sentenza 28 ottobre 1993

L’Assembly Powers Act 1919, comunemente denominato Enabling Act, ha
avuto lo scopo di riconoscere alla Chiesa d’Inghilterra, e per essa
al Sinodo generale, il diritto di discutere in tutte le materie che la
riguardano, di deliberare su di esse e di proporre quanto deliberato
al Parlamento, perché lo approvi o lo rigetti se non lo ritiene
compatibile con i diritti costituzionali dei sudditi di Sua Maestà.
Non può accogliersi un’interpretazione dell’Enabling Act intesa a
restringerne tale chiaro dettato, limitando i poteri del Sinodo per
quanto riguarda modifiche in materie fondamentali per il costume, la
prassi o la dottrina, come in tema di sacerdozio femminile.
Un’interpretazione restrittiva nel senso proposto non è
giustificata né dal significato letterale delle singole norme, né
dal contesto dell’intera normativa, né dalla ratio che la ispira.

Legge 30 ottobre 2003

Regno Unito. Female Genital Mutilation Act 2003, 2003 Chapter 31, 30 ottobre 2003. 1 (Offence of female genital mutilation) (1) A person is guilty of an offence if he excises, infibulates or otherwise mutilates the whole or any part of a girl’s labia majora, labia minora or clitoris. (2) But no offence is committed by […]